Check nearby libraries
Buy this book
La Fondazione Lombardia per l’Ambiente ha promosso e finanziato negli anni 1997/99 la ricerca Per una cartografia tematica lombarda. Metodologie di raccolta, elaborazione e rappresentazione di dati ambientali territoriali.
Finalità della ricerca era: fornire alcuni criteri e idee guida utili per i futuri nuovi orientamenti nelle metodologie di raccolta, elaborazione e rappresentazione di dati ambientali territoriali.
Il principale risultato atteso dal progetto era rappresentato da quell’insieme di dati che, opportunamente acquisiti ed elaborati, costituivano la sintesi informativa interdisciplinare che meglio rappresentava le caratteristiche del territorio, inteso come ambiente.
Il trasferimento e la valorizzazione della ricerca si sono tradotti nella predisposizione del presente volume. In esso, dopo un capitolo introduttivo di inquadramento delle iniziative cartografiche ufficiali nell’ambito delle attività delle istituzioni preposte alla loro realizzazione, l’esposizione si sviluppa articolandosi in due parti.
La prima parte tratta la cartografia in forma tematica, esponendo lo stato dell’arte delle discipline considerate e le modalità di espressione nella rappresentazione cartacea.
I primi capitoli sono dedicati a temi propri delle scienze della terra, quali la geologia, la geomorfologia e l’idrogeologia. Seguono capitoli dedicati ai temi bioecologici, quali la pedologia, la geobotanica e le risorse rurali del territorio. Chiudono questa prima parte un capitolo dedicato alla topografia e fotogrammetria e uno dedicato al telerilevamento da aereo e da satellite.
La seconda parte è dedicata al mondo dei Sistemi Informativi Territoriali (SIT) e al significato e ruolo che essi hanno assunto con l’avvento del computer e con lo sviluppo dell’informatica.
L’argomento è introdotto da precisazioni terminologiche, dalle possibilità d’uso dei SIT nella gestione territoriale a varie scale e dallo stato della tecnologia che supporta tali temi. Segue un’articolata e documentata esposizione, con esempi applicati, della progettazione concettuale, della progettazione logica e degli schemi di progetto dei SIT.
Check nearby libraries
Buy this book
Showing 1 featured edition. View all 1 editions?
Edition | Availability |
---|---|
1
Per una cartografia tematica lombarda.: Metodologie di raccolta elaborazione e rappresentazione di dati ambientali territoriali.
2002, Fondazione Lombardia per l'Ambiente, Università degli Studi di Pavia
21x29,7
- I
8881340836 9788881340835
|
aaaa
Libraries near you:
WorldCat
|
Book Details
First Sentence
"La progettazione concettuale di un sistema informativo per la gestione e tutela dell’ambiente (Luca Marescotti*, Marta Puppo**) Sintesi: la cartografia ambientale come prodotto di un sistema informativo pubblico L’inquadramento della progettazione di cartografia ambientale deve necessariamente riferirsi contemporaneamente ai sistemi informativi aziendali e ai sistemi informativi geografici. Questo è imposto da diverse considerazioni, quali: le necessità di azioni tempestive e coerenti da parte degli organi di governo; la delicatezza e la centralità della questione ambientale rispetto alla salute e alla limitatezza di risorse e all’esigenza di supporti concreti alle decisioni; e per ultimo, ma non certo come fattori marginali, gli sviluppi tecnologici dell’informatica. Le finalità di tutela dell’ambiente, viste nell’ambito delle competenze regionali e della legislazione e nei rapporti tra aspetti nazionali, deleghe e coerenze tra livelli di governo, comportano la costruzione di un sistema informativo utile a fornire supporti operativi per azioni di pianificazione territoriale, programmazione economica e gestione delle pratiche amministrative. La progettazione del sistema informativo deve essere interamente integrata con la scelta dei dati utili a questi scopi (la missione ufficiale dell’Ente) e con un’idonea struttura della base di dati. In altre parole, poiché non solo la tutela dell’ambiente nasce da esigenze non eludibili, né riducibili a meri aspetti formali, ma anche tutte le attività della Pubbliche Amministrazioni comportano modificazioni territoriali con conseguenze ambientali più o meno dirette, il sistema informativo assume una funzione fondamentale e primaria di supporto allo svolgimento delle attività istituzionali. In questo senso il sistema informativo deve essere “ufficiale” o “pubblico” nel significato che a questi termini si dà nel contesto dei sistemi informativi aziendali. La realizzazione del sistema informativo, dunque, deve essere sottoposta a un’attenta progettazione riguardante in parallelo il supporto informativo e l’architettura informatica hardware (macchine e connessioni), software (programmi e ambienti operativi) e rete di comunicazioni (quantità e tipologia delle transazioni). La progettazione si deve sviluppare gradualmente in modo da delineare concettualmente il problema, per poi darne una definizione quantitativa e, infine, entrare nel merito dell’attuazione e implementazione. Il punto critico da tempo non è più rappresentato da hardware o software, per quanto gli sviluppi tecnologici pongano continuamente l’attenzione verso aspetti strategici di compatibilità, trasferibilità e accessibilità ; in realtà nell’impostazione la questione critica e cruciale è rappresentata dai dati. Infatti, è proprio nella finalizzazione della conoscenza che si gioca il successo del progetto, poiché la raccolta e la gestione delle informazioni di tipo ambientale in un contesto non solo informatico, ma soprattutto di sistema informativo georeferenziato, dovranno essere predisposte in funzione della combinazione di due elementi fondamentali e reciprocamente interrelati: le modalità di conoscere il “mondo” e le competenze istituzionali. Il primo versante richiede la “correttezza” delle informazioni: tramite valutazioni disciplinari si garantisce la bontà del dato, lo si certifica quantitativamente e qualitativamente come significativo e aggiornabile, lo si archivia, in modo da garantirne l’aggiornamento e l’integrità. Il secondo versante è composto dalle competenze regionali, con particolare riferimento a quelle della Regione Lombardia in campo ambientale. Le competenze, inquadrate nell’ambito della legislazione comunitaria e nazionale, definiscono, di fatto, gli scopi e gli utenti del sistema. A tal fine si ritiene necessario avviare anche una fase di analisi delle competenze regionali e di quelle degli altri enti che operano a livello regionale in termini sia istituzionali e legislativi, sia di organizzazione per l’implementazione delle politiche territoriali da parte di servizi e settori. L’importanza dell’integrazione dei due versanti è dimostrata anche dal fatto che la gestione e la tutela dell’ambiente richiedono di monitorare lo stato territoriale, di intraprendere azioni integrate e di valutarne gli effetti tramite la lettura delle stesse attività di monitoraggio: tutto questo processo di “controllo – azione – retroazione – controllo” senz’altro coinvolge competenze disciplinari prima che burocratiche. Sullo stesso “sistema ambientale” (come si può vedere dalle deleghe per il controllo ambientale, tra cui aria, acqua, suolo, agricoltura, energia, flora, fauna e altro ancora) i diversi livelli di governo possono studiare e attuare politiche. Ne consegue, di necessità, l’analisi dei flussi informativi e decisionali, che permettono o dovrebbero permettere una gestione integrata dell’ambiente, in modo da evidenziare le possibili transazioni e arrivare alla loro quantificazione informatica. Purtroppo, si pone una questione di metodo circa l’opportunità di seguire un approccio teso all’analisi della domanda di informazione connessa alle attività dell’Ente oppure di farsi spingere dalle potenzialità delle innovazioni tecnologiche. Molto probabilmente non esiste una risposta univoca, ma molto dipende dalla maturità dell’Ente e dalla sua storia, oltre che dalle capacità degli amministratori e dei funzionari. Dunque, l’analisi della legislazione e della normativa, delle competenze e delle attività intraprese è in questa sede solo una prima esplorazione volta a circoscrivere il tema al fine di delinearne la fattibilità. Per tutti questi motivi sarà essenziale e vitale trovare un equilibrio tra affermazione delle autonomie locali e necessità di coerenza tra strategie nazionali, regionali e locali, al fine di valutare il recupero delle basi di dati esistenti e delle azioni finora intraprese per realizzare obiettivi di questo genere. Gli esempi del programma SINA e del progetto ANPA – ARPA mostrano con tutta evidenza che il conflitto tra poteri risulta dominante rispetto alla ricerca di sinergie. Le esperienze del passato e quelle in corso mostrano ancora lo stretto legame tra realismo del progetto, fattibilità e tempestività dell’implementazione, dove la debolezza di uno di questi elementi può provocare il fallimento indipendentemente dalle risorse investite. Queste ipotesi di lavoro sono state approfondite analizzando in primo luogo circoscrivendo l’ambito attuale degli interessi allo schema di progettazione concettuale di sistema informativo ambientale. Sulla base di questo interesse sono state condotti due livelli di studio, di cui il primo è stato dedicato alle competenze istituzionali e alla normative al fine di delineare il complesso intreccio di funzioni tra uffici, settori e livelli di governo e il secondo alla questione della coerenza interna e esterna delle informazioni rispetto all’organigramma della Regione Lombardia (primo capitolo: Le informazioni ambientali nel contesto legislativo e normativo regionale). La questione delle informazioni nelle analisi territoriali è stata trattata esaminando due aspetti specifici o settoriali, quali l’anagrafe delle strade e la suddivisione sistematica del territorio con il censimento dei beni territoriali, urbanistici, architettonici e ambientali (secondo capitolo: L’informazione e la cartografia ambientale nell’analisi territoriale). In seguito tramite l’analisi di documenti di pianificazione redatti a diversi livelli di governo si è voluto ritornare alla questione delle coerenze interne e esterne dei dati (terzo capitolo: L’informazione e la cartografia ambientale nella pianificazione). Sulla base di quanto esposto si è giunti a sviluppare il tema della cartografia ambientale come parte di una visione strategica dello sviluppo di un sistema informativo per la Pubblica Amministrazione, seguendo i principi consolidati nelle esperienze aziendali (quarto capitolo: Le caratteristiche del progetto concettuale di un sistema informativo per la Pubblica Amministrazione). Nelle conclusioni si è cercato di giungere a tesi operative indicando l’importanza di approcci interdisciplinari e l’adozione di strategie operative espresse come raccomandazioni e principi progettuali (capitolo 4: Conclusioni: visione strategica, interdisciplinarietà e raccomandazioni operative). 1. Le informazioni ambientali nel contesto legislativo e normativo regionale In tema di legislazione sulla tutela ambientale, vi sono numerose pubblicazioni, tese a illustrare i contenuti o a indirizzare le interpretazioni e le relazioni tra i livelli istituzionali, mentre assai poco è stato dedicato allo scopo di dimostrare come il progetto concettuale di un sistema informativo trovi proprio in questi testi, tramite la definizione degli obiettivi e il disegno delle competenze, le linee guida essenziali. La questione ambientale si è posta tutto sommato solo recentemente, non tanto perché oggi sia più grave la situazione, quanto perché è cresciuta la sensibilità verso i temi ambientali e perché la velocità della crescita demografica mondiale si è combinata con la velocità delle trasformazioni e con il carico crescente dell’impatto antropico dovuto al modello di sviluppo. La combinazione di questi fattori impone secondo autorevoli pareri maggior tempestività nelle azioni di controllo, mentre altri, apparentemente con altrettanta autorità, sostengono ancora la capacità del pianeta di assorbire il carico antropico o, comunque, la scarsa incidenza dell’impatto umano rispetto a catastrofi e eventi naturali. Tuttavia, questa esigenza non trova risposte univoche nelle metodologie di analisi, nella definizione degli obiettivi, delle politiche e delle strategie e le conseguenti difficoltà interpretative della questione ambientale, causate anche dalle divergenze politiche, richiedono di conseguenza azioni di controllo e monitoraggi molto di più che in altri settori più consolidati . Questi ultimi aspetti di controllo e monitoraggio, ben presenti e formalizzati nella produzione industriale, purtroppo non costituiscono ancora la prassi nelle procedure dei lavori pubblici e dell’urbanistica: la difficoltà della materia e la carenza di esperienze comportano difficoltà concettuali prima ancora che operative nelle valutazioni ex-ante e ex-post. Alla base di questi criteri di valutazione sta non solo un approccio critico e continuamente riflessivo, capace di mettere sempre in discussione le scelte senza negare i principi di pianificazione e di programmazione, ma anche la formazione di conoscenze operative costruite tramite l’organizzazione di dati e informazioni elementari. La necessità di applicare alla questione ambientale metodologie di valutazione, con l’analisi del rapporto tra costo e prestazioni, tra costi e benefici, oltre che tra efficacia e effetti delle politiche intraprese da enti sovranazionali, nazionali e locali diviene un altro elemento a favore della visione del sistema informativo ambientale come parte di un sistema informativo georeferenziato ufficiale. Quest’ultima significa in altre parole l’organizzazione di sistemi informativi ambientali georeferenziati, basati su un’architettura hardware e software, che comprende sistemi informativi geografici, automazione d’ufficio e gestione di basi di dati distribuiti geograficamente. In questa architettura l’aspetto più appariscente è senz’altro la rappresentazione geografica, che per comodità si può chiamare cartografia. In ogni caso si pone l’attenzione sull’importanza di desumere dagli studi di cartografia e di sistemi informativi aziendali gli aspetti teorici e applicativi. La cartografia si lega tramite l’informatica ai sistemi informativi, ma è ancora la cartografia a fornire i termini, apparentemente convenzionali, con cui analizzare e redigere i progetti. Le necessità operative e il costo dei dati propongono di sciogliere il dibattito sulla cartografia di base, come passo iniziale, in quanto proprio le esperienze maturate dal processo di informatizzazione della cartografia indirizzano verso il superamento del concetto di cartografia di base a favore delle regole di certificazione dei dati e della capacità continua di selezionare o incrociare coperture. Inoltre, si presenta un altro ordine del problema a proposito dei dati, dovuto alla contrapposizione tra divulgazione e riservatezza: una questione che riguarda l’etica dell’informazione prodotta dalla Pubblica Amministrazione. La riservatezza dei dati, troppo spesso contrapposta alla loro divulgazione, rappresenta un nodo tipicamente italiano e europeo della Pubblica Amministrazione. Una simile visione rischia di nuocere fortemente alla formazione di strategie informative unitarie, nonostante che la pluralità di enti pubblici e di soggetti privati classificabili come “operatori territoriali” trarrebbe dalla messa in comune di dati e informazioni territoriali (spaziali) un beneficio economico, oltre che scientifico e operativo, in quanto dalla standardizzazione di fatto dei formati e delle basi di dati comuni si otterrebbe coerenza e sinergia. 1.1. Gli aspetti istituzionali e le competenze regionali per la tutela ambientale La questione ambientale presenta alcuni elementi di grande interesse nello studio e nella progettazione di sistemi informativi georeferenziati, in quanto non conosce confini amministrativi per definizione e di conseguenza richiede strategie unitarie. Questo si riflette nell’esigenza di una coerenza legislativa tra gli enti di governo e nella realizzazione di flussi informativi coerenti e costanti. Dal punto di vista legislativo il controllo ambientale vi sono molte leggi a livello comunitario, nazionale e regionale. I richiami di diritto ambientale sono finalizzati all’individuazione delle norme che regolano le competenze per gli interventi sul territorio e le modalità di controllo delle azioni con deleghe e definizione dei processi decisionali. La costruzione di schemi organizzativi ai diversi livelli e per le discipline coinvolte, supportati dalle indicazioni normative, sono finalizzati al chiarimento delle competenze regionali. L’inquadramento comunitario permette di indagare il livello regionale senza perdere di vista il fenomeno del rafforzamento regionale a livello europeo. Senza ignorare l’importanza del ruolo delle nazioni, infatti, il problema ambientale è sempre più spostato su un livello che permette la collaborazione tra regioni confinanti, anche appartenenti a stati diversi. Questi aspetti sono finalizzati anche alla normalizzazione delle operazioni per collazionare dati e informazioni e di quelle per monitorare. La raccolta di informazioni gestibili unitariamente è essenziale nella realizzazione di cartografia ambientale in aggiornamento continuo, il che corrisponde niente meno che ad operare nell’ambito di un sistema informativo ambientale. Tra gli obiettivi dell’Unione Europea è inserito anche quello di protezione dell’ambiente. Dal 1973 al 1992, per quanto riguarda la politica ambientale, sono stati elaborati cinque Programmi di Azione in materia ambientale. Per quanto riguarda l’ambiente urbano, il rumore e le zone costiere la Comunità Europea aveva indirizzato le proprie indicazioni direttamente alle autorità regionali e locali, in quanto tali settori sono considerati trasversali. Le direttive ed i regolamenti emanati dall’UE hanno lo stesso grado come fonti di diritto delle leggi ordinarie dello Stato, i regolamenti esplicano effetti immediati e contemporanei nei confronti dei soggetti giuridici che appartengono agli Stati membri dell’Unione, mentre le direttive devono essere adottate dai singoli Stati. La legislazione italiana, salvo esplicite abrogazioni, ha la prerogativa di crescita con il mantenimento di tutto l’insieme di norme e leggi succedutesi dall’Unità in poi. Anche nello specifico delle normative ambientali il corpo legislativo è frutto del coacervo di interventi settoriali, emanati per singoli problemi e susseguitisi in modo frammentario, senza una visione d’insieme. L’analisi cerca di evidenziare i legami tra le norme, al fine di costruire uno schema dei flussi informativi e decisionali e di ricostruire una visione integrata dell’ambiente. Con il DPR n. 616 del 24 luglio 1977 si attribuivano funzioni amministrative specifiche alle Regioni, alle Province, ai Comuni ed alle Comunità Montane, in particolare si è posto in carico alle Regioni la materia riguardante la “disciplina dell’uso del territorio, comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo, nonché di protezione dell’ambiente”. La formulazione adottata sembrerebbe comportare un legame stretto tra ambiente e urbanistica, legame peraltro estremamente ragionevole. Nella L n. 431 del 1985, oltre a definire vincoli territoriali automatici, quali le aree di rispetto dei corsi d’acqua e il divieto edificatorio al di sopra di una certa altitudine (1800 m/slm), furono istituiti i Piani paesistici regionali, affidandone conseguentemente la competenza alle Regioni, affido che, peraltro che fu oggetto di pesanti controversie giuridiche. Il Ministero dell’Ambiente si articola in quattro servizi: il servizio ARS per la tutela delle acque, la disciplina dei rifiuti ed il risanamento del suolo, il servizio CN per la conservazione della natura, il servizio VIA per la valutazione dell’impatto ambientale, per l’informazione ai cittadini e per la relazione sullo stato dell’ambiente, il servizio SIAR per l’inquinamento atmosferico, acustico e per le industrie a rischio ed il nucleo operativo ecologico dei carabinieri. All’interno del Ministero è, inoltre, istituito un comitato tecnico - scientifico (Comitato Scientifico). Presso il Ministero dell’Ambiente è istituito il Consiglio nazionale dell’ambiente, organo a prevalente composizione regionale con compiti consultivi e propulsivi. Nel Consiglio partecipano anche rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni. La L n. 183 del 1989 stabilì le norme di acquisizione dei dati concernenti l’attività conoscitiva del territorio nazionale attraverso un unico sistema informativo, in cui si dovevano integrare dati di rilevamento e di sorveglianza per mezzo di una rete nazionale. Al fine di raccogliere e trattare i dati ambientali a livello nazionale fu avviato con la L 305 del 1989 il programma SINA - Servizio informativo nazionale sull’ambiente e con la L n. 61 del 1994 fu istituita l’ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente), che appartiene al sistema statistico nazionale, per provvedere alle seguenti attività: a) raccolta sistematica, anche informatizzata, e l’integrale pubblicazione di tutti i dati sulla situazione ambientale, anche attraverso la realizzazione del sistema informativo e di monitoraggio ambientale in accordo con i Servizi tecnici nazionali; b) elaborazione di dati e di informazioni di interesse ambientale, diffusione dei dati sullo stato dell’ambiente, oltre all’elaborazione, alla verifica e alla promozione di programmi per la divulgazione e per la formazione in materia ambientale; c) formulazione alle autorità amministrative di proposte e pareri su: limiti di accettabilità delle sostanze inquinanti; standard di qualità dell’aria, di risorse idriche e del suolo; smaltimento dei rifiuti; metodologie per il rilevamento dello stato dell’ambiente e per il controllo dei fenomeni di inquinamento; d) cooperazione con l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA, European Environment Agency) e con l’Istituto statistico delle Comunità Europee (Eurostat) e altri; e) indirizzo e coordinamento tecnico nei confronti delle Agenzie regionali e provinciali (anche quelle autonome) per la protezione dell’ambiente (ARPA); f) consulenza e supporto tecnico - scientifico del Ministero dell’Ambiente e di altre amministrazioni ed enti pubblici. Infine, è opportuno ricordare e collegare altre due leggi: la prima è la L n. 142 del 1990 con cui si riformò la disciplina delle autonomie locali, istituendo la possibilità di formalizzare un livello nuovo di governo territoriale, la cosiddetta Area Metropolitana , ma anche promuovendo la libertà di accesso alle informazioni della Pubblica Amministrazione da parte dei cittadini; la seconda è la L n. 255 del 1992 con cui è stato istituito il Servizio nazionale della protezione civile, che si avvale del Dipartimento della protezione civile, presso il quale sono istituiti, quali organi centrali, la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi ed il Comitato operativo della protezione civile. In particolare si sottolinea che con questa seconda legge (L 225 del 1997) si costituisce, presso il dipartimento di protezione civile, un sistema informatizzato per la raccolta e gestione dei dati. I programmi nazionali di previsione e prevenzione, distinti per tipologia di rischio, che riguardano l’intero territorio nazionale o specifiche zone, definiscono: le procedure e le metodologie di indagine necessarie per l’individuazione e la caratterizzazione dei rischi sul territorio nazionale, per la determinazione della vulnerabilità del territorio in relazione alle varie ipotesi di rischio e per l’eventuale individuazione di aree a rischio più elevato; gli scenari previsionali delle calamità naturali; le tipologie, le priorità e la gradualità temporali di attuazione degli interventi. All’articolo 6 comma 1 della L 255 del 1992 si legge “all’attuazione delle attività di protezione civile provvedono, secondo i rispettivi ordinamenti e le rispettive competenze, le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni e le comunità montane (...)”. In base al DPR n. 616 del 1977 alle Regioni furono trasferite, come già visto, tra le altre, le funzioni amministrative dello Stato e degli Enti pubblici nella materia “urbanistica”, tali funzioni comprendono “la disciplina dell’uso del territorio (...) nonché di protezione dell’ambiente”. Nell’ambito delle autonomie regionali il problema ambientale è affrontato in modo diverso e dal confronto con le diverse esperienze si potrebbe ricostruire uno schema normativo trasversale, tuttavia in questa sede si fa notare come solo nei primi cinque anni (1977-1982) furono approvate 212 leggi regionali relative alla tutela ambientale e 92 per parchi e riserve naturali, rappresentanti nell’insieme circa il 7% della produzione legislativa regionale complessiva. Le attività regionali coinvolgono in termini di deleghe delle competenze, di controllo e di coerenza tutti gli altri livelli di governo territoriale, per i quali sarebbe ovvio generare di conseguenza e di necessità flussi informativi e rapporti istituzionali. Molte sono le strutture che si occupano di ambiente a livello regionale, oltre alla Regione Lombardia: le Province, i Comuni, le Comunità Montane, le aziende di pubblici servizi oltre che aziende municipali e operatori privati. La Regione Lombardia ha prevalentemente compiti di natura indiretta (pianificazione, programmazione ed incentivazione) nei confronti degli altri enti e sono soprattutto i comuni a svolgere il ruolo più diretto di coordinamento ed erogazione di servizi ambientali. La legislazione della Regione Lombardia in campo ambientale è analizzata prendendo in esame le singole discipline coinvolte, nel tentativo di ricostruire uno schema normativo integrato e il flusso di informazioni scambiate tra gli enti. In particolare, si tratterebbe di raccordare tramite funzioni di normalizzazione dei dati, di procedure di scambio di informazioni e di supporti alle strutture deboli sia i settori regionali nelle loro azioni di governo territoriale, sia le Province e i Comuni. La breve rassegna evidenzia due ordini di attenzioni: in primo luogo la funzione principale dell’informazione; in secondo luogo la ripartizione delle competenze come struttura di coerenza in rapporto alla capacità di dettaglio, più che come autonomia decisionale. Questi aspetti emergeranno con maggior risalto nella successiva esposizione di quanto riguarda sia lo specifico dell’informazione, sia i temi particolari quali: acqua, aria, boschi e foreste. Naturalmente non sono solo questi gli elementi che rendono complessa la questione ambientale e la progettazione di un sistema informativo georeferenziato, poiché a questi si aggiunge l’impossibilità di mantenere una sincronia, quanto meno, nell’essenza dei provvedimenti, proprio a causa delle diversità con cui le singole istituzioni si sono mosse. Con i temi relativi alla gestione delle informazioni, all’acqua e ai boschi e foreste si illustra l’azione dell’Unione Europea e quella regionale, in modo da fare emergere l’importanza di una strategia nella produzione e elaborazione di informazioni. L’esempio del caso di sistema informativo dell’aria serve per attirare l’attenzione sulla divergenza tra metodologie di analisi e metodologie di supporto alle decisioni. 1.1.1. La gestione delle informazioni Per la gestione delle informazioni la Comunità Europea ha emanato la direttiva n. 313 del 1990, con cui sancisce la libertà di accesso all’informazione in materia ambientale e ne regolano modi e tempi tramite l’istituzione dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) e due progetti per la costruzione di: Rete europea di informazione e osservazione in materia ambientale; NETT, Network for Environmental Technology Transfer, per favorire gli scambi di informazione tra aziende e istituzioni su tecnologie pulite. Nel 1984 la Comunità Europea ha avviato il programma CORINE - Co-ordination of the Information on the Environment al fine di raccogliere informazioni sullo stato dell’ambiente, coordinare le iniziative degli stati membri per migliorare le informazioni e assicurare la coerenza delle nomenclature e definizioni per creare le condizioni necessarie per assicurare la compatibilità dei dati. Il programma si caratterizza nei seguenti settori: dati geografici di base; natura; territorio; atmosfera; acque. La Regione Lombardia, che ha aderito, nell’ambito del programma CORINE, al progetto CORINE - Land Cover per la realizzazione di un sistema comune per la nomenclatura dell’uso del suolo. Il progetto ha riguardato la lettura di dati territoriali via satellite restituiti in formato vettoriale in scala 1:100.000, relativi all’uso del suolo nel 1995. A livello Europeo le basi di dati variano dalla scala 1:6.000.000 per la carta dei confini amministrativi della UE a quelle in scala 1:100.000 e 1:250.000 per l’uso del suolo, l’erosione costiera e i siti di importanza ecologica. Inoltre è stato avviato il progetto CT50 per la realizzazione della carta tecnica a scala 1:50.000 finalizzata alla lettura unificata dei territori regionali. Negli ultimi anni sono stati avviati alcuni progetti interessanti da parte di regioni, province o comuni, per l’integrazione delle banche dei dati territoriali. Un esempio è dato dall’esperienza della Regione Liguria che ha avviato, nel 1996 il progetto Liguria Regione integrata, con la finalità di realizzare una stretta collaborazione con le Province, i Comuni e tutti gli enti operanti sul territorio, per il censimento e l’armonizzazione delle banche dati esistenti e per la costruzione di una banca di dati coordinata a livello regionale, di servizio a tutti gli enti interessati. Tra lo Stato e la Regione Lombardia, in attuazione delle leggi L 67 del 1988 e L 305 del 1989, sono stati stipulati accordi per la realizzazione di dieci fogli per alcune aree pedemontane e montane in qualità di campione della nuova carta geologica d’Italia alla scala 1:50.000, con un finanziamento di circa 10 miliardi (50% contributo statale e 50% contributo regionale). Con la legge regionale LR 29/79 sono stabilite le norme per la realizzazione di un sistema di informazioni territoriali e della cartografia regionale. Il sistema previsto deve essere realizzato in collaborazione con gli enti locali, per la realizzazione della carta tecnica 1:10.000, un insieme organico di carte tematiche in scala 1:10.000 e 1:50.000 e un sistema di elaborazione, gestione e aggiornamento delle informazioni territoriali. La giunta regionale provvede ad approvare un capitolato - tipo, fornendo simbologie unificate e norme d’inquadramento per le carte tecniche e tematiche delle varie scale, norme e criteri unificati per l’acquisizione e l’elaborazione di informazioni territoriali e determina norme e criteri, cui devono attenersi gli enti locali e gli altri soggetti interessati per le iniziative di propria competenza ai fini delle esigenze di estensione, coordinamento e unificazione del sistema di informazioni territoriali. Secondo questi obiettivi il progetto di sistema informativo regionale comprende: processi gestionali e operativi dei servizi e degli uffici dipendenti dal consiglio e dalla giunta regionali; processi gestionali e operativi delle unità socio-sanitarie locali; attività di programmazione. Il Programma regionale di sviluppo e i piani di settore definiscono le linee per l’attuazione del sistema informativo regionale e le caratteristiche del progetto relativo alla sua realizzazione. Nel quadro degli obiettivi del sistema informativo regionale, la Regione Lombardia, al fine di favorire lo scambio di informazione tra i diversi livelli amministrativi, promuove le attività delle unità socio sanitarie locali, degli enti autonomi territoriali e degli altri enti locali dirette alla raccolta, all’organizzazione ed al trattamento dei dati ed alla loro gestione informatizzata. A tal fine possono essere forniti programmi, formazione ed assistenza specializzata, oltre ad assegnare eventuali contributi. Le carte tematiche previste dalla LR 29 del 1979 sono state redatte in scala 1:50.000 in 40 fogli e riguardano: uso e copertura del suolo, uso e copertura del suolo a orientamento urbanistico, uso e copertura del suolo a orientamento agricolo-forestale e carta della morfologia. Inoltre, si ricorda che la Regione Lombardia sperimentò su un campione di 50 comuni un prototipo di sistema informativo urbanistico (Sistema informativo dei piani urbanistici regionali - SIPUR), come componente del SIT. Con delibera n.6/14313 del 14/6/96 la Regione Lombardia istituì il Sistema informativo regionale dei beni ambientali per la definizione del quale il Servizio beni ambientali (Settore urbanistica e territorio) ha redatto un prototipo relativo alla zona perilacuale del lago d’Iseo. Le informazioni contenute nel prototipo sono relative a: i beni vincolati dalla L n. 1089 del 1939, il sistema dei vincoli di tutela del paesaggio in base alla L n. 1497 del 1939, quelli in base alla L n. 431 del 1985 (legge Galasso). In quest’ultimo caso erano, però, escluse le aree individuate come zone “A” e “B”, gli ambiti di immodificabilità temporanea ai sensi dell’art. 1-ter della legge Galasso e gli ambiti assoggettati a vincolo idrogeologico ai sensi del RDL n. 3267 del 1923. Il sistema utilizza le stesse basi cartografiche di quello regionale ed il medesimo software. Al fine di agevolare la realizzazione di cartografia a livello comunale sono stati previsti finanziamenti per la redazione della cartografia di base e per fornire criteri unificati e capitolati tipo (in ottemperanza alla L n. 29 del 1979). La Regione Lombardia promuove, inoltre, la realizzazione di una rete telematica tra i comuni lombardi, per erogare ai cittadini nuovi servizi “on line”. Lo strumento per la realizzazione di questo obiettivo è il Piano regionale di attivazione dei sistemi informativi comunali, che prevede il cofinanziamento di progetti di informatizzazione presentati da Comuni, Comunità Montane, Unioni di Comuni, o altre aggregazioni comunali . La Regione Lombardia ha promosso ed ha ora in corso di realizzazione, le carte geoambientali per favorire la pianificazione dei territori delle Comunità Montane (oneri ripartiti in 40% alla Regione Lombardia, 40% alle Province interessate e 20% alle Comunità Montane), in scala 1:10.000 le carte contengono i seguenti temi: litologia, geomorfologia, uso del suolo a orientamento vegetazionale, idrologia con indicazioni inerenti permeabilità, capacità d’uso del suolo, attitudini all’uso produttivo del suolo, dissesto idrogeologico e pericolosità, degrado ambientale, rilevanze naturalistiche e paesaggistiche, unità geoambientali. Con delibera n.5811 del 1985 la Regione ha finanziato la redazione delle carte pedologiche, con la partecipazione dell’ERSAL, per la conoscenza del territorio agrario di pianura in scala 1:50.000. Con delibera n. 17004 del 1986 è stata finanziata la realizzazione della carta della localizzazione probabile delle valanghe, con la partecipazione del Corpo forestale dello stato e del servizio valanghe con sede a Bormio. Le carte sono in scala 1:25.000 per l’intero territorio regionale. Il Servizio geologico della Regione, con il CNR e l’Università degli Studi di Milano, ha pubblicato la nuova carta geologica in scala 1:250.000 nel 1990 e ha avviato la redazione di dieci fogli della nuova carta geologica d’Italia alla scala 1:50.000, utilizzando come base la CTR. Al fine di realizzare una rete di servizi applicativi per il supporto delle attività di gestione, controllo e pianificazione dell’ambiente la Regione Lombardia e la Regione Emilia Romagna hanno avviato il già citato progetto NEBULA. Per lo sviluppo del servizio si fa riferimento alla raccolta di dati e alla metodologia di stima di CORINAIR 1990 . Il progetto europeo CORINAIR si propone di costituire un permanente controllo della situazione ambientale europea. Gli utilizzatori del sistema dovranno essere gli operatori territoriali che hanno responsabilità in merito al governo dell’ambiente (staff tecnici dei Servizi regionali, centri tecnici provinciali, PMIP, Agenzie per l’ambiente, Autorità di bacino, ANPA, Ministero per l’Ambiente). NEBULA ha l’obiettivo di integrare i servizi di consultazione, analisi e simulazione a partire da informazioni di tipo territoriale. I dati sono acquisiti sia dai servizi cartografici regionali (Lombardia ed Emilia Romagna), sia da fonti esterne. La base cartografica di riferimento è il raster della CTR in scala 1:10.000. I dati vettoriali inseriti sono i confini provinciali e comunali e l’individuazione delle singole centraline di rilevamento. Alla fine del 1998 risultavano in fase di avanzato sviluppo e implementazione quattro servizi: qualità dell’aria, analisi delle emissioni, meteorologia e analisi modellistica. Con legge regionale, in attuazione della L 61 del 1994, si disciplina l’istituzione dell’ARPA al fine di armonizzare, integrare e coordinare gli interventi per la prevenzione e tutela dell’ambiente a livello regionale, locale e delle USL. L’ARPA dovrebbe essere una struttura tecnica e scientifica di supporto al governo dell’ambiente, che potrebbe gestire in modo adeguato tutte le attività fortemente legate al territorio. Nel progetto di legge erano definite le attività legate alla gestione dell’informazione ambientale come: 1) raccolta sistematica e informatizzata dei dati ambientali, di cui si garantisce l’integrale pubblicazione tramite la realizzazione di un sistema informativo e del monitoraggio ambientale in raccordo con in Servizi tecnici nazionali; 2) raccordo ed interscambio informativo con il Sistema informativo regionale, il Sistema informativo delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CIAA), il Sistema informativo nazionale per l’ambiente (SINA) e altri sistemi informativi territoriali; 3) elaborazione di dati e informazioni di interesse ambientale e diffusione dei dati sullo stato dell’ambiente; 4) promozione degli strumenti di Ecoaudit ed Ecolabel e delle relative attività informative rivolte ai cittadini, consumatori e imprese. L’Unione delle Camere di Commercio della Lombardia si propone come braccio operativo dell’ARPA e, tramite gli sportelli ambientali, di realizzare una comunicazione attiva con le imprese su tutti i temi dell’ambiente. Collabora con l’IPA per le elaborazioni statistiche (ad esempio il catasto rifiuti, tenuto per delega della provincia). L’IPA è una struttura di esperti qualificati nelle varie discipline ambientali, fondata da Associazione industria ambiente, Confindustria, Assolombarda e Federchimica e opera per risolvere le contrapposizioni tra sviluppo e ambiente. 1.1.2. Il settore “Acqua” Nel caso di una specifica risorsa come l’acqua si potrebbero delineare facilmente e ragionevolmente gli adempimenti previsti dalle normative, le soglie di sicurezza e gli elementi qualitativi, le quantità e le modalità di gestione delle risorse fino al controllo area vasta. Per esempio, potrebbe sembrare logico disporre informazioni sulle quantità disponibili (controllo di bacino), studiarne la qualità si giungerebbe così al controllo delle immissioni in acquedotto fino all’erogazione finale. In base alle normative e alle competenze si potrebbero stabilire le procedure amministrative degli enti. Tuttavia, lo schema rischierebbe di essere fin troppo lineare; nell’esempio dell’acqua sarebbe necessario in realtà tenere conto delle problematiche degli scarichi inquinanti (scarichi civili, agricoli, zootecnici e industriali), delle diverse competenze nel controllo e dell’aleatorietà del controllo, quando si opera per diluizioni e non tramite eliminazione degli inquinanti. La questione sembra riguardare una gestione delle risorse idriche fortemente accentrata, con norme contraddittorie che in certi casi risultano estremamente restrittive e in altri troppo permissive, come appare chiaramente anche da questa breve sintesi. La strategia per combattere l’inquinamento dell’acqua da parte dell’UE consiste essenzialmente nella fissazione di obiettivi di qualità e quantità, nell’istituzione di programmi di risanamento e di sistemi di autorizzazione preventiva e di limitazione delle emissioni. Non tutti gli stati si adeguano e la commissione ha avviato una serie di procedure di infrazione. Il quadro normativo disegnato dalla Comunità Europea fin dagli anni settanta è finalizzato alla salvaguardia delle caratteristiche dell’acqua destinata al consumo umano sia per la tutela della collettività, sia per la conservazione delle fonti idriche per la più generale tutela dell’ambiente. La Comunità Europea ha iniziato ad affrontare il problema delle risorse idriche nella sua globalità con il V programma (1 febbraio 1993) con l’obiettivo di migliorare la qualità delle acque. Gli obiettivi più recenti (risoluzione del 24 febbraio 1997) sono: garanzia di fornitura sicura di acqua potabile; controllo delle risorse idriche per soddisfare altre esigenze, quali industria, agricoltura, pesca, trasporti, produzione di energia elettrica; garanzia della qualità e della quantità di risorse idriche per tutelare e mantenere in buone condizioni lo stato ecologico dell’ambiente acquatico; gestione delle acque per impedire o ridurre gli effetti negativi delle inondazioni e l’incidenza della siccità. È in studio una direttiva per la realizzazione di una carta europea delle acque presenti sul territorio comunitario al fine di definire, per ogni bacino idrografico, i programmi integrati di gestione delle acque in funzione delle rispettive caratteristiche. La legge quadro italiana per la difesa del suolo è la L n.183 del 1989: questa è stata il primo atto normativo con un approccio sistematico alla materia, consentendo, attraverso la creazione delle autorità di bacino, una razionalizzazione ed un’unificazione delle diverse funzioni di attribuzione statale e regionale in relazione al nuovo riparto territoriale ed ai nuovi soggetti (tutto il territorio nazionale è suddiviso in bacini idrografici e solo per quelli di rilievo nazionale è istituita un’autorità di bacino; dell’autorità di bacino fanno parte anche rappresentanti delle regioni interessate). La legge conferisce alle autorità di bacino la funzione prevalente quale autorità di programmazione e pianificazione degli interventi, con vasti compiti di ricognizione e conoscenza delle situazioni fisico - ecologiche dei territori interessati. Con la L n. 650 del 1989 sono stati precisati i contenuti dei piani regionali di risanamento delle acque ed è stata attribuita alle regioni in modo esplicito la competenza a definire la disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature. Le leggi L n. 36 e L n. 37 del 1994 riguardano le risorse idriche e i rapporti di concessione. La prima legge definisce il sistema idrico integrato come quell’insieme di servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue. Gli enti locali compresi negli ambiti territoriali ottimali devono riorganizzare i servizi idrici integrati e coordinare la gestione degli acquedotti, delle fognature, del collettamento e della difesa delle acque. Lo stato ha funzioni di indirizzo, programmazione e coordinamento. Strettamente legata alla precedente, la seconda legge subordina l’adozione di provvedimenti (autorizzatori e concessori) diretti a incidere sul regime delle acque, all’elaborazione di valutazioni preventive e di studi di impatto ambientale. Autorità sanitarie competenti possono attuare specifici e motivati interventi restrittivi e integrativi su norme di emissione (limiti di accettabilità per gli scarichi gettati nelle acque). La legge prende in considerazione anche la tutela delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato dallo scarico delle acque di rifiuto. Alle Regioni è attribuita la competenza a emanare la normativa integrativa e di attuazione ed in particolare a delimitare le zone dove è ammesso lo smaltimento dei liquami sul suolo e nel sottosuolo. A livello di autorità di bacino risulta evidente l’importanza di una politica integrata tra le regioni interessate. Anche in questo caso lo studio dei flussi informativi e decisionali permette di attuare una politica territoriale integrata per aree omogenee. 1.1.3. Il settore “Boschi e foreste” Il settore “Boschi e foreste” è strettamente correlato per l’UE al settore “agricoltura” e al settore “Parchi”. Nel IV programma (1987-1992) è perseguito il sostanziale miglioramento nella gestione delle risorse naturali, per il settore agricolo è promosso lo sviluppo di pratiche compatibili con l’ambiente, come la lotta dell’inquinamento del suolo da fitofarmaci e concimi, la conservazione del manto vegetale per la protezione del suolo e la prevenzione dei danni ecologici. Dal 1986 sono stati emanati diversi provvedimenti per la protezione dell’ambiente nel campo dell’agricoltura (protezione delle foreste dall’inquinamento atmosferico, ritiro volontario dei seminativi dalla produzione, protezione delle acque dall’inquinamento di origine agricola e altro). Nell’ambito della riforma della Politica agricola comunitaria del 1992 sono state intraprese misure di sostegno delle attività agricole compatibili con la protezione dell’ambiente e delle risorse naturali, incentivi per la trasformazione dell’attività agricola in attività forestale e per l’ingresso dei giovani in agricoltura. Anche nello specifico settore “Boschi e foreste” vi sono una serie di regolamenti finalizzati alla protezione delle foreste dall’inquinamento atmosferico, alla difesa contro gli incendi, alla gestione dei terreni finalizzata a favorire l’accesso al pubblico per attività ricreative, a incentivare la cura dei terreni agricoli e forestali non coltivati e a favorire una gestione dello spazio naturale più compatibile con l’equilibrio dell’ambiente. Per quanto riguarda il settore “Parchi” è importante ricordare la convenzione di Berna del 19 settembre 1979 firmata dal Consiglio d’Europa, con cui è stato avviato il movimento per la costituzione dei parchi europei a cavaliere dei confini tra gli stati. In particolare, la Regione Lombardia è stata coinvolta per il progetto di parco europeo delle Alpi centrali, generato dal collegamento di parchi nazionali e regionali (Stelvio, Engadina, Adamello, Adamello-Brenta e altri). Con la direttiva n. 43 del 1992 si promuove il mantenimento della biodiversità per contribuire all’obiettivo generale di uno sviluppo durevole, tenendo conto delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali. Priorità è data alla conservazione degli habitat naturali, con l’individuazione di zone speciali di conservazione per realizzare una rete ecologica europea coerente. Per questo è stato avviato un rilevamento dei siti potenziali, cui partecipa anche la Lombardia, collegato al più generale programma comunitario CORINE, avviato nel 1984 per realizzare un sistema informativo sullo stato dell’ambiente e delle risorse naturali. Per “Boschi e foreste” la situazione italiana ha ovviamente un consolidamento storico più antico: la prima legge forestale risale al 1877, integrata poi in tempi successivi, fino alla legge quadro sulle foreste del 1926, ma il decentramento delle competenze a livello regionale avviene solo nel 1972 con il DPR n.11 e il DPR 616 del 1977 con il completo trasferimento delle competenze alle regioni, mettendo a disposizione delle Regioni il potere di gestione dei vincoli e, in particolare, di quello idrogeologico assieme al compito di organizzare e programmare la gestione dei beni forestali. Alla stessa stregua la concezione estetico - paesistica e quella naturalistica in Italia provengono da due diverse tradizioni culturali, che hanno caratterizzato la formazione dei due Ministeri: il Ministero dei beni culturali e ambientali , che per la salvaguardia ambientale ha come principale riferimento la L n. 1497 del 1939, e il Ministero dell’Ambiente , che ha come principale riferimento normativo la L n. 394 del 1991 sulle aree protette. I due Ministeri assumono d’intesa le iniziative necessarie per assicurare il coordinamento delle attribuzioni di rispettiva competenza. Con il DPR n. 616 del 1977 sono trasferite alle regioni le funzioni amministrative concernenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve ed i parchi naturali, mentre sono delegate le funzioni amministrative per la protezione delle bellezze naturali. In Regione Lombardia questo è stato recepito attribuendo ai Comuni funzioni amministrative in materia di interventi per la protezione della natura con la collaborazione regionale. Le competenze regionali in questo campo sono numerose e riguardano la tutela della natura sia come paesaggio sia come ecosistema, di cui per esempio si può citare la realizzazione progetti di banche dati floristici e di carte della vegetazione in Piemonte ed Emilia Romagna, mentre il Friuli ha pubblicato un atlante delle specie vegetali e ha organizzato la relativa banca dati. In Lombardia una banca dati floristica è ancora in fase di studio, ma vi sono iniziative locali: il Museo delle scienze naturali di Bergamo relativo al territorio provinciale, il Museo di scienze naturali di Brescia con un archivio informatizzato per i dati floristici provinciali e l’Istituto di botanica dell’Università di Pavia, anch’esso con una banca dati. La legge regionale LR n.86 del 1983 individua diversi regimi di tutela: i parchi naturali, organizzati in modo unitario, con preminente riguardo alla protezione della natura e dell’ambiente e di uso culturale e ricreativo, nonché con riguardo allo sviluppo delle attività agricole, silvicole e pastorali; i parchi di cintura metropolitana, equiparati sostanzialmente ai precedenti dal punto di vista normativo; le riserve naturali, di media e piccola dimensione, finalizzati alla salvaguardia della natura per il mantenimento di singoli ecosistemi; sono ordinate in categorie decrescenti per rigore del regime di tutela; i monumenti naturali, intesi come singoli elementi o piccole superfici dell’ambiente naturale. Sia i parchi, sia le riserve possono comprendere aree di rispetto e, inoltre, sono promossi interventi locali e interventi di interesse sovracomunale. Solo nel 1996 (LR n. 32) fu introdotta la riforma per adeguarsi alla normativa nazionale del 1991 (L 394). I parchi sono definiti regionali e sono distinti in: parchi fluviali, parchi montani, parchi agricoli, parchi forestali e parchi di cintura metropolitana ; inoltre, possono comprendere zone di parco naturale. Nello stesso ambito territoriale possono essere istituiti diversi regimi di tutela, come, ad esempio, il parco della valle del Ticino, che è stato classificato parco fluviale, parco forestale, parco agricolo e parco di cintura metropolitana. Sono in corso gli studi per la realizzazione di un sistema informativo specializzato per i parchi storici. 1.1.4. Un esempio di sistema informativo: il Centro regionale di elaborazione dati e coordinamento generale della rete di rilevamento dell’aria Dal 1977 è stata data facoltà alle Regioni di normare la tutela della qualità dell’aria e successivamente il controllo è stato delegato alle USSL (ora ASL) e ai PMP. Figura 1: Schema della struttura della rete di rilevamento dell’inquinamento atmosferico della Regione Lombardia La Regione Lombardia e la Regione Emilia Romagna hanno avviato il progetto comune NEBULA, per la raccolta ed il trattamento di dati ambientali, che è partito con una fase prototipale per il trattamento dei dati relativi alla qualità dell’aria. L’architettura delle reti di rilevamento della qualità dell’aria può essere schematizzata con tre livelli gerarchici con competenze diversificate: 1. livello di base, con i sistemi locali di raccolta dei dati; 2. livello intermedio, ove i Centri provinciali trattano l’acquisizione e la gestione di dati; 3. livello superiore del Centro regionale per elaborazioni per il coordinamento della Rete. Il Centro regionale mantiene una banca di dati “on line” dei valori medi orari e giornalieri degli inquinanti, nonché dei parametri meteorologici rilevati in alcune stazioni; fornisce, inoltre, una serie di servizi sia ai centri provinciali, sia agli Enti interessati o a quelli responsabili della tutela ambientale. All’interno di queste attività si inserisce il progetto NEBULA, finalizzato alla facile lettura ed utilizzo dei dati relativi allo stato dell’aria, con cui si intende rendere possibili elaborazioni a livello Regionale, Provinciale, Comunale oppure per singola stazione di rilevamento. 1.2. Le strutture per il governo dell’ambiente a livello regionale Con il quadro sintetico legislativo e delle competenze regionali in merito al controllo ambientale si è sottolineata la presa di coscienza delle problematiche, la messa in atto di politiche informative per gestire le relazioni tra enti e settori, la predisposizione di attività progettuali e attuative; nello stesso tempo a fronte dei diversi settori e ambiti di intervento è interessante istituire un confronto con l’organizzazione della Regione Lombardia per curare i rapporti interni ed esterni tra le strutture che si occupano di ambiente . L’organigramma regionale è articolato in quattro aree e in ciascuna operano le Direzioni Generali, delle quali si mettono in evidenza quelle più coinvolte nella questione ambientale e informativa: 1. Area Istituzionale, nella quale si svolgono le principali attività per l’informazione con la Direzione Generale della Presidenza e quella degli Enti locali; 2. Area Sociale, alla quale fa capo la Direzione Generale Cultura 3. Area Economica, alla quale fanno capo la Direzione Generale Agricoltura 4. Area Territoriale, alla quale fanno capo le Direzioni Generali Urbanistica, Tutela ambientale e Opere pubbliche e protezione civile. Per quanto riguarda i flussi informativi all’interno dell’ente regionale la Direzione Generale Presidenza assume, come prevedibile, un ruolo molto importante. Dopo una prima fase di forte accentramento delle attività, si sta attualmente arrivando alla gestione dei dati da parte delle singole Direzioni generali come sistemi informativi dedicati. La Direzione Generale Presidenza fornirà i dati di base, quali: topografia, foto aeree, immagini da satellite, dati elaborati da Corine Land Cover, carte Ersal, carte dell’uso del suolo per fotointerpretazione dal volo del 1994 ed il modello digitale del terreno. In diversi settori, inoltre, possono essere individuati i soggetti che mantengono legami tra la Regione Lombardia e gli altri enti e che coordinano il lavoro delle diverse direzioni. All’interno dell’area Territoriale si trovano le Direzioni Generali più direttamente attinenti ai problemi ambientali, tra queste la Direzione Generale Urbanistica, quella di Tutela Ambientale e quella delle Opere Pubbliche e Protezione Civile. Anche altre Direzioni Generali si occupano di questioni ambientali, come per esempio quella del Territorio ed Edilizia Residenziale, che opera anche per la prevenzione dei dissesti nelle zone a rischio idrogeologico e sismico. Tuttavia, non si ritiene di ampliare ulteriormente l’indagine, in quanto è sufficiente rammentare come già il Ministero dell’Ambiente fosse stato visto corresponsabile nella definizione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio: la necessità di operare per un uso appropriato del territorio al fine di prevenire i danni ambientali, aspetti quindi di politica territoriale generale che, comunque, richiedono una base informativa unitaria. 1.2.1. La Direzione Generale Presidenza della Regione Lombardia La struttura organizzativa della Direzione generale Presidenza si articola in otto servizi: affari generali; giuridico e legislativo; relazioni esterne; programmazione e sviluppo; sistema informativo regionale; attuazione programma; comunicazione e avvocatura regionale. Per quanto riguarda i rapporti con l’UE, la Direzione, attraverso l’ufficio del Direttore Generale, delegazione di Bruxelles, si occupa, tra l’altro, di tenere costantemente sotto osservazione la produzione normativa comunitaria e alimentare conseguentemente il sistema informativo anche con riferimento alle informazioni economico-finanziarie connesse ai programmi comunitari. I rapporti con l’esterno sono curati in particolare dal Servizio Relazioni Esterne, al cui interno un ufficio si occupa dei rapporti nazionali e regionali, svolgendo, tra le altre, l’attività di collaborare all'attuazione della L n. 142 del 1990 per la parte relazionale con il sistema degli enti locali. Dalla Direzione Generale Presidenza dipende il Servizio Sistema informativo regionale articolato in tre uffici: sviluppo sistema informativo regionale; statistica; tecnologie e strumenti per il controllo e la gestione del SIR. Il primo si occupa principalmente di: 1. predisporre i piani e i progetti per la programmazione dello sviluppo SIR e delle relative infrastrutture basate su tecnologie informatiche e di telecomunicazioni, nonché gli strumenti per il relativo monitoraggio; 2. predisporre i progetti operativi per gli sviluppi informativi/informatici sia settoriali che intersettoriali e curarne la conduzione e il monitoraggio, in collaborazione con le Direzioni Generali; 3. curare gli strumenti operativi finalizzati allo sviluppo, attraverso il ruolo guida della Regione Lombardia di servizi rivolti agli enti territoriali alle imprese e ai cittadini; 4. curare i raccordi con il mondo scientifico e con gli esperti del settore per garantire alla Regione Lombardia il costante aggiornamento del Sistema Informativo, assicurando in particolare il supporto ai lavori del Comitato Guida; 5. promuovere e sviluppare il Sistema Informativo Territoriale all'interno e all'esterno dell'Ente. L’Ufficio Statistica ha invece il compito di: 1. rappresentare la Regione Lombardia nell'ambito del Sistema Statistico Nazionale (Sistan); 2. mantenere i rapporti con l'ISTAT e con gli altri organi del Sistan a livello nazionale, regionale e subregionale, nell'ottica della costruzione del Sistema Statistico Regionale; 3. eseguire gli adempimenti richiesti del Programma Statistico Nazionale; in particolare effettuare le rilevazioni statistiche richieste dall'ISTAT; 4. effettuare rilevazioni autonome sistematiche o speciali a supporto del processo decisionale e programmatorio della Regione Lombardia; 5. elaborare i dati e le informazioni disponibili, curare la diffusione e la pubblicazione dei dati, delle analisi e degli studi effettuati dall'ufficio; 6. coordinare l'attività statistica delle strutture regionali, attraverso l'emanazione di disposizioni tecniche o metodologiche e con la predisposizione delle nomenclature e delle metodologie di base per la classificazione e la rilevazione dei diversi fenomeni, in conformità a quanto stabilito dall'ISTAT per il Sistema Statistico Nazionale. L’Ufficio Tecnologie e Strumenti per il Controllo e la Gestione del SIR espleta i seguenti compiti: 1. supervisionare le attuali banche dati centrali e distribuite del Sistema Informativo Regionale in collaborazione con le strutture responsabili dei dati stessi; 2. coordinare l'aderenza dei progetti delle nuove banche dati con il disegno generale del Sistema Informativo Regionale al fine di garantire l'integrazione, l'interoperabilità e la cooperazione delle stesse; 3. supportare gli utenti interni ed esterni nell'impiego del SIR, garantendo la disponibilità e la rispondenza funzionale dei servizi informativi e informatici; 4. collaborare alla definizione delle specifiche tecniche nello sviluppo del SIR per il soddisfacimento dei bisogni informatici delle strutture regionali; 5. definire gli standard informativi e informatici (hardware e software) per l'introduzione di nuove tecnologie dell'informazione; 6. sovrintendere al governo degli accessi e delle comunicazioni delle reti virtuali all'interno della Regione Lombardia; 7. presidiare la spesa della Regione Lombardia in campo informativo e informatico; 8. assicurare la gestione operativa del Sistema Informativo Territoriale. In ultimo all’interno della Direzione generale presidenza, all’interno del servizio comunicazione, si trova l’ufficio relazioni con il pubblico che si occupa, tra l’altro, di creare, implementare e gestire la banca dati dell'Ufficio Relazioni con il Pubblico “Spazio Regione”, connettendo e mettendo a disposizione del pubblico le diverse banche dati regionali, oltre che attivare e gestire un centro di documentazione regionale e facilitare l'accesso alla produzione editoriale della Regione Lombardia, anche mediante la sua commercializzazione. Come si vede all’interno della Direzione generale Presidenza si trovano molte delle competenze essenziali per l’interscambio informativo all’interno e all’esterno della Regione Lombardia. In particolare la costruzione ed il mantenimento del Sistema Informativo Territoriale, come già detto solo per quanto riguarda i dati che possono essere considerati di base ricopre un ruolo essenziale nel supporto alla costruzione dei sistemi dedicati delle altre direzioni ed uffici e degli altri enti territoriali all’esterno della Regione Lombardia. All’interno dell’Area Istituzionale, oltre alla Direzione generale Presidenza, alcuni settori di altre direzioni espletano un’attività interessante per quanto riguarda i flussi informativi relativi all’ambiente ed al territorio all’interno della Regione Lombardia: la direzione Affari Generali e la direzione Generale enti Locali. 1.2.2. La Direzione Generale Enti Locali della Regione Lombardia La Direzione Generale Enti Locali si articola in tre servizi, che a loro volta raccolgono diversi uffici: 1. Servizio Rapporti con gli enti locali (Ufficio Montagna, Ufficio Polizia municipale, Ufficio Comunicazione); 2. Servizio Programmazione e affari generali (Ufficio Sistema informativo e controllo di gestione, Ufficio Coordinamento per l'attuazione della L n. 59 del 1997, n.59); 3. Servizio Organo regionale di controllo (Uffici Istruttoria) Tra i compiti di questa direzione vi è quello di garantire che la programmazione, il controllo di gestione e le attività di reporting (introdotte per ogni attività dei servizi e degli uffici della Direzione) contribuiscano alla attivazione, al funzionamento ed al controllo del Sistema Informativo per le Autonomie locali, fornendo tutti gli input necessari al raccordo tra il sistema informativo della Direzione (SIAL) ed il Sistema Informativo Regionale (SIR) e di attivare, controllare e aggiornare le presenze della Direzione in INTERNET. In particolare l’ufficio comunicazione del Servizio Rapporti con gli enti locali si occupa di curare la definizione e l'attivazione di un organico sistema di informazione per gli Enti locali in riferimento alle attività e alle scadenze amministrative di interesse degli stessi Enti locali derivanti da provvedimenti regionali. Anche l’ufficio Ufficio Sistema informativo e controllo di gestione si occupa dell’aggiornamento del sito INTERNET, oltre che di sovrintendere e coordinare la predisposizione di tutti gli input necessari al raccordo tra il sistema informativo della Direzione (SIAL) ed il Sistema Informativo Regionale (SIR). All’interno dell’area sociale la Direzione Generale Cultura ha competenze anche sull’ambiente, in quanto al suo interno si trova la gestione dei beni culturali regionali in accordo con le direttive del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. 1.2.3. La Direzione Generale Cultura della Regione Lombardia La Direzione Generale Cultura, attraverso la sua struttura organizzativa articolata in servizi e uffici, tutela i valori del patrimonio regionale storico, artistico e culturale. L’ufficio rete museale - catalogazione - cultura del mondo popolare ha il compito, tra gli altri di realizzare il Sistema Informativo dei Beni culturali regionali integrato in banche dati multimediali collegate in rete assicurandone la disponibilità nei programmi informativi regionali e di realizzare, gestire e aggiornare la Banca Dati sui Musei di competenza regionale assicurando tutti gli interventi atti ad aggiornare e a diffondere i dati. La parte che riguarda più direttamente l’ambiente è stata espressa con la rilevazione sperimentale dei beni urbanistici e territoriali, dei beni architettonici e dei parchi e giardini storici secondo le normative dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione. 1.2.4. La Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia La Direzione Generale Agricoltura, interna all’Area Economica, sostiene l’obiettivo di recupero e sviluppo dell’agricoltura come componente essenziale del sistema ambientale e territoriale, salvaguardando e valorizzando le risorse naturali (suolo, acqua) e il patrimonio boschivo quali fondamentali fattori di produzione, favorendo la diffusione di tecniche di coltivazione e allevamento a basso impatto ambientale. 1.2.5. La Direzione Generale Urbanistica della Regione Lombardia La Direzione Generale Urbanistica è così articolata: 1. Servizio Pianificazione strategica e ordinamento (Ufficio Pianificazione territoriale, Ufficio Indirizzo normativo, Ufficio Ordinamento) 2. Servizio Sviluppo sostenibile del territorio (Ufficio Valutazione impatto ambientale, Ufficio Pianificazione e Informazione Paesistica, Ufficio Autorizzazioni Paesistiche) 3. Servizio Urbanistica (Uffici Istruttorie Urbanistiche) 4. Struttura di progetto Urbanistica 2 Il Servizio Pianificazione Strategica e Ordinamento, tra gli altri compiti, ha anche quelli di assumere i provvedimenti sanzionatori in materia urbanistica e di tutela ambientale e svolgere l'attività amministrativa per la repressione di abusi edilizi. Inoltre svolge l'attività amministrativa di supporto all'esercizio di compiti sostitutivi degli organi degli Enti locali, nei casi previsti dalla legislazione vigente, in materia edilizia, urbanistica e paesistico - ambientale; L’Ufficio Pianificazione e Informazione Paesistica deve predisporre gli atti inerenti la pianificazione paesistica e i criteri per la gestione dei vincoli, anche a cura degli Enti locali, nonché i provvedimenti di vincolo paesistico – ambientale. A tale scopo deve curare la predisposizione dei vincoli di tutela paesistico – ambientale e fornire agli Enti locali il supporto tecnico, informativo e documentale utile per l'azione di tutela delle risorse ambientali e paesistiche, anche attraverso la predisposizione e gestione di una specifica componente del sistema informativo territorio. Di conseguenza deve anche esercitare le attività connesse all'indirizzo e al controllo dell'azione degli enti locali, in materia paesistica, nonché tutte quelle sostitutive conseguenti a ricorsi. 1.2.6. La Direzione Generale Tutela Ambientale della Regione Lombardia La Direzione Generale Tutela Ambientale riguarda il cosiddetto ambiente naturale, curandosi di temi quali l'energia, l'aria, l'acqua, i rifiuti, il suolo, i parchi e i processi industriali, con funzioni di coordinamento e indirizzo. Elabora piani di risanamento e di monitoraggio della qualità dell'aria e interviene in materia di inquinamento acustico. Nel campo dei rifiuti urbani coordina le Province per i piani di smaltimento, promuove la raccolta differenziata e cura lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, favorisce le strategie per il risparmio energetico e controlla e sorveglia le attività industriali, interviene per il risanamento delle acque urbane, lacustri e fluviali, sovrintende all'esercizio delle attività delle cave, opera in difesa dell'ambiente naturale e dei parchi con programmi di difesa delle specie e con l'istituzione di aree protette e promuove l'educazione ambientale nelle scuole della Lombardia. Figura 2: Organigramma della Direzione generale tutela ambientale (fonte: Capria 1997) La Direzione Generale Tutela Ambientale si articola in settori (affari generali e strategie ambientali integrate; risorse energetiche e ambientali e tutela dell’ambiente naturale e parchi; geologia e tutela delle acque; rifiuti e residui recuperabili; protezione ambientale e sicurezza ambientale), ciascuno suddiviso in sottosettori e con necessità di scambi informativi che, come è stato dichiarato a livello nazionale per la Protezione Civile, deve mirare alla gestione e alla prevenzione dei rischi più che all’emergenza e, quindi, deve essere alimentato di continuo con dati territoriali strettamente interconessi alla gestione ambientale. 2. L’informazione e la cartografia ambientale nell’analisi territoriale La complessità dell’ambiente comporta un insieme di competenze estremamente frammentato come risulta esplicitamente dall’esposizione della struttura regionale e dei collegamenti con gli altri livelli di governo e rafforza la convinzione che un sistema informativo territoriale “ufficiale” e effettivamente funzionante potrebbe aiutare ad evitare l’incoerenza tra azioni derivate dall’articolazione delle competenze. All’interno della Direzione Generale Presidenza si trova il servizio dedicato al SIR, che è finalizzato alla raccolta ed all’organizzazione dei dati di base e che lascia alle singole direzioni il compito di costruire i sistemi dedicati. Ma se, per esempio, si prende in considerazione la competenza della gestione del vincolo idrogeologico e geologico si trovano la Direzione Generale Affari Generali, la Direzione Generale Opere Pubbliche e Protezione Civile, la Direzione Generale Tutela Ambientale, che tra l’altro realizza la banca dati geologici idrogeologici e meteorologici, come sistema dedicato del SIR. Poiché questo non è un caso unico, l’obiettivo prioritario dovrebbe riguardare la realizzazione di un sistema informativo, che renda possibile una reale collaborazione tra servizi diversi. I rapporti della Regione con il mondo esterno, per esempio gli Enti Locali, sono tenuti dalla Direzione Generale Presidenza (aspetti generali) e dalle altre Direzioni Generali (aspetti settoriali). Anche in questo caso la strutturazione di un sistema informativo è essenziale per stabilire i livelli di accesso ai dati, la loro aggiornabilità e sicurezza e la possibilità di integrazione con basi di dati “esterne”. Il sistema informativo di base della Regione dovrebbe quindi, oltre a fornire sia i dati geografici di interesse comune, sia le informazioni necessarie alla realizzazione di sistemi dedicati o “individuali”, purché facciano realmente parte del sistema generale. Il problema della realizzazione di un sistema realmente integrato presuppone un grande sforzo di modellizzazione dei flussi informativi, ma permette come valore aggiunto, oltre alla maggiore facilità di consultazione e trattamento dei dati, la possibilità di lavorare in modo diverso e di integrare gli sforzi e le competenze. Dalla complessa organizzazione regionale emerge chiaramente la coscienza del problema dell’informazione e della raccolta dati. Questa è espressa in continuità e a tutti i livelli, dimostrando come la presa di coscienza del problema informativo sia un fatto innegabile, sul quale sono stati fatti molti investimenti una molteplicità di progetti avviati, purtroppo sembra anche emergere l’assenza di un’unica strategia. Anzi, poiché la progettazione di un sistema informativo geografico finalizzato a risolvere aspetti operativi a livello regionale in ambito ambientale richiede, dunque, la tempestività e la capacità di una visione allargata a tutte le relazioni e le modalità di implementazione del sistema, tali progetti “individuali” sono diventati essi stessi ostacolo a un’inversione di tendenza. L’analisi di alcuni casi permette di evidenziare procedure operative e di formalizzare raccomandazioni. In un primo approccio astratto derivato dall’esame dei compiti (boschi e foreste, piuttosto che acqua potabile) sembrerebbe di potere evidenziare un processo informativo chiaramente definibile e gestibile. Tuttavia, la linearità dell’impostazione nasce da un approccio verticale che parte dall’alto (top - down) nasconde la complessità che si può illustrare efficacemente con due esempi, che hanno relazione anche con i processi di pianificazione in esame. Si tratterà di verificare contemporaneamente l’acquisizione dei dati con la progettazione concettuale, cioè integrando l’approccio precedente con una verifica dal basso verso l’alto. Dall’esame si vuole dimostrare che la progettazione concettuale richiede non solo la conoscenza della legislazione citata e delle competenze, ma anche nella scelta “scientifica” della qualità dei dati e delle relative procedure di acquisizione: tali conoscenze comprendono anche il flusso informativo tra settori e tra livelli di governo. Tuttavia, per illustrare meglio i contenuti informativi e le relazioni tra diversi livelli di governo, si ritiene opportuno premettere l’analisi di due esempi di settore: l’anagrafe delle strade e il censimento del patrimonio architettonico e ambientale. Infatti, se l’anagrafe delle strade è utile alla gestione delle strade e al controllo dell’inquinamento atmosferico, il censimento del patrimonio architettonico e ambientale apre non solo la tematica della loro salvaguardia e valorizzazione, ma anche la questione di delimitazioni stabili e sistematiche del territorio. 2.1. L’anagrafe delle strade, il traffico e l’inquinamento Il caso del monitoraggio e del controllo dell’inquinamento atmosferico dovuto alla circolazione degli autoveicoli presenta aspetti molto interessanti per indagare le difficoltà e le possibilità operative di costruzione di un sistema informativo geografico “ambientale”. In primo luogo, si osserva la difficoltà di definire il fenomeno, di definire le grandezze e le misure da rilevare e poi le politiche da intraprendere. A questi aspetti si aggiunge l’organizzazione della Pubblica Amministrazione, in cui sono presenti uffici, procedure e obiettivi, con situazioni di concorrenza e di incoerenza delle azioni, dei tempi e delle scelte, che possono provocare forti diseconomie. La stessa gestione dei dati presenta spesso molti aspetti controversi, non tutti riconducibili alla proprietà del dato. La scelta di operare con basi di dati comuni nel maggior numero delle attività significa mirare a ridurre e eliminare ogni ridondanza e le incomunicabilità dovute a dati disomogenei, riducendo la possibilità di basarsi su valutazioni prive di ogni logica di intercomunicazione. Il presupposto per potere disporre degli stessi dati per usi diversi risiede, pertanto, nel coordinamento delle strategie e nella certificazione dei dati e delle misure. A questo proposito nel caso specifico del sistema dei trasporti e delle reti della viabilità si può citare come esempio emblematico l’Archivio nazionale delle strade, soprannominato anche “catasto delle strade” . Il Codice della strada del 1992, profondamente integrato nel 1993, prevede che le informazioni relative alle strade siano strutturate in un archivio, ma non ne definisce più puntualmente i contenuti, definisce le competenze, ripartite essenzialmente tra Ministero dei Lavori Pubblici e Regioni. Tuttavia, l’Archivio nazionale delle strade non è ancora una realtà. La rete stradale, secondo il Codice della strada, è composta da un insieme di archi strutturati gerarchicamente. Alla base della definizione della struttura e del tracciato informatico dell’archivio deve essere posta la definizione delle qualità necessarie alla descrizione della strada, dove l’attributo “necessario” deriva dal processo di costruzione e di manutenzione delle strade (e forse anche delle infrastrutture sotterranee) e dal tipo di controllo sul traffico e sulla sicurezza che si intende svolgere. Nel Codice della strada si aggiunge sinteticamente il contenuto dell’archivio delle strade richiedendo: “dati relativi allo stato tecnico e giuridico della strada, al traffico veicolare, agli incidenti e allo stato di percorribilità, anche da parte dei veicoli classificati mezzi d’opera ai sensi dell’articolo 54 (…)”. In primo luogo, si noterà che l’avere ricordato la presenza delle reti tecnologiche interrate sotto la strada rimanda all’utilità che le informazioni siano aperte a altre competenze e alla necessità del coordinamento tra gli interventi sulla strada. In secondo luogo, le applicazioni di modelli richiedono molte informazioni, in parte non comprese nell’anagrafe: l’importanza sta nella correttezza, o certificazione, del dato, nel suo aggiornamento continuo e nell’omogeneità dei criteri di definizione della misura. In altri termini si afferma la possibilità di convivenza tra sistemi informativi “privati” o “individuali” e il sistema informativo “pubblico” o “ufficiale”. Purtroppo, la realtà delle strade italiane non corrisponde alla classifica funzionale e alla proposte di riattribuzione delle competenze previste dal Codice della strada. La realizzazione dell’anagrafe non è pertanto automatica, ma richiede un ulteriore intervento normativo dello Stato e delle Regioni. Figura 3: Interpretazione delle indicazioni del Codice della strada per strutturare una gerarchia nelle reti stradali La dimensione della larghezza di una strada in metri dà una certa informazione, ma diversa da quelle derivabili dal numero di carreggiate, di corsie, o dalla disciplina della circolazione: a queste esigenze conoscitive deve rispondere l’anagrafe delle strade per descrivere sia l’opera civile (materiali e caratteristiche costruttive), sia l’aspetto funzionale di supporto al traffico veicolare e alla vita urbana. Allo stesso tempo, una buona base di conoscenze costituisce la premessa per progetti esecutivi coerenti con le disposizioni legislativi, da corredare con previsioni economiche. A questo punto l’appaltabilità significa anche la sicurezza di giungere a buon fine, una condizione, seppure parziale, ma fondamentale per risanare e rafforzare la Pubblica Amministrazione. Il primo punto della personalizzazione è il riconoscimento dei gruppi di utenti, che devono intervenire sulla viabilità e sui sistemi di trasporto. Un primo elenco di settori di interessi (e quindi di utenti) permette di illustrare il significato di questo tipo di approccio: pianificazione della viabilità interurbana, pianificazione urbana del traffico, progettazione delle strade e delle opere civili per la sicurezza, pianificazione dei trasporti pubblici, gestione del traffico e degli impianti semaforici, aziende sanitarie locali e il controllo sull’inquinamento, logistica del trasporto delle merci, indirizzamento dei trasporti eccezionali o pericolosi, indirizzamento dei servizi di emergenza, indirizzamento del traffico automobilistico (sistemi di car navigation), gestione e manutenzione dei trasporti pubblici, manutenzione delle opere civili. L’elenco non è completo, ma è sufficiente per fornire una visione dell’ampiezza delle problematiche dei diversi utenti, i quali hanno bisogno di informazioni aggiornate, a volte in tempo reale. Si tratta di conoscere il livello di servizio di un’infrastruttura in un dato istante oppure solo la capacità, cioè il livello di servizio potenziale, o teorico, di un’infrastruttura. Il passaggio successivo consiste nel vedere la pluralità di utenti come insieme di interessi eterogenei per i quali i dati e le informazioni devono essere non solo resi disponibili come un servizio dal sistema informativo della Pubblica Amministrazione con grande facilità di accesso e di uso, ma anche basarsi su una continua georefenza a diversi livelli di dettaglio in funzione delle necessità. Il grafo di rete desunto dalla cartografia rappresenta sinteticamente l’intero sistema stradale, strutturato in nodi e archi, costruito in modo funzionale all’uso modellistico. La base di dati potrebbe essere l’anagrafe delle strade, le cui problematiche gestionali possono essere riassunte in tre tipologie: acquisizione del dato geometrico con la definizione della scala di dettaglio (interventi a livello nazionale o sovranazionale, a livello regionale o provinciale, a livello comunale) e il passaggio dalla cartografia di base al grafo acquisizione del dato alfanumerico descrittivo delle caratteristiche degli archi articolazione del grafo in sottoreti (grafo principale con gli itinerari di collegamento tra le zone e il grafo secondario, solo di uso locale per l’accesso e la distribuzione interna). Le informazioni contenute nella base cartografica disegnata su carta sono molto di più di quante servano per il disegno del grafo e per le applicazioni modellistiche, ma molte di meno di quante occorrano per descrivere la funzionalità di una strada o di un itinerario. Occorre, dunque, procedere ad una fase preliminare di studio delle informazioni necessarie alla realizzazione del progetto e successivamente alla scelta del metodo di organizzazione. Le informazioni sono di due livelli: quelle strettamente necessarie all’elaborazione e alle simulazioni, e quelle invece di supporto e inquadramento territoriale. A ciascun arco stradale sono stati associati gli attributi alfanumerici che ne descrivono sia le caratteristiche geometriche, sia le caratteristiche funzionali, per le strade urbane, per le intersezioni semaforizzate e per le intersezioni libere . Dal manuale Highway Capacity Manual si possono riportare tutti i campi adottati per individuare ogni singolo arco stradale nell’archivio e per descriverne le caratteristiche che influenzano la capacità teorica e determinano la capacità reale al fine di giungere a associare agli archi le specifiche curve di deflusso con cui si descrive il rapporto tra volume e velocità del traffico. Tuttavia, quest’elenco cela una questione fondamentale: la ragionevolezza dei parametri che definiscono il livello di servizio teorico della strada si scontra con il costo irragionevole della loro definizione e raccolta. Dunque, se teoricamente si possono definire i fattori di disturbo analizzabili strada per strada, una simile impostazione richiederebbe rilevazioni costosissime, ma poco utili stante la grossolanità con cui il traffico può essere ragionevolmente descritto e la rilevanza nel traffico del comportamento del guidatore. Dunque, è necessario definire in via sintetica e economica i fattori corretti per una manipolazione modellistica sufficientemente attendibile. Sia l’uso della cartografia numerica per ottenere il grafo, sia la predisposizione dell’anagrafe delle strade, indicano l’opportunità e l’utilità di integrazione di questi elementi nel contesto più ampio del sistema informativo distribuito nei diversi uffici e settori della Pubblica Amministrazione. Potenzialmente il sistema informativo legato alle strade costituisce uno strumento in grado di gestire un’ampia struttura di dati, con la possibilità di continuo inserimento di nuove tabelle e di nuove interrogazioni al fine di riuscire a controllare e gestire nel modo migliore possibile i diversi fenomeni legati al traffico urbano. Per concludere si osserva che il grafo delle strade costituisce un’informazione molto utile a più utenti, ma non direttamente disponibile da rilievi cartografici, ma da essi parzialmente derivabile, richiede informazioni tipiche di un sistema informativo individuale, potrebbe avere notevoli potenzialità aggiuntive se integrato a livelli di georeferenza anche semplificati la localizzazione dei numeri civici. In questo modo sarebbero possibili valutazioni sui tempi di percorrenza per la determinazione e allocazione delle risorse, come si può vedere nella ricerca del percorso ottimo (il percorso migliore nell’unità di tempo) per la raccolta dei rifiuti o di particolari rifiuti o per l’approvvigionamento delle farmacie, piuttosto la redazione di piani di emergenza per le industrie a rischio. Infine, si ricorda la possibilità di svolgere su queste basi di dati altri elaborazioni, quali i piani della viabilità , l’individuazione di itinerari di valore storico – paesistico e il controllo dell’inquinamento ambientale derivato dal traffico. Si tratta di temi rilevanti sia nella pianificazione territoriale paesistica, sia nel controllo dell’inquinamento, espresso nelle raccomandazioni internazionali e nelle normative nazionali, ma tutto questo rimanda sia alla recente legislazione in materia di controllo dell’inquinamento atmosferico e piani urbani del traffico, sia ai programmi comunitari e regionali in merito all’aria. Ancora una volta si pone la questione delle coerenze esterne ovvero, in altri termini, il processo di integrazione tra sistema informativo dell’Amministrazione Pubblica, sistemi informativi geografici e modellistica comporta una visione globale. 2.2. Il censimento del patrimonio ambientale per la salvaguardia e valorizzazione Il censimento del patrimonio culturale deve risolvere funzioni diverse, che dipendono dalle competenze istituzionali e dalle specificità degli organi competenti. Tuttavia, affinché diventi strumento di uso collettivo e abbia una validità accettabile da tutti gli operatori coinvolti, si devono garantire alcuni aspetti, legati all’integrità delle informazioni, all’aggiornamento costante e alla certificazione dei dati. L’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione dipende dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e come attività specifica ha predisposto i tracciati per redigere le schede di catalogo relative a molte tipologie di beni. In seguito ha fornito indicazioni per la compilazione delle schede anche per un primo livello informativo, detto di “inventario”. Tuttavia, le indicazioni fornite non costituiscono una normativa obbligatoria, anche se sono abbastanza stabilizzate, poiché risalgono al 1990. Nella realtà è capitato che poche Amministrazioni Pubbliche abbiano operato in maniera sistematica per la realizzazione di un inventario, tuttavia si può citare lo stesso un caso significativo per affrontare i problemi legati proprio alla progettazione di un sistema informativo “ufficiale”. L’Amministrazione Provinciale di Milano avviò nel 1983 un progetto di censimento realizzato in più fasi, adottando un sistema di schedatura che in qualche modo potrebbe approssimarsi alle indicazioni dell’Iccd per il livello di inventario. Dopo le analisi bibliografiche sulla consistenza del patrimonio e sulla sua distribuzione, dopo le prime campagne informative e la messa a punto delle schede, il censimento fu avviato nel 1987; alla fine del lungo processo di rilevazione si è giunti a constatare l’esistenza di una serie di questioni non indifferenti: la cartografia iniziale era la carta tecnica regionale (CTR 1980), messa a punto dalla Regione Lombardia, basata su voli fatti tra il 1979 e il 1983 e resa disponibile nel 1984. Il volo relativo al territorio milanese era del 1980; a supporto degli studi sulle trasformazioni territoriali sono state utilizzate le carte catastali attuali, quelle del “Catasto Cessato” e quelle dell’Istituto Geografico Militare. Ogni carta ha riferimenti e criteri propri di rappresentazione; a supporto della compilazione delle schede per l’individuazione delle aree e degli edifici sono state usate le cartografie locali (aerofotogrammetrie, catasto, Prg); i criteri di perimetrazione delle aree e di selezione delle architetture esprimono intenzionalità diverse e non confrontabili nel corso di analisi specialistiche o nella individuazione di vincoli urbanistici; i criteri di perimetrazione delle aree dipendevano non solo dai rilevatori, ma spesso dagli Enti che operavano su oggetti con lo stesso nome (centro storico, parco, giardino storico, complesso rurale), ma con contenuti e definizioni diverse elaborate con criteri disomogenei. Ogni piano regolatore adotta criteri particolare per la perimetrazione delle aree e l’individuazione di vincoli, nonostante l’uso di terminologie analoghe. Si prenda, per esempio, in esame il concetto di bene ambientale nelle diverse accezioni possibili, che corrispondono nella pratica a una pluralità di consulenti possibili nelle definizioni dei piani; nella fase conclusiva del censimento era stato rilasciato dalla Regione Lombardia l’aggiornamento alla carta tecnica regionale (CTR 1994), anche in versione informatizzata, in cui si integravano aspetti raster e aspetti vettoriali. La fase più importante e delicata risulta quindi non tanto la compilazione di grandi quantità di schede, quanto l’accordo operativo sulla tipologia e sul tracciato della scheda, per non parlare dei criteri di compilazione dei campi. L’attività progettuale esula dalla ricerca di un ottimo assoluto, come potrebbe risultare evidente dall’esame dello stato attuale dei confini amministrativi, spesso fortemente conflittuali con gli sviluppi insediativi e la morfologia territoriale. La questione non è certo nuova e riguarda la diversità tra aspetti amministrativi e realtà territoriale, di cui un esempio sotto gli occhi di tutti, ma spesso ignorato, riguarda la pratica del governo del territorio. Per operare in termini realistici e non conflittuali si deve giungere a accordi, utilizzando strumenti opportuni come conferenze di servizio o accordi di programma. L’aspetto importante per ottenere risultati operativi consiste nell’individuazione di situazioni equilibrate e di interessi comuni. Similmente, la questione della certificazione del censimento non consiste in una sua immissione brutale in un sistema informativo, quanto nella necessità di ricostruire una fase progettuale legata a definizioni istituzionali e culturali (o scientifiche, se si preferisce) per giungere a accordi operativi. La perimetrazione di aree o l’identificazione di architetture e di complessi urbani da volorizzare tramite vincoli, norme e progetti non è definibile con criteri fisici di misura se non dopo avere raggiunto un accordo sull’oggetto, cioè sulla “grandezza” da conservare e tutelare. Questo spiega le difficoltà di costruire a posteriori una classe di oggetti, quando, nonostante il nome simile, ciascuno risponde a punti di vista diversi: nella maggior parte dei casi la diversità non si spiega con l’invocazione di errori di misura. I limiti del censimento di beni architettonici e ambientali trova una soluzione esaustiva nel momento in cui o si giunge al censimento completo di tutti i beni oppure si accetta di seguire una strada diversa di sintesi tramite il censimento dei beni urbanistici e territoriali. Figura 4: La struttura gerarchica delle schede urbanistico-territoriali messe a punto dall’Iccd. La loro applicazione permetterebbe di raccordare le suddivisioni amministrative e i le sezioni di censimento con la perimetrazione di ambiti territoriali omogenei. Le diverse schede corrispondono a un quadro di unione di suddivisione sistematica del territorio comunale Il progetto del sistema informativo per i beni culturali deve affrontare tre tematiche progettuali. La prima tematica riguarda la costruzione di un sistema unitario di georeferenze, il cui dettaglio può variare in funzione delle necessità, mantenendo però l’unità dei riferimenti geometrici. Ne consegue la necessità di operare agendo con realismo all’interno dello stato attuale della “cartografia”, cioè a partire dalle fonti esistenti. Analoghi punti di vista furono espressi negli anni settanta nei progetti di catasto integrato polivalente . L’importanza di quelle esperienze consiste nel riferire un insieme di informazioni alla particella catastale, che può essere vista come principio di georeferenza di informazioni utili non solo per il regime di proprietà, ma anche per molte altre analisi territoriali. La particella catastale diviene l’identificativo territoriale, che permette l’accesso a informazioni eterogenee (dalla proprietà, alla superficie, dalla destinazione d’uso attuale a quella futura, dal valore al sottosuolo e altro). Alla stessa stregua potrebbe funzionare la sezione di censimento o, meglio ancora, sarebbe da trovare una corrispondenza biunivoca tra particelle e sezioni. La seconda tematica progettuale fa riferimento alla possibilità di utilizzare reti esistenti per distribuire informazioni di qualsiasi natura, alfanumerica, geometrica e iconografica, associando sia basi di dati distribuite geograficamente, sia diversi livelli di accesso con grande flessibilità di interrogazioni. Il riferimento è la realtà attuale e funzionante di Internet o di Intranet, ove esistono siti che funzionano come accessi a altri siti tramite parole calde. Se con il primo riferimento si suggerisce di agganciare al censimento altre informazioni e di passare in questo modo all’ampliamento delle informazioni e al loro continuo aggiornamento, con il secondo si delinea come debba funzionare il censimento, tramite non solo la definizione di tracciati e di normative, vocabolari e dizionari, ma anche la costruzione di un sistema distribuito geograficamente, cioè che non risiede fisicamente in un unico ufficio, ma che è interrelato e che si gestisce tramite un’amministrazione unitaria. Il censimento assume la funzione di spina dorsale dell’amministratore centrale nell’architettura di rete. Nello stesso tempo, rispetto agli utenti il censimento ha funzione di indice di ricerca e permette l’accesso alle informazioni tramite sistemi aperti (tipo Internet) e chiusi (tipo Intranet) secondo della riservatezza necessaria. Tutto questo presuppone l’omogeneità delle azioni per ottenere nei fatti un sistema valido a livello nazionale (esempio della cartografia) La terza tematica progettuale implica la fattibilità, intesa come risorse umane, risorse economiche e risorse informative. Le risorse umane richiedono addestramento e specializzazione, ma anche necessitano di strumenti utili nello svolgimento delle loro attività. Le risorse economiche richiedono uno studio dettagliato del progetto al fine di calibrare finanziamenti, implementazione e priorità; inoltre, si possono combinare prescrizioni tramite capitolati e finanziamenti agli enti locali, che accettano tali normative, possibilmente promuovendo implementazioni graduali, basate su priorità. Per le risorse informative è condizione necessaria l’adeguamento a norme di qualità dei dati, pena l’inutilità di qualsiasi investimento. Questo richiede la verifica dei dati esistenti e la loro trasformazione prima di qualsiasi immissione nel sistema. In realtà, il passo iniziale consiste, dunque, proprio nella qualità del progetto e nella sua traduzione in capitolati dettagliati e praticabili. L’analisi dei dati e la loro certificazione sono essenziali quanto gli aspetti informatici e le relative modalità di memorizzazione e di gestione. Come da una parte si riconosce che il patrimonio urbanistico territoriale, il patrimonio architettonico e ambientale assieme a quelli storici e culturali richiedono una progettazione complessiva e unitaria per la realizzazione di un sistema informativo, così dall’altra parte si deve riconoscere l’importanza basilare che il progetto del sistema permetta la connessione reciproca dei beni non solo per la loro natura (oggetti che sono contenitori e opere dello stesso autore o con caratteristiche simili), ma anche per la loro ubicazione territoriale originaria e attuale (oggetti prodotti in un’area, oggetti conservati in una raccolta, musei di una regione). 3. L’informazione e la cartografia ambientale nella pianificazione Dalla legislazione e dall’organigramma regionale si traggono indicazioni sulle modalità operative e sulle relazioni tra settori e tra enti. Risulta chiaramente espresso l’impegno alla progettazione e realizzazione di sistemi informativi tramite dichiarazioni e impegni di spesa, ma altrettanto chiaramente si percepisce l’esistenza di centri per la produzione di informazioni intersettoriali. Dalla normale prassi amministrativa, mentre si richiedono dati per alimentare i processi operativi, si producono aggiornamenti e si arricchisce l’informazione di nuovi dati, si prende coscienza anche dei nodi da risolvere per raggiungere gli obiettivi strategici espressi nelle dichiarazioni programmatiche. Per delineare meglio la fase di progettazione concettuale della cartografia ambientale (o meglio del sistema informativo ambientale) è necessario, quindi, affrontare un ulteriore passo e cioè l’analisi dell’informazione ambientale nei processi di pianificazione, con particolare riferimento alle possibili relazioni tra pianificazione locale, pianificazione provinciale e pianificazione regionale, sempre ricordando quanto si dovrebbero legare reciprocamente. I piani in esame sono il Piano territoriale paesistico regionale e il Piano territoriale di coordinamento provinciale e il piano di bacino in corso di redazione dall’Autorità di bacino del fiume Po. Con i tre livelli di piano si illustrano le problematiche di controllo ambientale per aree vaste e la necessità di coerenza e sinergia. La pianificazione e la programmazione non sono processi estranei alla gestione: questo principio era stato affermato dal Ministero dell’Ambiente con sequenze di piani triennali “scorrevoli” ed è stato nuovamente affermato dalla cosiddetta Merloni ter che integra la legge per le opere pubbliche, la cui programmazione triennale deve essere predisposta come un processo in continuo avanzamento nel tempo. Il fatto che la pianificazione e la programmazione costituiscano le fasi logiche di una strategia della Pubblica Amministrazione, dovrebbe ritrovarsi esplicitato negli scambi di relazioni e di informazioni tra le Direzioni Generali “Urbanistica” e “Opere Pubbliche” o le diverse aree (Istituzionale, Sociale, Economica e Territoriale). In questo senso non esisterà un prodotto informativo di “base”, definito sommando i desideri di tutti, ma esisteranno i singoli archivi, opportunamente strutturati, da cui si potranno selezionare le “coperture” necessarie per fornire la base conoscitiva di un settore. La condizione necessaria è la conservazione del principio di coerenza tra gli archivi e l’eliminazione di asimmetrie incongruenti, tali da impedire l’identificazione univoca di un oggetto nei diversi livelli di dettaglio. L’elaborazione di piani costituisce la fase essenziale di guida della programmazione a breve e medio termine, come espressa per esempio nel concetto di “programma triennale scorrevole”. Ma se questo è vero, ne consegue che l’attività di pianificazione non solo non dovrebbe costituire un momento eccezionale legato al consenso politico, ma anche che in tale processo si debba trovare implicita la coerenza tra i diversi livelli di governo territoriale. Lo stesso contenuto dei siti Web dei tre enti di governo territoriale mostra, invece grosse differenze concettuali, in quanto solo il sito dell’Autorità di bacino del fiume Po pone l’attenzione sulla pianificazione, sui documenti ufficiali prodotti e sulle problematiche dell’informazione, spiegando con precisione metodologie applicate, limiti del prodotto ottenuto e sua significatività. A questo proposito è opportuno notare la discrepanza tra potenzialità delle tecnologie applicate alla cartografia e al telerilevamento e condizioni reali di utilizzazione di questi strumenti nelle cartografia di piano, spesso usate in modo simbolico o solo come appoggio di normative, raramente come fonti di analisi territoriale. 3.1. Il Piano Territoriale Paesistico Regionale Il livello informativo del Piano Territoriale Paesistico Regionale può essere sufficientemente definito in prima approssimazione dal dettaglio della cartografia allegata a supporto : le analisi delle trasformazioni sono state condotte sulla base della cartografia IGM, cioè delle tavolette 1:25.000 e sulla CTR 1:10.000, mentre il piano, a parte alcuni stralci esemplificativi, è basato su due tipi di allegati cartografici, di cui il primo a due colori sulle trasformazioni territoriali è una riduzione della CTR, e il secondo è invece una rappresentazione in scala 1:300.000, ma con un contenuto fortemente simbolico. Si osserva nel corso del piano lo sforzo di individuare i criteri di definizione o di formazione dei valori paesistici. In particolare, nell’abaco delle principali informazioni paesistico – ambientali sono citati i NOP “nuclei operativi provinciali” operanti in diversi settori: geologia, agricoltura, fauna, elementi storico artistici, vegetazione, previsioni urbanistiche, vincoli vigenti, grandi progetti. Se ne deduce, al di là che debba essere esistita o che debba esistere non solo una relazione con l’azione provinciale, ma anche una relazione di flussi informativi tra diversi uffici e livelli di governo così come enunciato nella parte istituzionale, ma soprattutto l’importanza che il dato sia unico e certo e che l’aggregazione di dati permetta di elaborare gli opportuni livelli di dettaglio. Per esempio, sia la strada individuata per la sua valenza di itinerario o di paesaggio deve trovare una sua identità nell’Archivio nazionale delle strade costruito omogeneamente e in modo coordinato dai diversi enti competenti, sia il centro storico di un comune deve avere le stesse perimetrazioni e gli stessi valori alle diverse scale di analisi e di vincolo. La questione che con il Ptpr si pone all’attenzione riguarda un aspetto di fondo essenziale e cioè che il processo stesso di formazione del piano deriva dall’insieme di atti compiuti all’interno delle attività ordinarie. Le azioni dei NOP non sono azioni isolate, ma richiedono il coordinamento orizzontale e verticale. Per coordinamento orizzontale si intende che tutti i NOP all’interno di ogni settore di analisi devono utilizzare gli stessi parametri di lettura. Ma questo non è sufficiente, poiché occorre ancora che tra i diversi settori si usino criteri comparabili. La comparabilità tra settori così disomogenei come “geologia, agricoltura, fauna, elementi storici e artistici, vegetazione, previsioni urbanistiche, vincoli vigenti, grandi progetti” non può che dipendere da una strategia forte dell’ente di governo coordinata con tutti gli altri Enti Territoriali. Pertanto, per quanto riguarda il coordinamento orizzontale si richiede in altre parole che tutte le province accolgano criteri omogenei di analisi e di intervento. Con questo si apre chiaramente il discorso del coordinamento verticale, poiché ovviamente risulta fondamentale che i criteri di analisi utilizzati a livello provinciale corrispondano non solo tra loro, ma anche a quanto adottato dalla Regione e dai Comuni. Per esemplificare se un piano regolatore generale identifica un centro storico, quest’identificazione, al di là dei dettagli e delle scale di rappresentazione, deve comparire anche a livello di identificazione provinciale e regionale. A ben guardare si comprende che l’approccio alle questioni informative del Ptpr comporta un ulteriore passo avanti. Infatti, il Ptpr raccoglie dati e informazioni provenienti dai livelli provinciali (NOP) e li combina con altri, che sono prodotti da altri uffici regionali, quali la cartografia, i paesaggi in relazione alle attività legate a agricoltura boschi e foreste, la presenza di beni ambientali e beni architettonici, la viabilità di rilevanza paesistica e quella panoramica. La cartografia ambientale è, dunque, il prodotto ottenuto per sintesi da informazioni esterne, in gran parte che dovrebbero essere contenute già in altri uffici regionali. Il valore aggiunto delle informazioni dovrebbe consistere non nelle modalità di raccolta, ma nelle metodologie di elaborazione dei dati utilizzate per individuare gli elementi territoriali rilevanti a livello di pianificazione regionale. Il piano è composto dai seguenti elaborati: Quadro provinciale dei riferimenti conoscitivi, Volume 1: Relazione generale, Allegato 1 La pianificazione paesistica della Regione Lombardia, prima fase 1985-1990, Allegato 2 La carta delle trasformazioni, Allegato 3 Documentazione di riferimento; Volume 2: I Paesaggi della Lombardia (L'immagine della Lombardia; Repertori); Volume 3: Analisi delle trasformazioni recenti; Volume 4: Cartografia di piano (scala 1:300.000; tematismi: ambiti geografici e unità tipologiche di paesaggio; elementi identificativi e percorsi panoramici; istituzioni per la tutela della natura; quadro di riferimento degli indirizzi di tutela e operatività immediata; viabilità di rilevanza paesistica); Volume 5: Abaco delle principali informazioni di carattere paesistico ambientale articolato per comuni (parte I: Appartenenza ad ambiti di rilevanza regionale; parte II: Presenza di elementi connotativi rilevanti); Volume 6: Norme di attuazione Indirizzi di tutela; Volume 7: Piani di sistema (parte I: infrastrutture a rete; parte II: Tracciati base paesistici) 3.2. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale Se il Piano territoriale paesistico regionale si fonda sul primo impianto di piano regionale promosso con la collaborazione delle Province, il Piano Territoriale di Coordinamento segna una seconda fase legata alle possibilità offerte dalla L n. 142 del 1990, nonostante siano mancate le indicazioni regionali per l’attuazione della legge . Quasi contemporaneamente, dunque, all’elaborazione del Piano Territoriale Paesistico Regionale era stata avviata la redazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale; in ogni caso è un’importante occasione per analizzare il contenuto informativo dei piani, per quanto sarebbe del tutto improprio in questa sede discutere circa i contenuti politici dei piani o i conflitti tra livelli di governo territoriale. In questa sede si vuole limitare l’attenzione sulla verifica di un’ipotesi secondo cui buona parte dei conflitti nascano da diverse definizioni e conseguentemente da diversi contenuti informativi. Nel caso del Ptc il supporto cartografico è ancora quello offerto dalla CTR, ridotta alla scala 1:40.000, mentre nessun riferimento ha potuto essere fatto alla cartografia locale, nonostante la ricchezza informativa, probabilmente proprio a causa della disomogeneità. In dettaglio l’apparato cartografico è articolato nei seguenti tematismi: 1. Sistema ambientale. Acque superficiali e sotterranee, metrica e simbolica su un impianto cartografico in scala 1:80.000 2. Sistema ambientale. Reti ecologiche, simbolica su un impianto cartografico in scala 1:75.000; 3. Sistema ambientale. Carta degli usi del suolo e delle unità ecosistemiche, scala 1:40.000 4. Sistema ambientale. Classificazione del suolo, scala 1:40.000 5. Vincoli di legge e beni di valore storico architettonico, scala 1:40.000 6. Sistema infrastrutturale, sistema insediativo e confini amministrativi, scala 1:40.000 7. Aree dismesse: valutazione di idoneità comparata per diversi tipi di riuso, scala 1:40.000. Appare evidente, nonostante la somiglianza “istituzionale” dei due piani, la diversità di contenuto, un aspetto che si era già presentato nel precedente sforzo di applicazione della legge Galasso, quando la regione Lombardia aveva cercato di ottenere un piano dalle indicazioni delle Province, ma senza avere promosso preventivamente un coordinamento approfondito sui contenuti. Le esperienze dei NOP provinciali avevano proprio dimostrato la difficoltà di integrazione delle informazioni. In questo caso sono soprattutto la cartografia provinciale sulle reti ecologiche e il quarto volume regionale sulla cartografia di piano a risultare disomogenei, dimostrando una netta divaricazione di pianificazione, i cui primi segnali erano proprio nella diversità informativa. 3.3. Il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali sui corsi d'acqua principali del bacino idrografico del fiume Po L’Autorità di Bacino del fiume Po si presenta come un livello superiore di governo territoriale, in quanto interessa sei Regioni e una Provincia autonoma. In risposta alla missione istituzionale di predisposizione di un piano territoriale ha finora approvato il Piano Stralcio PS 45 dedicato al ripristino dell’assetto idraulico e all’eliminazione delle situazioni di dissesto idrogeologico, a cui è seguito il Piano stralcio delle fasce fluviali, mentre è ancora in corso la redazione del Progetto di piano stralcio per la difesa idrogeologica e della rete idrografica. Tra le altre attività ha collaborato con il Ministero dei beni Culturali e Ambientali per predisporre direttive di valorizzazione del patrimonio (1993), proseguite con approfondimenti tematici. Nella relazione al Piano stralcio delle fasce fluviali se ne descrivono gli scopi. Il piano “è strumento per la delimitazione della regione fluviale, funzionale a consentire, attraverso la programmazione di azioni (opere, vincoli, direttive), il conseguimento di un assetto fisico del corso d'acqua compatibile con la sicurezza idraulica, l'uso della risorsa idrica, l'uso del suolo (a fini insediativi, agricoli e industriali) e la salvaguardia delle componenti naturali e ambientali.” Figura 5: Nello schema di sintesi della cartografia utilizzata per la redazione del piano di bacino sono messi in evidenza gli aspetti problematici derivati dall’eterogeneità delle informazioni cartografiche e le necessità operative di ordinare in ogni caso una base unitaria di riferimento Inoltre, nella relazione si mettono in evidenza le relazioni sia istituzionali con la “Tutela paesistica e ambientale” e la “Pianificazione territoriale”, sia operative con i riferimenti allo “Stato della pianificazione ambientale e paesistica inerente le fasce fluviali” . In particolare, è opportuno riportare un altro passo della relazione dove si sottolineano le interazioni dei livelli di pianificazione: “La pianificazione territoriale e paesistica regionale e provinciale ruota intorno ai meccanismi delle leggi 431/85, 394/91, 142/90. In ognuno di questi strumenti sono presenti elementi di integrazione e correlazione tra pianificazione territoriale e paesistico-ambientale. La L n. 431 del 1985, per esempio, equipara i piani paesistici ai piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, demandandone la redazione alle Regioni al fine di sottoporre a specifica normativa d'uso e valorizzazione ambientale il territorio di competenza (art. 1-bis). La legge quadro sulle aree protette (L n. 394 del 1991) riconosce al piano del parco il valore di piano paesistico e di piano urbanistico. La legge di riforma delle autonomie locali (L n. 142 del 1990), infine, demanda alle Province la redazione del piano territoriale di coordinamento, con particolare riferimento alla materia economica, ambientale e urbanistica.” Figura 6: Con maggior dettaglio l’esame dello schema di sintesi della cartografia 1:250.000 illustra tutto il processo seguito per la predisposizione del quadro di insieme. Ogni livello cartografico ha richiesto specifiche elaborazioni Anche in questo caso, risulta interessante analizzare i settori informativi di intersezione con gli altri livelli di piano, utilizzando gli aspetti specifici del confronto in modo da affrontare una metodologia generale. Le competenze istituzionali, le finalità operative e l’estensione territoriale rendono particolarmente significative le esperienze relative alla cartografia di base e alle modalità di realizzazione di un sistema informativo geografico per zone e elementi di interesse paesistico ambientale soggetti a tutela. Figura 7: Sintesi delle tecniche di acquisizione e trattamento dei dati Per quanto riguarda il primo aspetto l’Autorità di bacino ha scelto due scale (1:250.000 e 1:25.000), mentre la scala intermedia (1:50.000) ha dovuto essere scartata per la mancanza di una copertura omogenea del bacino e in quanto la riduzione dalla scala 1:10.000 avrebbe comportato scadimenti qualitativi inaccettabili. Inoltre, l’Autorità di bacino ha avviato un’esperienza di Gis per le zone e per gli elementi di interesse paesistico ambientale soggetti a tutela e ha individuato “nelle basi censuarie dell’Istat la fonte di acquisizione e di manutenzione dei temi relativi ai diversi livelli di delimitazione amministrativa” . In conclusione, a causa della disomogeneità delle informazioni geografiche l’esperienza dell’Autorità di bacino ha dimostrato i passaggi necessari per costruire una “cartografia di base unitaria” e la relativa perdita di qualità. Per rimediare a questi costi generali non si vede altra strada che ripercorrere un processo di unificazione e standardizzazione dei processi di produzione di informazioni tramite capitolati e finanziamenti consistenti, allo scopo di operare con modelli geometrici coerenti a qualsiasi a scala. Inoltre, la scelta di ricorrere ai confini amministrativi e alle sezioni di censimenti indica un'altra modalità a basso costo per costruire georeferenze significative e in continuo aggiornamento. L’utilità di disporre di una suddivisione sistematica con confini stabili rimanda a sua volta all’importanza che avrebbe l’adozione sistematica dei quadri di unione previsti dall’Iccd a proposito dei beni urbanistici e territoriali. In questo modo tutto il territorio italiano potrebbe essere suddiviso con confini amministrativi, urbanistico-ambientali e statistici congruenti e stabili. 4. Le caratteristiche del progetto concettuale di un sistema informativo ambientale per la Pubblica Amministrazione La cartografia ambientale o, come si è detto, il sistema informativo ambientale potrebbe essere visto come lo sviluppo di un sistema informativo “privato” o “individuale”. Tuttavia, questa visione progettuale potrebbe comportare molti rischi se non fosse sostenuta e inquadrata in una visione strategica mirata alla costruzione di un sistema informativo “ufficiale” o “pubblico”. Questi elementi ripresi dalla letteratura sui sistemi informativi aziendali sono del tutto pertinenti alla progettazione anche in ambito della pubblica amministrazione, fatti salvi due principi fondamentali. Il primo principio riguarda la necessità che il sistema informativo della Pubblica Amministrazione sia un sistema informativo aperto e capace di collegare tutti i livelli di governo. Il secondo principio riguarda la necessità della Pubblica Amministrazione di riferire geograficamente i suoi dati, in quanto istituzionalmente preposta proprio al governo territoriale (Figura 8). Figura 8: Il progetto concettuale della cartografia ambientale o del sistema informativo ambientale nasce dalla conoscenza dei gruppi di utenti e delle normative che disciplinano le deleghe. Poiché lo stesso oggetto territoriale può essere di competenza di più enti, il progetto di sistema informativo deve essere comune e, quindi, deve risultare dalla collaborazione e cooperazione 4.1. La progettazione concettuale del sistema informativo ambientale regionale Il progetto concettuale di un sistema informativo toccherà i seguenti punti: 1. la certificazione della qualità dei dati e la distribuzione delle informazioni. 2. Il livello necessario di georeferenza con lo studio del livello di dettaglio idoneo alle diverse decisioni e del tipo di programmi Gis (sistemi informativi geografici); 3. il supporto alle pratiche degli uffici; 4. il supporto alle decisioni. La fase iniziale della progettazione consiste nell’analisi dei gruppi di utenti e delle normative che regolano competenze e procedure. Poiché lo scopo del sistema informativo riguarda il controllo ambientale attuato da diversi enti, è evidentemente necessario sia uniformare la loro azione, sia permettere gli opportuni scambi di informazioni. In effetti, vi sono due ordini di problemi, che derivano dalla complessità amministrativa e da quella ambientale. Per quanto riguarda la prima, è noto che si opera su realtà amministrative consolidate con notevoli complessità di procedure e con una continua esigenza e produzione di informazioni, per la seconda bisogna ricordare che l’ambiente è composto da un insieme intricato e sfumato di sottoinsiemi che interagiscono, la cui conoscenza teorica e disciplinare è per molti versi in corso di definizione e di approfondimento o non universalmente accettata. A questi si unisce un terzo ordine di problemi che deriva dalle priorità attribuite alla costruzione di una base di dati comuni. Quest’ultimo ordine di problemi ha in un certo senso un’analogia con quanto fu discusso nel mondo cartografico a proposito della cartografia di base e della cartografia tematica. In particolare, a proposito della cartografia di base, si ricorda il dibattito teorico e poi le discussioni presso le Regioni in cui, mentre si richiedeva la definizione di un livello informativo comune per tutti, ci si trovava in difficoltà nel fare accettare tale “base” come “base comune unitaria”. I due aspetti non sono uguali e comportano due momenti separati di discussione tra più livelli di governo: nella prima si ampliano gli strati informativi considerati indispensabili secondo una pluralità di decisori e questo influisce su tempi e costi; nella seconda si avvia una diaspora, che vede separarsi i progetti, in funzione di definizioni locali di “cartografia di base”. Un simile dibattito con la maturazione di soluzioni disomogenee è stato vissuto nella produzione cartografica regionale italiana. La stessa predisposizione delle normative risente non solo di queste problematiche, ma anche di livelli di “compromesso politico”, che hanno invaso la stessa fase definitoria delle grandezze da analizzare e la definizione delle misure. Figura 9: I bisogni informativi non sono definiti in astratto, ma in funzione delle procedure reali, nello stesso tempo devono rispondere a esigenze di univocità e di correttezza disciplinare. In funzione dei livelli di governo si definiscono le scale di dettaglio e le unità di misura per descrivere dove, come e quando intervenire La costruzione di una base dati è, dunque, uno dei punti critici da superare tramite una fase progettuale molto articolata e dettagliata con cui si definiscono i dati e tutte le procedure di produzione della conoscenza (cfr. Figura 9). Alla definizione dei bisogni informativi seguirà una fase interdisciplinare su quali grandezze misurare, in modo da raccordare le procedure amministrative alla produzione delle informazioni necessarie a supportare il processo decisionale. Risulta chiaro che nel processo di discretizzazione dell’ambiente e nella definizione di priorità operative emergerà un fabbisogno molto eterogeneo di dati e di dettaglio, ma questo non dovrebbe preoccupare, quanto misurare le analisi con l’economia di produzione della conoscenza: pochi dati, ma significativi. In un certo senso si ripercorre il lungo processo intellettuale che ha portato alla cartografia moderna e lo si trasferisce nei sistemi informativi, recuperando i concetti di dettaglio e precisione, di significatività, di certificazione e di collaudo. Ne risulta che lo scopo principale non consiste nel disporre di una rappresentazione esatta della realtà, che potrebbe essere una delle false interpretazioni di cartografia di base o di basi di dati generali per i sistemi informativi, quanto di disporre di un modello operativo utile per trasformare la realtà. Figura 10: Vi sono molti modi di misurare un oggetto, ma non tutti sono significativi. Per risolvere ogni questione controversa, è necessario che tutti gli utenti scelgano le stesse modalità di definizione dell’oggetto, le stesse unità di misura e che si accordino sulla precisione necessaria per le singole scale In questo senso esiste uno stretto legame a livello sia di sviluppo nel tempo del sistema dalla fase iniziale d’implementazione a quella continuativa di aggiornamento, sia di accordo sulle definizioni operative e legenda delle rappresentazioni geografiche, sia tra gli strati informativi e le basi di dati distribuite e gestite da uffici e enti diversi (cfr. Figura 10). La possibilità di elaborare i dati in senso statistico e modellistico comporta difficoltà soprattutto quando si è in presenza di un sistema composto da un insieme eterogeneo di utenti, in cui ciascuno seleziona le grandezze da misurare, utilizza unità arbitrarie, dove magari l’arbitrarietà consiste in modalità di taratura delle apparecchiature o in particolari medie delle misure, e di archivi (basi di dati) realizzati in assenza di direttive e sulla base di esigenze individuali o locali (cfr. Figura 11). Figura 11: La stessa legenda esprime una conoscenza operativa; la legenda è legata alle coperture e alle soglie significative di lettura dei fenomeni ambientali e territoriali. Le interrogazioni ricorrenti, le ricerche non prevedibili e le elaborazioni statistiche o modellistiche rispondono alle esigenze dei processi decisionali La fattibilità nasce dal realismo e dalla correttezza scientifica dell’impostazione a partire dalle necessità operative e da questo dipende il dettaglio informativo, che, tra l’altro, incide proprio per il suo contenuto economico sulla stessa fattibilità. Molto probabilmente sarebbe utile predisporre un’azione combinata di capitolati e di finanziamenti parziali al fine di uniformare e stimolare i vari uffici e enti a scegliere modelli e procedure omogenee. Nello stesso tempo si suggerisce di promuovere analisi sulle informazioni preesistenti, affinché sia possibile valutare la possibilità e le modalità di un loro recupero (cfr. Figura 12). Il recupero delle fonti esistenti costituisce senz’altro un passaggio molto delicato. Probabilmente è importante sapere chi ha prodotto informazioni, la qualità intrinseca dell’archivio e le modalità di accesso; inoltre, è importante capire se si tratta di dati prodotti in continuità o ottenuti da inchieste specifiche o sperimentali, ma non continuative. Tuttavia, sarà altrettanto probabile che il costo di recupero delle informazioni storiche allo stato attuale sia tale da non giustificare alcuna priorità in questo senso, mentre la priorità dovrà essere messa nel normare la produzione futura di dati secondo una coerenza generale di sistema informativo. In questo senso non si trova alcuna giustificazione teorica e pratica a eventuali conflitti tra centro e periferia sull’identificazione di criteri omogenei di produzione di dati. Figura 12: L’analisi del fabbisogno informativo e la scelta degli ambienti operativi ed elaborativi servono per dimensionare l’architettura hardware, software e di rete. Le strategie aziendali unitamente a quelle informatiche, la velocità di acquisizione di dati e le priorità operative determinano sia l’entità degli investimenti, sia la loro gradualità nel tempo. Tuttavia, si osserva come nel progetto concettuale confluiscano valutazioni realistiche sullo stato operativo degli enti, in base alle quali si stabiliscono i criteri dell’implementazione Il progetto di sistema informativo geografico, o georefenziato se si preferisce, secondo quanto finora descritto non corrisponde affatto a un particolare programma installato su un calcolatore, ma è, prima di tutto, un modello mentale di organizzazione dei dati e del lavoro della Pubblica Amministrazione. Si tratta di modello mentale elaborato in base a conoscenze operative e che serve sia per aspetti di determinazione quantitativa, sia per strutturare l’organizzazione operativa, sia per sostenere la definizione delle strategie, delle tattiche attuative fino alle operazioni più strutturate appartenenti alle attività continue dell’Amministrazione. Nella progettazione di un sistema informativo vi sono due assiomi, banali, ma essenziali e ineludibili. Con il primo assioma si afferma che un sistema informativo, progettato per un utente e utilizzato da un solo utente, non è un sistema informativo. Quest'affermazione esprime la convinzione che il sistema debba rispondere, prima di tutto, alla logica di gestione e di distribuzione delle informazioni tra più utenti e non al loro ordinamento ad uso e consumo di un singolo. Questo non significa impedire lo sviluppo di sistemi informativi privati, quanto di promuove con priorità lo sviluppo di un sistema informativo pubblico e georeferenziato. Con il secondo assioma si afferma che il sistema informativo è parte essenziale e integrante dell’organizzazione del lavoro. Una finalità primaria del progetto consiste nel realizzare supporti e aiuti ai processi produttivi nella Pubblica Amministrazione e nelle aziende private. La conseguenza dei due assiomi di socializzazione delle informazioni si combina con i criteri di scelta dei dati e di strutturazione degli archivi in funzione dei processi produttivi. 4.2. La visione strategica e l’interdisciplinarietà nella formulazione dei principi progettuali In base a queste osservazioni si possono indicare alcuni principi progettuali e alcune raccomandazioni operative al fine di impostare le fasi della progettazione concettuale di un sistema informativo ambientale regionale. A queste fasi seguiranno altre fasi essenziali per portare a buon fine gli obiettivi di disporre di informazioni ambientali: si tratta non solo della definizione dei programmi di elaborazione e delle macchine da utilizzare, ma anche delle elaborazioni possibili sia come recupero di informazioni (data retrieval) e di analisi dei dati (data analysis) e poi anche i criteri di rappresentazione e di modellistica . Tali principi e raccomandazioni operative non sono tutto sommato novità, in quanto in parte si rifanno ai principi della teoria generale dei sistemi e in parte agli studi sui sistemi informativi aziendali. L’aspetto innovativo consiste semmai nell’inquadrare i sistemi informativi geografici all’interno di un progetto ufficiale di sistema informativo aziendale e georeferenziato. È per questa convinzione che si afferma che il progetto ufficiale deve rispondere al concetto di utilità del sistema informativo, all’individuazione corretta dei gruppi di lavoro per la progettazione del sistema, all’implementazione contestuale dei meccanismi di aggiornamento e certificazione dei dati, all’integrabilità tra fonti eterogenee, tramite la normalizzazione delle basi di dati, alla definizione di capitolati e incentivi finanziari per orientare gli enti verso unna strategia unitaria fino a giungere, infine, a raggiungere obiettivi di coordinamento tra gli Enti Locali, le Regioni e lo Stato. 4.2.1. L’utilità del sistema informativo e della cartografia In primo luogo si deve progettare un oggetto basato sul principio dell’utilità del sistema informativo: deve essere condiviso, cioè rivolto a più utenti, poiché se avesse un solo utente non sarebbe un sistema informativo; deve contenere un sistema di guida “orientata” alle informazioni, cioè deve indirizzare verso dove sono raccolte quelle informazioni utili a un dato specialista; deve supportare il processo decisionale: il sistema informativo deve rispondere ai compiti istituzionali dell’ente e dell’ufficio e deve essere mantenuto aggiornato; deve essere economico e la sua implementazione deve agevolare i compiti degli uffici, sia per quanto riguarda la scelta dei dati, sia la sua organizzazione e utilizzazione tramite ricerche guidate oppure tramite la possibilità di facile uso per fare ricerche non strutturate. In questo modo si afferma che il sistema deve rispondere a principi di efficacia e di efficienza. 4.2.2. La cooperazione tra gruppi di lavoro e le viste del sistema informativo In secondo luogo, alla progettazione deve partecipare un gruppo rappresentante sia dei bisogni degli uffici, sia degli aspetti disciplinari coinvolti. A tal fine è necessario che la progettazione e la gestione del sistema trovino concordi più operatori o, in altri termini, che si formino, più o meno spontaneamente, almeno tre gruppi: un primo gruppo per analizzare i diversi punti di vista dell’insieme degli utenti, il fabbisogno informativo, le procedure amministrative e le modalità operative; un secondo gruppo per garantire il rapporto tra specialisti, studiosi dello stesso oggetto per le definizioni delle grandezze e delle misure che lo descrivono; un terzo gruppo per garantire il rapporto tra specialisti e informatici per la progettazione della struttura della base dati. La definizione dei punti di vista dei singoli utenti comporta l’articolazione del progetto architetturale in modo da rispondere a un ragionevole rapporto tra prezzo e prestazioni nella strumentazione hardware e software in modo da rispondere alle esigenze del principio generale di efficienza del sistema. L’obiettivo della cooperazione è la coerenza interna e esterna del sistema, come può apparire chiaramente riprendendo gli esempi delle strade e dei beni architettonici e ambientali. Nell’esempio delle strade e del traffico si mostra la necessità di una strategia informativa che scaturisce da problemi ambientali, igienici e di rischio. Infatti, in questo caso ci si trova di fronte al problema di inquinamento (aria e rumore) con implicazioni sulla salute, per il quale si può pensare anche a un monitoraggio, ma la cui risoluzione dipende da un sistema lontano. L’azione di controllo e tutela ambientale si esercita con il controllo del traffico, con la costruzione di infrastrutture per il trasporto pubblico e privato e con particolari tipi di gestione dei diversi sistemi. Tuttavia, il sistema informativo deve integrare dati e informazioni o, in altri termini, la struttura dei dati deve essere pensata rispetto alle azioni di governo possibili. Negli studi regionali sulle applicazioni modellistiche e di sistemi informativi geografici si citano come base informativi i posti offerti dal trasporto pubblico e i biglietti venduti, ma questo dato, mancando il tasso di occupazione e quindi non essendo significativo dei rapporti tra domanda e offerta, non permette di valutare l’utilità dell’attuale offerta. Per quanto riguarda i beni architettonici, ci si accorge poi che la delimitazione di centro storici (in termini di storia dell’architettura), di centro abitato (ai sensi del Codice della strada), di zona A (ai sensi del DM del 1 aprile 1968) sono simili, ma non equivalenti. Sempre negli studi citati e sviluppati all’interno della Regione Lombardia si presentano altri criteri per la delimitazione dee centri abitati (ai sensi del Codice della strada). È chiaro che la perimetrazione di un’area comprende anche aspetti qualitativi e discrezionali: ma a questo punto si hanno una miriade di oggetti con normativi differente e spesso conflittuali, non confrontabili, ma con effetti territoriali tutt’altro che prevedibili. Anche in questo senso l’applicazione di delimitazioni d’area deve rispondere non a principi astratti e complessi, quanto a ragioni oggettive di gestione e amministrazione del territorio. A tutte le scale, le perimetrazioni di ambiti territoriali devono coincidere. In questo senso, il sistema informativo deve garantire la possibilità di integrazione tra diverse basi di dati, secondo il principio delle analisi incrociate, evitando non solo ridondanze di dati, ma anche situazioni di squilibrio con componenti sofisticati affiancati, per esempio, da situazioni deboli per informazioni non certificate o non significative o con dettaglio diverso. Questo potrebbe accadere, per esempio, quando per rappresentare un’area vasta per carenze cartografiche si operasse, affiancando fogli a grande scala e fogli a piccola scala a seconda della disponibilità: il risultato sarebbe comunque pericolosamente squilibrato, oltre che inutilmente costoso. Tuttavia, questi obiettivi saranno perseguibili solo se si indurrà una situazione di equilibrio dinamico tra sistema centrale e utenti: se da una parte il sistema centrale eroga servizi informativi, questi devono rispondere alle esigenze delle competenze e delle procedure degli utenti, così come dall’altra parte tutti i componenti che accedono al sistema devono partecipare allo stesso modello concettuale. Il sistema informativo ufficiale assieme ai sistemi informativi individuali devono rispondere al principio di coerenza interna, cioè tra i diversi componenti portando al massimo le sinergie, e al principio di coerenza esterna, ai fini dei rapporti con gli altri Enti. Il sistema informativo nella Pubblica Amministrazione è principalmente un sistema aperto e pertanto oltre alla coerenza è essenziale che risponda anche al principio di efficacia, cioè che il prodotto del sistema deve rispondere al meglio e con la minor fatica (o costo generale) alle aspettative dei suoi utenti. 4.2.3. La vitalità del sistema informativo tra aggiornamento e diffusione In terzo luogo, il prodotto realizzato deve garantire la vitalità del sistema. Questa è realizzabile solo se: le diversità tra i software, funzionali a compiti diversi, non devono comportare scelte di struttura delle basi dati vincolanti: dunque, è necessario potere effettuare transazioni con sistemi diversi, esportare e importare dati, senza perdere informazioni e quindi aggiornare da più fonti; l’esistenza di basi di dati distribuite non deve in alcun modo giustificare dati non certificati, ma, inoltre, richiede l’esplicitazione di criteri controllo per la loro sicurezza e integrità; il lavoro ordinario della Pubblica Amministrazione deve costruire l’aggiornamento continuo del sistema, poiché questo significa abbassare il costo dei dati e, nello stesso tempo, mantenere vivo e sempre aggiornato il sistema. L’amministratore centrale dei dati fornisce il sistema informativo pubblico. I singoli settori possono sviluppare sistemi informativi individuali, che possono fornire aggiornamenti solo attraverso procedure di certificazione dei dati. L’implementazione del sistema informativo e della cartografia si basa sia sulla disponibilità di risorse economiche e risorse umane, sia sulla predisposizione di idonee capitolati generali, con cui si stabiliscono le linee guida operative. Queste linee guida precedono un progetto preliminare e ne guidano la correttezza dell’impostazione, in quanto contengono, a nostro parere, le norme per la sua redazione e per la successiva impostazione del progetto fino al suo naturale completamento, che è rappresentato dal capitolato. Il capitolato dovrà contenere non solo le prescrizioni dell’architettura hardware e software, ma anche gli elementi di garanzia, di manutenzione e di aggiornabilità: in questo senso il progetto dovrà mantenere le caratteristiche interdisciplinari dell’impostazione. Ai principi generali seguono anche delle condizioni operative specifiche per la questione della cartografia ambientale regionale. I punti da trattare sono il concetto di sistema dei dati; la coerenza tra sistema di dati e di informazione e struttura del processo decisionale, i rapporti tra settori di uno stesso ente di governo territoriale e quelli tra diversi enti di governo territoriale. Il sistema dei dati secondo quanto finora descritto deve essere comprensivo di definizione delle grandezze, scelta delle unità di misura, criteri di raccolta e criteri di archiviazione, criteri di restituzione, oltre agli aspetti di certificazione, collaudo e di aggiornamento. La coerenza tra sistema dei dati e di informazioni e strategia del processo decisionale vuole significare la necessità che il processo di gestione amministrativa non può essere disgiunto dal processo di pianificazione. Il piano scaturisce dalla conoscenza derivata dal processo ordinario di gestione della Pubblica Amministrazione e serve per organizzare il lavoro accordando su obiettivi ragionevoli operatori pubblici, operatori privati e cittadini. I rapporti tra settori e tra livelli di governo territoriale implica rendere pubblica una strategia comune, da mettere in discussione fino a giungere tempestivamente alla sua adozione. Essa definisce lo stato di diritto entro cui muovere le trasformazioni territoriali e pone vincoli reciproci tra autonomie locali e strategie centrali. 4.2.4. Per un progetto unitario e nazionale di sistema informativo e di cartografia Un ultimo discorso riguarda il concetto primitivo di cartografia di base. Allo stato attuale delle cose si ritiene doveroso richiamare l’attenzione sulle metodiche operative dei singoli settori. La cartografia di base, o per traslato il sistema informativo ambientale di base, non può essere definita come quell’insieme di informazioni di cui tutti vorrebbero disporre e che, stanti i limiti derivanti dal costo dei dati e dalla loro riservatezza, si ritiene comunque utile avere. Il problema deve essere posto in un’altra prospettiva. Per primo si afferma la necessità di divulgazione dei dati, in quanto prodotti dalla Pubblica Amministrazione con risorse pubbliche essi costituiscono una ricchezza pubblica. Successivamente sarà all’interno di ogni disciplina (o in termini di Pubblica Amministrazione di settore operativo, in accordo con le conoscenze scientifiche) che si definisce la grandezza e la misura. In fine ciascuno si potrà comporre la base informativa necessaria prelevando da ciascun sistema, purché qualcun altro abbia stabilito modalità di archiviazione, processi di estrazione e di generalizzazione, capisaldi e quant’altro serva per appoggiare (per permettere di certificare e di collaudare) le misure. Infine, per concludere con un’osservazione disciplinare si rimarca come molti dati territoriali riguardino specificamente l’urbanistica, cui spesso e purtroppo non sono state date metodiche “scientifiche” nella definizione delle grandezze e delle misure. È indiscutibile che quanto detto debba valere anche e specialmente per la pianificazione ambientale e per l’urbanistica, le definizioni di base e i concetti operativi si devono consolidare nell’uso diffuso secondo modalità omogenee con risultati comparabili. 5. Fonti 5.1. Libri Alberti, M., Bagini, L., Marescotti, L. e Puppo, M., 1995, I sistemi informativi ambientali per l’urbanistica, Il Rostro, Milano Bellini, A. Canevari, A., Marescotti L. (a cura di Giambruno M. C., Mascione, M.), 1995, Territorio, beni culturali, piano. Un esperimento in Lombardia, Alinea, Firenze Berrini, M., Campeol A., Felloni F., Magoni M., (a cura di), 1993, Aspetti ecologici nella pianificazione del territorio, Grafo, Brescia Betrò, V., 1992, Normativa in materia di tutela ambientale, Provincia di Milano, Milano Betrò, V., 1994, Normativa per la tutela di parchi, riserve e foreste, Provincia di Milano, Milano Camussone, P. F., 1998, Il sistema informativo aziendale, ETASLIBRI, Milano Canevari, A., Marescotti, L. (a cura di), 1985, La cartografia per l'urbanistica e l'architettura, Clup, Milano Capria, A.(a cura di), 1997, Annuario dell’Ambiente, Lombardia 1997 Milano Cometti, E., Ratti, L., 1997, Gis e modelli per i trasporti e la mobilità in Regione Lombardia, Mondogis, anno II, n. 7, novembre, pp. 17/20 Curti, V. M., Marescotti, L., Mussone, L., 1999, Pianificazione gestione del traffico urbano, Il Rostro, Milano Mauceri, V., Pasqualini Salsa, C., 1997, Tutela dell’ambiente, Maggioli Editore, Rimini Mazzarelli, M., 1996, Codice di urbanistica e tutela del territorio - Lombardia, Pirola Editore, Milano Ministero dell’Ambiente, 1992, Relazione sullo stato dell’ambiente, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma Ministero dell’Ambiente, 1997, Relazione sullo stato dell’ambiente, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma Postiglione, A. (a cura di), 1996, Codice dell’ambiente, Maggioli Editore, Rimini 5.2. Siti Internet Autorità di bacino del fiume Po, (in aggiornamento continuo): http://www.adbpo.it Provincia di Milano, (in aggiornamento continuo): http://www.provincia.milano.it Regione Lombardia, (in aggiornamento continuo): http://www.regione.lombardia.it 5.3. Piani e documenti di enti di governo territoriale Autorità di bacino del fiume Po, 1996, Piano Stralcio delle Fasce Fluviali sui corsi d'acqua principali del bacino idrografico del fiume Po, Parma (in: http://www.adbpo.it) Autorità di bacino del fiume Po, 1998, La cartografia di base per la redazione del Piano di bacino del fiume Po, Parma (in: http://www.adbpo.it) Autorità di bacino del fiume Po, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Istituto centrale per il catalogo e la Documentazione, 1998, Censimento, conservazione e valorizzazione dei beni culturali lungo l’asta del Po, (rapporto) gennaio, Parma Provincia di Milano, Centro Studi Pim, 1998, Piano provinciale della viabilità. Bozza per la verifica e la discussione con i Comuni, Provincia di Milano, Milano, maggio Provincia di Milano, 1998, Piano territoriale di coordinamento, Provincia di Milano, Milano, dicembre Regione Lombardia, 1998, Piano territoriale paesistico regionale, Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n.20, edizione speciale del 21 maggio 1998, anno XXVIII, n.120 bis, Milano"
Table of Contents
Edition Notes
Ricerca pubblicata a cura di Francesco Sartori.
CONVENZIONE tra UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA e FONDAZIONE LOMBARDIA PER L’AMBIENTE: “Per una cartografia tematica lombarda. Metodologie di raccolta, elaborazione e rappresentazione di dati ambientali territoriali” 1997-1999.
The Physical Object
ID Numbers
First Sentence
"La progettazione concettuale di un sistema informativo per la gestione e tutela dell’ambiente (Luca Marescotti*, Marta Puppo**) Sintesi: la cartografia ambientale come prodotto di un sistema informativo pubblico L’inquadramento della progettazione di cartografia ambientale deve necessariamente riferirsi contemporaneamente ai sistemi informativi aziendali e ai sistemi informativi geografici. Questo è imposto da diverse considerazioni, quali: le necessità di azioni tempestive e coerenti da parte degli organi di governo; la delicatezza e la centralità della questione ambientale rispetto alla salute e alla limitatezza di risorse e all’esigenza di supporti concreti alle decisioni; e per ultimo, ma non certo come fattori marginali, gli sviluppi tecnologici dell’informatica. Le finalità di tutela dell’ambiente, viste nell’ambito delle competenze regionali e della legislazione e nei rapporti tra aspetti nazionali, deleghe e coerenze tra livelli di governo, comportano la costruzione di un sistema informativo utile a fornire supporti operativi per azioni di pianificazione territoriale, programmazione economica e gestione delle pratiche amministrative. La progettazione del sistema informativo deve essere interamente integrata con la scelta dei dati utili a questi scopi (la missione ufficiale dell’Ente) e con un’idonea struttura della base di dati. In altre parole, poiché non solo la tutela dell’ambiente nasce da esigenze non eludibili, né riducibili a meri aspetti formali, ma anche tutte le attività della Pubbliche Amministrazioni comportano modificazioni territoriali con conseguenze ambientali più o meno dirette, il sistema informativo assume una funzione fondamentale e primaria di supporto allo svolgimento delle attività istituzionali. In questo senso il sistema informativo deve essere “ufficiale” o “pubblico” nel significato che a questi termini si dà nel contesto dei sistemi informativi aziendali. La realizzazione del sistema informativo, dunque, deve essere sottoposta a un’attenta progettazione riguardante in parallelo il supporto informativo e l’architettura informatica hardware (macchine e connessioni), software (programmi e ambienti operativi) e rete di comunicazioni (quantità e tipologia delle transazioni). La progettazione si deve sviluppare gradualmente in modo da delineare concettualmente il problema, per poi darne una definizione quantitativa e, infine, entrare nel merito dell’attuazione e implementazione. Il punto critico da tempo non è più rappresentato da hardware o software, per quanto gli sviluppi tecnologici pongano continuamente l’attenzione verso aspetti strategici di compatibilità, trasferibilità e accessibilità ; in realtà nell’impostazione la questione critica e cruciale è rappresentata dai dati. Infatti, è proprio nella finalizzazione della conoscenza che si gioca il successo del progetto, poiché la raccolta e la gestione delle informazioni di tipo ambientale in un contesto non solo informatico, ma soprattutto di sistema informativo georeferenziato, dovranno essere predisposte in funzione della combinazione di due elementi fondamentali e reciprocamente interrelati: le modalità di conoscere il “mondo” e le competenze istituzionali. Il primo versante richiede la “correttezza” delle informazioni: tramite valutazioni disciplinari si garantisce la bontà del dato, lo si certifica quantitativamente e qualitativamente come significativo e aggiornabile, lo si archivia, in modo da garantirne l’aggiornamento e l’integrità. Il secondo versante è composto dalle competenze regionali, con particolare riferimento a quelle della Regione Lombardia in campo ambientale. Le competenze, inquadrate nell’ambito della legislazione comunitaria e nazionale, definiscono, di fatto, gli scopi e gli utenti del sistema. A tal fine si ritiene necessario avviare anche una fase di analisi delle competenze regionali e di quelle degli altri enti che operano a livello regionale in termini sia istituzionali e legislativi, sia di organizzazione per l’implementazione delle politiche territoriali da parte di servizi e settori. L’importanza dell’integrazione dei due versanti è dimostrata anche dal fatto che la gestione e la tutela dell’ambiente richiedono di monitorare lo stato territoriale, di intraprendere azioni integrate e di valutarne gli effetti tramite la lettura delle stesse attività di monitoraggio: tutto questo processo di “controllo – azione – retroazione – controllo” senz’altro coinvolge competenze disciplinari prima che burocratiche. Sullo stesso “sistema ambientale” (come si può vedere dalle deleghe per il controllo ambientale, tra cui aria, acqua, suolo, agricoltura, energia, flora, fauna e altro ancora) i diversi livelli di governo possono studiare e attuare politiche. Ne consegue, di necessità, l’analisi dei flussi informativi e decisionali, che permettono o dovrebbero permettere una gestione integrata dell’ambiente, in modo da evidenziare le possibili transazioni e arrivare alla loro quantificazione informatica. Purtroppo, si pone una questione di metodo circa l’opportunità di seguire un approccio teso all’analisi della domanda di informazione connessa alle attività dell’Ente oppure di farsi spingere dalle potenzialità delle innovazioni tecnologiche. Molto probabilmente non esiste una risposta univoca, ma molto dipende dalla maturità dell’Ente e dalla sua storia, oltre che dalle capacità degli amministratori e dei funzionari. Dunque, l’analisi della legislazione e della normativa, delle competenze e delle attività intraprese è in questa sede solo una prima esplorazione volta a circoscrivere il tema al fine di delinearne la fattibilità. Per tutti questi motivi sarà essenziale e vitale trovare un equilibrio tra affermazione delle autonomie locali e necessità di coerenza tra strategie nazionali, regionali e locali, al fine di valutare il recupero delle basi di dati esistenti e delle azioni finora intraprese per realizzare obiettivi di questo genere. Gli esempi del programma SINA e del progetto ANPA – ARPA mostrano con tutta evidenza che il conflitto tra poteri risulta dominante rispetto alla ricerca di sinergie. Le esperienze del passato e quelle in corso mostrano ancora lo stretto legame tra realismo del progetto, fattibilità e tempestività dell’implementazione, dove la debolezza di uno di questi elementi può provocare il fallimento indipendentemente dalle risorse investite. Queste ipotesi di lavoro sono state approfondite analizzando in primo luogo circoscrivendo l’ambito attuale degli interessi allo schema di progettazione concettuale di sistema informativo ambientale. Sulla base di questo interesse sono state condotti due livelli di studio, di cui il primo è stato dedicato alle competenze istituzionali e alla normative al fine di delineare il complesso intreccio di funzioni tra uffici, settori e livelli di governo e il secondo alla questione della coerenza interna e esterna delle informazioni rispetto all’organigramma della Regione Lombardia (primo capitolo: Le informazioni ambientali nel contesto legislativo e normativo regionale). La questione delle informazioni nelle analisi territoriali è stata trattata esaminando due aspetti specifici o settoriali, quali l’anagrafe delle strade e la suddivisione sistematica del territorio con il censimento dei beni territoriali, urbanistici, architettonici e ambientali (secondo capitolo: L’informazione e la cartografia ambientale nell’analisi territoriale). In seguito tramite l’analisi di documenti di pianificazione redatti a diversi livelli di governo si è voluto ritornare alla questione delle coerenze interne e esterne dei dati (terzo capitolo: L’informazione e la cartografia ambientale nella pianificazione). Sulla base di quanto esposto si è giunti a sviluppare il tema della cartografia ambientale come parte di una visione strategica dello sviluppo di un sistema informativo per la Pubblica Amministrazione, seguendo i principi consolidati nelle esperienze aziendali (quarto capitolo: Le caratteristiche del progetto concettuale di un sistema informativo per la Pubblica Amministrazione). Nelle conclusioni si è cercato di giungere a tesi operative indicando l’importanza di approcci interdisciplinari e l’adozione di strategie operative espresse come raccomandazioni e principi progettuali (capitolo 4: Conclusioni: visione strategica, interdisciplinarietà e raccomandazioni operative). 1. Le informazioni ambientali nel contesto legislativo e normativo regionale In tema di legislazione sulla tutela ambientale, vi sono numerose pubblicazioni, tese a illustrare i contenuti o a indirizzare le interpretazioni e le relazioni tra i livelli istituzionali, mentre assai poco è stato dedicato allo scopo di dimostrare come il progetto concettuale di un sistema informativo trovi proprio in questi testi, tramite la definizione degli obiettivi e il disegno delle competenze, le linee guida essenziali. La questione ambientale si è posta tutto sommato solo recentemente, non tanto perché oggi sia più grave la situazione, quanto perché è cresciuta la sensibilità verso i temi ambientali e perché la velocità della crescita demografica mondiale si è combinata con la velocità delle trasformazioni e con il carico crescente dell’impatto antropico dovuto al modello di sviluppo. La combinazione di questi fattori impone secondo autorevoli pareri maggior tempestività nelle azioni di controllo, mentre altri, apparentemente con altrettanta autorità, sostengono ancora la capacità del pianeta di assorbire il carico antropico o, comunque, la scarsa incidenza dell’impatto umano rispetto a catastrofi e eventi naturali. Tuttavia, questa esigenza non trova risposte univoche nelle metodologie di analisi, nella definizione degli obiettivi, delle politiche e delle strategie e le conseguenti difficoltà interpretative della questione ambientale, causate anche dalle divergenze politiche, richiedono di conseguenza azioni di controllo e monitoraggi molto di più che in altri settori più consolidati . Questi ultimi aspetti di controllo e monitoraggio, ben presenti e formalizzati nella produzione industriale, purtroppo non costituiscono ancora la prassi nelle procedure dei lavori pubblici e dell’urbanistica: la difficoltà della materia e la carenza di esperienze comportano difficoltà concettuali prima ancora che operative nelle valutazioni ex-ante e ex-post. Alla base di questi criteri di valutazione sta non solo un approccio critico e continuamente riflessivo, capace di mettere sempre in discussione le scelte senza negare i principi di pianificazione e di programmazione, ma anche la formazione di conoscenze operative costruite tramite l’organizzazione di dati e informazioni elementari. La necessità di applicare alla questione ambientale metodologie di valutazione, con l’analisi del rapporto tra costo e prestazioni, tra costi e benefici, oltre che tra efficacia e effetti delle politiche intraprese da enti sovranazionali, nazionali e locali diviene un altro elemento a favore della visione del sistema informativo ambientale come parte di un sistema informativo georeferenziato ufficiale. Quest’ultima significa in altre parole l’organizzazione di sistemi informativi ambientali georeferenziati, basati su un’architettura hardware e software, che comprende sistemi informativi geografici, automazione d’ufficio e gestione di basi di dati distribuiti geograficamente. In questa architettura l’aspetto più appariscente è senz’altro la rappresentazione geografica, che per comodità si può chiamare cartografia. In ogni caso si pone l’attenzione sull’importanza di desumere dagli studi di cartografia e di sistemi informativi aziendali gli aspetti teorici e applicativi. La cartografia si lega tramite l’informatica ai sistemi informativi, ma è ancora la cartografia a fornire i termini, apparentemente convenzionali, con cui analizzare e redigere i progetti. Le necessità operative e il costo dei dati propongono di sciogliere il dibattito sulla cartografia di base, come passo iniziale, in quanto proprio le esperienze maturate dal processo di informatizzazione della cartografia indirizzano verso il superamento del concetto di cartografia di base a favore delle regole di certificazione dei dati e della capacità continua di selezionare o incrociare coperture. Inoltre, si presenta un altro ordine del problema a proposito dei dati, dovuto alla contrapposizione tra divulgazione e riservatezza: una questione che riguarda l’etica dell’informazione prodotta dalla Pubblica Amministrazione. La riservatezza dei dati, troppo spesso contrapposta alla loro divulgazione, rappresenta un nodo tipicamente italiano e europeo della Pubblica Amministrazione. Una simile visione rischia di nuocere fortemente alla formazione di strategie informative unitarie, nonostante che la pluralità di enti pubblici e di soggetti privati classificabili come “operatori territoriali” trarrebbe dalla messa in comune di dati e informazioni territoriali (spaziali) un beneficio economico, oltre che scientifico e operativo, in quanto dalla standardizzazione di fatto dei formati e delle basi di dati comuni si otterrebbe coerenza e sinergia. 1.1. Gli aspetti istituzionali e le competenze regionali per la tutela ambientale La questione ambientale presenta alcuni elementi di grande interesse nello studio e nella progettazione di sistemi informativi georeferenziati, in quanto non conosce confini amministrativi per definizione e di conseguenza richiede strategie unitarie. Questo si riflette nell’esigenza di una coerenza legislativa tra gli enti di governo e nella realizzazione di flussi informativi coerenti e costanti. Dal punto di vista legislativo il controllo ambientale vi sono molte leggi a livello comunitario, nazionale e regionale. I richiami di diritto ambientale sono finalizzati all’individuazione delle norme che regolano le competenze per gli interventi sul territorio e le modalità di controllo delle azioni con deleghe e definizione dei processi decisionali. La costruzione di schemi organizzativi ai diversi livelli e per le discipline coinvolte, supportati dalle indicazioni normative, sono finalizzati al chiarimento delle competenze regionali. L’inquadramento comunitario permette di indagare il livello regionale senza perdere di vista il fenomeno del rafforzamento regionale a livello europeo. Senza ignorare l’importanza del ruolo delle nazioni, infatti, il problema ambientale è sempre più spostato su un livello che permette la collaborazione tra regioni confinanti, anche appartenenti a stati diversi. Questi aspetti sono finalizzati anche alla normalizzazione delle operazioni per collazionare dati e informazioni e di quelle per monitorare. La raccolta di informazioni gestibili unitariamente è essenziale nella realizzazione di cartografia ambientale in aggiornamento continuo, il che corrisponde niente meno che ad operare nell’ambito di un sistema informativo ambientale. Tra gli obiettivi dell’Unione Europea è inserito anche quello di protezione dell’ambiente. Dal 1973 al 1992, per quanto riguarda la politica ambientale, sono stati elaborati cinque Programmi di Azione in materia ambientale. Per quanto riguarda l’ambiente urbano, il rumore e le zone costiere la Comunità Europea aveva indirizzato le proprie indicazioni direttamente alle autorità regionali e locali, in quanto tali settori sono considerati trasversali. Le direttive ed i regolamenti emanati dall’UE hanno lo stesso grado come fonti di diritto delle leggi ordinarie dello Stato, i regolamenti esplicano effetti immediati e contemporanei nei confronti dei soggetti giuridici che appartengono agli Stati membri dell’Unione, mentre le direttive devono essere adottate dai singoli Stati. La legislazione italiana, salvo esplicite abrogazioni, ha la prerogativa di crescita con il mantenimento di tutto l’insieme di norme e leggi succedutesi dall’Unità in poi. Anche nello specifico delle normative ambientali il corpo legislativo è frutto del coacervo di interventi settoriali, emanati per singoli problemi e susseguitisi in modo frammentario, senza una visione d’insieme. L’analisi cerca di evidenziare i legami tra le norme, al fine di costruire uno schema dei flussi informativi e decisionali e di ricostruire una visione integrata dell’ambiente. Con il DPR n. 616 del 24 luglio 1977 si attribuivano funzioni amministrative specifiche alle Regioni, alle Province, ai Comuni ed alle Comunità Montane, in particolare si è posto in carico alle Regioni la materia riguardante la “disciplina dell’uso del territorio, comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo, nonché di protezione dell’ambiente”. La formulazione adottata sembrerebbe comportare un legame stretto tra ambiente e urbanistica, legame peraltro estremamente ragionevole. Nella L n. 431 del 1985, oltre a definire vincoli territoriali automatici, quali le aree di rispetto dei corsi d’acqua e il divieto edificatorio al di sopra di una certa altitudine (1800 m/slm), furono istituiti i Piani paesistici regionali, affidandone conseguentemente la competenza alle Regioni, affido che, peraltro che fu oggetto di pesanti controversie giuridiche. Il Ministero dell’Ambiente si articola in quattro servizi: il servizio ARS per la tutela delle acque, la disciplina dei rifiuti ed il risanamento del suolo, il servizio CN per la conservazione della natura, il servizio VIA per la valutazione dell’impatto ambientale, per l’informazione ai cittadini e per la relazione sullo stato dell’ambiente, il servizio SIAR per l’inquinamento atmosferico, acustico e per le industrie a rischio ed il nucleo operativo ecologico dei carabinieri. All’interno del Ministero è, inoltre, istituito un comitato tecnico - scientifico (Comitato Scientifico). Presso il Ministero dell’Ambiente è istituito il Consiglio nazionale dell’ambiente, organo a prevalente composizione regionale con compiti consultivi e propulsivi. Nel Consiglio partecipano anche rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni. La L n. 183 del 1989 stabilì le norme di acquisizione dei dati concernenti l’attività conoscitiva del territorio nazionale attraverso un unico sistema informativo, in cui si dovevano integrare dati di rilevamento e di sorveglianza per mezzo di una rete nazionale. Al fine di raccogliere e trattare i dati ambientali a livello nazionale fu avviato con la L 305 del 1989 il programma SINA - Servizio informativo nazionale sull’ambiente e con la L n. 61 del 1994 fu istituita l’ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente), che appartiene al sistema statistico nazionale, per provvedere alle seguenti attività: a) raccolta sistematica, anche informatizzata, e l’integrale pubblicazione di tutti i dati sulla situazione ambientale, anche attraverso la realizzazione del sistema informativo e di monitoraggio ambientale in accordo con i Servizi tecnici nazionali; b) elaborazione di dati e di informazioni di interesse ambientale, diffusione dei dati sullo stato dell’ambiente, oltre all’elaborazione, alla verifica e alla promozione di programmi per la divulgazione e per la formazione in materia ambientale; c) formulazione alle autorità amministrative di proposte e pareri su: limiti di accettabilità delle sostanze inquinanti; standard di qualità dell’aria, di risorse idriche e del suolo; smaltimento dei rifiuti; metodologie per il rilevamento dello stato dell’ambiente e per il controllo dei fenomeni di inquinamento; d) cooperazione con l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA, European Environment Agency) e con l’Istituto statistico delle Comunità Europee (Eurostat) e altri; e) indirizzo e coordinamento tecnico nei confronti delle Agenzie regionali e provinciali (anche quelle autonome) per la protezione dell’ambiente (ARPA); f) consulenza e supporto tecnico - scientifico del Ministero dell’Ambiente e di altre amministrazioni ed enti pubblici. Infine, è opportuno ricordare e collegare altre due leggi: la prima è la L n. 142 del 1990 con cui si riformò la disciplina delle autonomie locali, istituendo la possibilità di formalizzare un livello nuovo di governo territoriale, la cosiddetta Area Metropolitana , ma anche promuovendo la libertà di accesso alle informazioni della Pubblica Amministrazione da parte dei cittadini; la seconda è la L n. 255 del 1992 con cui è stato istituito il Servizio nazionale della protezione civile, che si avvale del Dipartimento della protezione civile, presso il quale sono istituiti, quali organi centrali, la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi ed il Comitato operativo della protezione civile. In particolare si sottolinea che con questa seconda legge (L 225 del 1997) si costituisce, presso il dipartimento di protezione civile, un sistema informatizzato per la raccolta e gestione dei dati. I programmi nazionali di previsione e prevenzione, distinti per tipologia di rischio, che riguardano l’intero territorio nazionale o specifiche zone, definiscono: le procedure e le metodologie di indagine necessarie per l’individuazione e la caratterizzazione dei rischi sul territorio nazionale, per la determinazione della vulnerabilità del territorio in relazione alle varie ipotesi di rischio e per l’eventuale individuazione di aree a rischio più elevato; gli scenari previsionali delle calamità naturali; le tipologie, le priorità e la gradualità temporali di attuazione degli interventi. All’articolo 6 comma 1 della L 255 del 1992 si legge “all’attuazione delle attività di protezione civile provvedono, secondo i rispettivi ordinamenti e le rispettive competenze, le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni e le comunità montane (...)”. In base al DPR n. 616 del 1977 alle Regioni furono trasferite, come già visto, tra le altre, le funzioni amministrative dello Stato e degli Enti pubblici nella materia “urbanistica”, tali funzioni comprendono “la disciplina dell’uso del territorio (...) nonché di protezione dell’ambiente”. Nell’ambito delle autonomie regionali il problema ambientale è affrontato in modo diverso e dal confronto con le diverse esperienze si potrebbe ricostruire uno schema normativo trasversale, tuttavia in questa sede si fa notare come solo nei primi cinque anni (1977-1982) furono approvate 212 leggi regionali relative alla tutela ambientale e 92 per parchi e riserve naturali, rappresentanti nell’insieme circa il 7% della produzione legislativa regionale complessiva. Le attività regionali coinvolgono in termini di deleghe delle competenze, di controllo e di coerenza tutti gli altri livelli di governo territoriale, per i quali sarebbe ovvio generare di conseguenza e di necessità flussi informativi e rapporti istituzionali. Molte sono le strutture che si occupano di ambiente a livello regionale, oltre alla Regione Lombardia: le Province, i Comuni, le Comunità Montane, le aziende di pubblici servizi oltre che aziende municipali e operatori privati. La Regione Lombardia ha prevalentemente compiti di natura indiretta (pianificazione, programmazione ed incentivazione) nei confronti degli altri enti e sono soprattutto i comuni a svolgere il ruolo più diretto di coordinamento ed erogazione di servizi ambientali. La legislazione della Regione Lombardia in campo ambientale è analizzata prendendo in esame le singole discipline coinvolte, nel tentativo di ricostruire uno schema normativo integrato e il flusso di informazioni scambiate tra gli enti. In particolare, si tratterebbe di raccordare tramite funzioni di normalizzazione dei dati, di procedure di scambio di informazioni e di supporti alle strutture deboli sia i settori regionali nelle loro azioni di governo territoriale, sia le Province e i Comuni. La breve rassegna evidenzia due ordini di attenzioni: in primo luogo la funzione principale dell’informazione; in secondo luogo la ripartizione delle competenze come struttura di coerenza in rapporto alla capacità di dettaglio, più che come autonomia decisionale. Questi aspetti emergeranno con maggior risalto nella successiva esposizione di quanto riguarda sia lo specifico dell’informazione, sia i temi particolari quali: acqua, aria, boschi e foreste. Naturalmente non sono solo questi gli elementi che rendono complessa la questione ambientale e la progettazione di un sistema informativo georeferenziato, poiché a questi si aggiunge l’impossibilità di mantenere una sincronia, quanto meno, nell’essenza dei provvedimenti, proprio a causa delle diversità con cui le singole istituzioni si sono mosse. Con i temi relativi alla gestione delle informazioni, all’acqua e ai boschi e foreste si illustra l’azione dell’Unione Europea e quella regionale, in modo da fare emergere l’importanza di una strategia nella produzione e elaborazione di informazioni. L’esempio del caso di sistema informativo dell’aria serve per attirare l’attenzione sulla divergenza tra metodologie di analisi e metodologie di supporto alle decisioni. 1.1.1. La gestione delle informazioni Per la gestione delle informazioni la Comunità Europea ha emanato la direttiva n. 313 del 1990, con cui sancisce la libertà di accesso all’informazione in materia ambientale e ne regolano modi e tempi tramite l’istituzione dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) e due progetti per la costruzione di: Rete europea di informazione e osservazione in materia ambientale; NETT, Network for Environmental Technology Transfer, per favorire gli scambi di informazione tra aziende e istituzioni su tecnologie pulite. Nel 1984 la Comunità Europea ha avviato il programma CORINE - Co-ordination of the Information on the Environment al fine di raccogliere informazioni sullo stato dell’ambiente, coordinare le iniziative degli stati membri per migliorare le informazioni e assicurare la coerenza delle nomenclature e definizioni per creare le condizioni necessarie per assicurare la compatibilità dei dati. Il programma si caratterizza nei seguenti settori: dati geografici di base; natura; territorio; atmosfera; acque. La Regione Lombardia, che ha aderito, nell’ambito del programma CORINE, al progetto CORINE - Land Cover per la realizzazione di un sistema comune per la nomenclatura dell’uso del suolo. Il progetto ha riguardato la lettura di dati territoriali via satellite restituiti in formato vettoriale in scala 1:100.000, relativi all’uso del suolo nel 1995. A livello Europeo le basi di dati variano dalla scala 1:6.000.000 per la carta dei confini amministrativi della UE a quelle in scala 1:100.000 e 1:250.000 per l’uso del suolo, l’erosione costiera e i siti di importanza ecologica. Inoltre è stato avviato il progetto CT50 per la realizzazione della carta tecnica a scala 1:50.000 finalizzata alla lettura unificata dei territori regionali. Negli ultimi anni sono stati avviati alcuni progetti interessanti da parte di regioni, province o comuni, per l’integrazione delle banche dei dati territoriali. Un esempio è dato dall’esperienza della Regione Liguria che ha avviato, nel 1996 il progetto Liguria Regione integrata, con la finalità di realizzare una stretta collaborazione con le Province, i Comuni e tutti gli enti operanti sul territorio, per il censimento e l’armonizzazione delle banche dati esistenti e per la costruzione di una banca di dati coordinata a livello regionale, di servizio a tutti gli enti interessati. Tra lo Stato e la Regione Lombardia, in attuazione delle leggi L 67 del 1988 e L 305 del 1989, sono stati stipulati accordi per la realizzazione di dieci fogli per alcune aree pedemontane e montane in qualità di campione della nuova carta geologica d’Italia alla scala 1:50.000, con un finanziamento di circa 10 miliardi (50% contributo statale e 50% contributo regionale). Con la legge regionale LR 29/79 sono stabilite le norme per la realizzazione di un sistema di informazioni territoriali e della cartografia regionale. Il sistema previsto deve essere realizzato in collaborazione con gli enti locali, per la realizzazione della carta tecnica 1:10.000, un insieme organico di carte tematiche in scala 1:10.000 e 1:50.000 e un sistema di elaborazione, gestione e aggiornamento delle informazioni territoriali. La giunta regionale provvede ad approvare un capitolato - tipo, fornendo simbologie unificate e norme d’inquadramento per le carte tecniche e tematiche delle varie scale, norme e criteri unificati per l’acquisizione e l’elaborazione di informazioni territoriali e determina norme e criteri, cui devono attenersi gli enti locali e gli altri soggetti interessati per le iniziative di propria competenza ai fini delle esigenze di estensione, coordinamento e unificazione del sistema di informazioni territoriali. Secondo questi obiettivi il progetto di sistema informativo regionale comprende: processi gestionali e operativi dei servizi e degli uffici dipendenti dal consiglio e dalla giunta regionali; processi gestionali e operativi delle unità socio-sanitarie locali; attività di programmazione. Il Programma regionale di sviluppo e i piani di settore definiscono le linee per l’attuazione del sistema informativo regionale e le caratteristiche del progetto relativo alla sua realizzazione. Nel quadro degli obiettivi del sistema informativo regionale, la Regione Lombardia, al fine di favorire lo scambio di informazione tra i diversi livelli amministrativi, promuove le attività delle unità socio sanitarie locali, degli enti autonomi territoriali e degli altri enti locali dirette alla raccolta, all’organizzazione ed al trattamento dei dati ed alla loro gestione informatizzata. A tal fine possono essere forniti programmi, formazione ed assistenza specializzata, oltre ad assegnare eventuali contributi. Le carte tematiche previste dalla LR 29 del 1979 sono state redatte in scala 1:50.000 in 40 fogli e riguardano: uso e copertura del suolo, uso e copertura del suolo a orientamento urbanistico, uso e copertura del suolo a orientamento agricolo-forestale e carta della morfologia. Inoltre, si ricorda che la Regione Lombardia sperimentò su un campione di 50 comuni un prototipo di sistema informativo urbanistico (Sistema informativo dei piani urbanistici regionali - SIPUR), come componente del SIT. Con delibera n.6/14313 del 14/6/96 la Regione Lombardia istituì il Sistema informativo regionale dei beni ambientali per la definizione del quale il Servizio beni ambientali (Settore urbanistica e territorio) ha redatto un prototipo relativo alla zona perilacuale del lago d’Iseo. Le informazioni contenute nel prototipo sono relative a: i beni vincolati dalla L n. 1089 del 1939, il sistema dei vincoli di tutela del paesaggio in base alla L n. 1497 del 1939, quelli in base alla L n. 431 del 1985 (legge Galasso). In quest’ultimo caso erano, però, escluse le aree individuate come zone “A” e “B”, gli ambiti di immodificabilità temporanea ai sensi dell’art. 1-ter della legge Galasso e gli ambiti assoggettati a vincolo idrogeologico ai sensi del RDL n. 3267 del 1923. Il sistema utilizza le stesse basi cartografiche di quello regionale ed il medesimo software. Al fine di agevolare la realizzazione di cartografia a livello comunale sono stati previsti finanziamenti per la redazione della cartografia di base e per fornire criteri unificati e capitolati tipo (in ottemperanza alla L n. 29 del 1979). La Regione Lombardia promuove, inoltre, la realizzazione di una rete telematica tra i comuni lombardi, per erogare ai cittadini nuovi servizi “on line”. Lo strumento per la realizzazione di questo obiettivo è il Piano regionale di attivazione dei sistemi informativi comunali, che prevede il cofinanziamento di progetti di informatizzazione presentati da Comuni, Comunità Montane, Unioni di Comuni, o altre aggregazioni comunali . La Regione Lombardia ha promosso ed ha ora in corso di realizzazione, le carte geoambientali per favorire la pianificazione dei territori delle Comunità Montane (oneri ripartiti in 40% alla Regione Lombardia, 40% alle Province interessate e 20% alle Comunità Montane), in scala 1:10.000 le carte contengono i seguenti temi: litologia, geomorfologia, uso del suolo a orientamento vegetazionale, idrologia con indicazioni inerenti permeabilità, capacità d’uso del suolo, attitudini all’uso produttivo del suolo, dissesto idrogeologico e pericolosità, degrado ambientale, rilevanze naturalistiche e paesaggistiche, unità geoambientali. Con delibera n.5811 del 1985 la Regione ha finanziato la redazione delle carte pedologiche, con la partecipazione dell’ERSAL, per la conoscenza del territorio agrario di pianura in scala 1:50.000. Con delibera n. 17004 del 1986 è stata finanziata la realizzazione della carta della localizzazione probabile delle valanghe, con la partecipazione del Corpo forestale dello stato e del servizio valanghe con sede a Bormio. Le carte sono in scala 1:25.000 per l’intero territorio regionale. Il Servizio geologico della Regione, con il CNR e l’Università degli Studi di Milano, ha pubblicato la nuova carta geologica in scala 1:250.000 nel 1990 e ha avviato la redazione di dieci fogli della nuova carta geologica d’Italia alla scala 1:50.000, utilizzando come base la CTR. Al fine di realizzare una rete di servizi applicativi per il supporto delle attività di gestione, controllo e pianificazione dell’ambiente la Regione Lombardia e la Regione Emilia Romagna hanno avviato il già citato progetto NEBULA. Per lo sviluppo del servizio si fa riferimento alla raccolta di dati e alla metodologia di stima di CORINAIR 1990 . Il progetto europeo CORINAIR si propone di costituire un permanente controllo della situazione ambientale europea. Gli utilizzatori del sistema dovranno essere gli operatori territoriali che hanno responsabilità in merito al governo dell’ambiente (staff tecnici dei Servizi regionali, centri tecnici provinciali, PMIP, Agenzie per l’ambiente, Autorità di bacino, ANPA, Ministero per l’Ambiente). NEBULA ha l’obiettivo di integrare i servizi di consultazione, analisi e simulazione a partire da informazioni di tipo territoriale. I dati sono acquisiti sia dai servizi cartografici regionali (Lombardia ed Emilia Romagna), sia da fonti esterne. La base cartografica di riferimento è il raster della CTR in scala 1:10.000. I dati vettoriali inseriti sono i confini provinciali e comunali e l’individuazione delle singole centraline di rilevamento. Alla fine del 1998 risultavano in fase di avanzato sviluppo e implementazione quattro servizi: qualità dell’aria, analisi delle emissioni, meteorologia e analisi modellistica. Con legge regionale, in attuazione della L 61 del 1994, si disciplina l’istituzione dell’ARPA al fine di armonizzare, integrare e coordinare gli interventi per la prevenzione e tutela dell’ambiente a livello regionale, locale e delle USL. L’ARPA dovrebbe essere una struttura tecnica e scientifica di supporto al governo dell’ambiente, che potrebbe gestire in modo adeguato tutte le attività fortemente legate al territorio. Nel progetto di legge erano definite le attività legate alla gestione dell’informazione ambientale come: 1) raccolta sistematica e informatizzata dei dati ambientali, di cui si garantisce l’integrale pubblicazione tramite la realizzazione di un sistema informativo e del monitoraggio ambientale in raccordo con in Servizi tecnici nazionali; 2) raccordo ed interscambio informativo con il Sistema informativo regionale, il Sistema informativo delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CIAA), il Sistema informativo nazionale per l’ambiente (SINA) e altri sistemi informativi territoriali; 3) elaborazione di dati e informazioni di interesse ambientale e diffusione dei dati sullo stato dell’ambiente; 4) promozione degli strumenti di Ecoaudit ed Ecolabel e delle relative attività informative rivolte ai cittadini, consumatori e imprese. L’Unione delle Camere di Commercio della Lombardia si propone come braccio operativo dell’ARPA e, tramite gli sportelli ambientali, di realizzare una comunicazione attiva con le imprese su tutti i temi dell’ambiente. Collabora con l’IPA per le elaborazioni statistiche (ad esempio il catasto rifiuti, tenuto per delega della provincia). L’IPA è una struttura di esperti qualificati nelle varie discipline ambientali, fondata da Associazione industria ambiente, Confindustria, Assolombarda e Federchimica e opera per risolvere le contrapposizioni tra sviluppo e ambiente. 1.1.2. Il settore “Acqua” Nel caso di una specifica risorsa come l’acqua si potrebbero delineare facilmente e ragionevolmente gli adempimenti previsti dalle normative, le soglie di sicurezza e gli elementi qualitativi, le quantità e le modalità di gestione delle risorse fino al controllo area vasta. Per esempio, potrebbe sembrare logico disporre informazioni sulle quantità disponibili (controllo di bacino), studiarne la qualità si giungerebbe così al controllo delle immissioni in acquedotto fino all’erogazione finale. In base alle normative e alle competenze si potrebbero stabilire le procedure amministrative degli enti. Tuttavia, lo schema rischierebbe di essere fin troppo lineare; nell’esempio dell’acqua sarebbe necessario in realtà tenere conto delle problematiche degli scarichi inquinanti (scarichi civili, agricoli, zootecnici e industriali), delle diverse competenze nel controllo e dell’aleatorietà del controllo, quando si opera per diluizioni e non tramite eliminazione degli inquinanti. La questione sembra riguardare una gestione delle risorse idriche fortemente accentrata, con norme contraddittorie che in certi casi risultano estremamente restrittive e in altri troppo permissive, come appare chiaramente anche da questa breve sintesi. La strategia per combattere l’inquinamento dell’acqua da parte dell’UE consiste essenzialmente nella fissazione di obiettivi di qualità e quantità, nell’istituzione di programmi di risanamento e di sistemi di autorizzazione preventiva e di limitazione delle emissioni. Non tutti gli stati si adeguano e la commissione ha avviato una serie di procedure di infrazione. Il quadro normativo disegnato dalla Comunità Europea fin dagli anni settanta è finalizzato alla salvaguardia delle caratteristiche dell’acqua destinata al consumo umano sia per la tutela della collettività, sia per la conservazione delle fonti idriche per la più generale tutela dell’ambiente. La Comunità Europea ha iniziato ad affrontare il problema delle risorse idriche nella sua globalità con il V programma (1 febbraio 1993) con l’obiettivo di migliorare la qualità delle acque. Gli obiettivi più recenti (risoluzione del 24 febbraio 1997) sono: garanzia di fornitura sicura di acqua potabile; controllo delle risorse idriche per soddisfare altre esigenze, quali industria, agricoltura, pesca, trasporti, produzione di energia elettrica; garanzia della qualità e della quantità di risorse idriche per tutelare e mantenere in buone condizioni lo stato ecologico dell’ambiente acquatico; gestione delle acque per impedire o ridurre gli effetti negativi delle inondazioni e l’incidenza della siccità. È in studio una direttiva per la realizzazione di una carta europea delle acque presenti sul territorio comunitario al fine di definire, per ogni bacino idrografico, i programmi integrati di gestione delle acque in funzione delle rispettive caratteristiche. La legge quadro italiana per la difesa del suolo è la L n.183 del 1989: questa è stata il primo atto normativo con un approccio sistematico alla materia, consentendo, attraverso la creazione delle autorità di bacino, una razionalizzazione ed un’unificazione delle diverse funzioni di attribuzione statale e regionale in relazione al nuovo riparto territoriale ed ai nuovi soggetti (tutto il territorio nazionale è suddiviso in bacini idrografici e solo per quelli di rilievo nazionale è istituita un’autorità di bacino; dell’autorità di bacino fanno parte anche rappresentanti delle regioni interessate). La legge conferisce alle autorità di bacino la funzione prevalente quale autorità di programmazione e pianificazione degli interventi, con vasti compiti di ricognizione e conoscenza delle situazioni fisico - ecologiche dei territori interessati. Con la L n. 650 del 1989 sono stati precisati i contenuti dei piani regionali di risanamento delle acque ed è stata attribuita alle regioni in modo esplicito la competenza a definire la disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature. Le leggi L n. 36 e L n. 37 del 1994 riguardano le risorse idriche e i rapporti di concessione. La prima legge definisce il sistema idrico integrato come quell’insieme di servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue. Gli enti locali compresi negli ambiti territoriali ottimali devono riorganizzare i servizi idrici integrati e coordinare la gestione degli acquedotti, delle fognature, del collettamento e della difesa delle acque. Lo stato ha funzioni di indirizzo, programmazione e coordinamento. Strettamente legata alla precedente, la seconda legge subordina l’adozione di provvedimenti (autorizzatori e concessori) diretti a incidere sul regime delle acque, all’elaborazione di valutazioni preventive e di studi di impatto ambientale. Autorità sanitarie competenti possono attuare specifici e motivati interventi restrittivi e integrativi su norme di emissione (limiti di accettabilità per gli scarichi gettati nelle acque). La legge prende in considerazione anche la tutela delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato dallo scarico delle acque di rifiuto. Alle Regioni è attribuita la competenza a emanare la normativa integrativa e di attuazione ed in particolare a delimitare le zone dove è ammesso lo smaltimento dei liquami sul suolo e nel sottosuolo. A livello di autorità di bacino risulta evidente l’importanza di una politica integrata tra le regioni interessate. Anche in questo caso lo studio dei flussi informativi e decisionali permette di attuare una politica territoriale integrata per aree omogenee. 1.1.3. Il settore “Boschi e foreste” Il settore “Boschi e foreste” è strettamente correlato per l’UE al settore “agricoltura” e al settore “Parchi”. Nel IV programma (1987-1992) è perseguito il sostanziale miglioramento nella gestione delle risorse naturali, per il settore agricolo è promosso lo sviluppo di pratiche compatibili con l’ambiente, come la lotta dell’inquinamento del suolo da fitofarmaci e concimi, la conservazione del manto vegetale per la protezione del suolo e la prevenzione dei danni ecologici. Dal 1986 sono stati emanati diversi provvedimenti per la protezione dell’ambiente nel campo dell’agricoltura (protezione delle foreste dall’inquinamento atmosferico, ritiro volontario dei seminativi dalla produzione, protezione delle acque dall’inquinamento di origine agricola e altro). Nell’ambito della riforma della Politica agricola comunitaria del 1992 sono state intraprese misure di sostegno delle attività agricole compatibili con la protezione dell’ambiente e delle risorse naturali, incentivi per la trasformazione dell’attività agricola in attività forestale e per l’ingresso dei giovani in agricoltura. Anche nello specifico settore “Boschi e foreste” vi sono una serie di regolamenti finalizzati alla protezione delle foreste dall’inquinamento atmosferico, alla difesa contro gli incendi, alla gestione dei terreni finalizzata a favorire l’accesso al pubblico per attività ricreative, a incentivare la cura dei terreni agricoli e forestali non coltivati e a favorire una gestione dello spazio naturale più compatibile con l’equilibrio dell’ambiente. Per quanto riguarda il settore “Parchi” è importante ricordare la convenzione di Berna del 19 settembre 1979 firmata dal Consiglio d’Europa, con cui è stato avviato il movimento per la costituzione dei parchi europei a cavaliere dei confini tra gli stati. In particolare, la Regione Lombardia è stata coinvolta per il progetto di parco europeo delle Alpi centrali, generato dal collegamento di parchi nazionali e regionali (Stelvio, Engadina, Adamello, Adamello-Brenta e altri). Con la direttiva n. 43 del 1992 si promuove il mantenimento della biodiversità per contribuire all’obiettivo generale di uno sviluppo durevole, tenendo conto delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali. Priorità è data alla conservazione degli habitat naturali, con l’individuazione di zone speciali di conservazione per realizzare una rete ecologica europea coerente. Per questo è stato avviato un rilevamento dei siti potenziali, cui partecipa anche la Lombardia, collegato al più generale programma comunitario CORINE, avviato nel 1984 per realizzare un sistema informativo sullo stato dell’ambiente e delle risorse naturali. Per “Boschi e foreste” la situazione italiana ha ovviamente un consolidamento storico più antico: la prima legge forestale risale al 1877, integrata poi in tempi successivi, fino alla legge quadro sulle foreste del 1926, ma il decentramento delle competenze a livello regionale avviene solo nel 1972 con il DPR n.11 e il DPR 616 del 1977 con il completo trasferimento delle competenze alle regioni, mettendo a disposizione delle Regioni il potere di gestione dei vincoli e, in particolare, di quello idrogeologico assieme al compito di organizzare e programmare la gestione dei beni forestali. Alla stessa stregua la concezione estetico - paesistica e quella naturalistica in Italia provengono da due diverse tradizioni culturali, che hanno caratterizzato la formazione dei due Ministeri: il Ministero dei beni culturali e ambientali , che per la salvaguardia ambientale ha come principale riferimento la L n. 1497 del 1939, e il Ministero dell’Ambiente , che ha come principale riferimento normativo la L n. 394 del 1991 sulle aree protette. I due Ministeri assumono d’intesa le iniziative necessarie per assicurare il coordinamento delle attribuzioni di rispettiva competenza. Con il DPR n. 616 del 1977 sono trasferite alle regioni le funzioni amministrative concernenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve ed i parchi naturali, mentre sono delegate le funzioni amministrative per la protezione delle bellezze naturali. In Regione Lombardia questo è stato recepito attribuendo ai Comuni funzioni amministrative in materia di interventi per la protezione della natura con la collaborazione regionale. Le competenze regionali in questo campo sono numerose e riguardano la tutela della natura sia come paesaggio sia come ecosistema, di cui per esempio si può citare la realizzazione progetti di banche dati floristici e di carte della vegetazione in Piemonte ed Emilia Romagna, mentre il Friuli ha pubblicato un atlante delle specie vegetali e ha organizzato la relativa banca dati. In Lombardia una banca dati floristica è ancora in fase di studio, ma vi sono iniziative locali: il Museo delle scienze naturali di Bergamo relativo al territorio provinciale, il Museo di scienze naturali di Brescia con un archivio informatizzato per i dati floristici provinciali e l’Istituto di botanica dell’Università di Pavia, anch’esso con una banca dati. La legge regionale LR n.86 del 1983 individua diversi regimi di tutela: i parchi naturali, organizzati in modo unitario, con preminente riguardo alla protezione della natura e dell’ambiente e di uso culturale e ricreativo, nonché con riguardo allo sviluppo delle attività agricole, silvicole e pastorali; i parchi di cintura metropolitana, equiparati sostanzialmente ai precedenti dal punto di vista normativo; le riserve naturali, di media e piccola dimensione, finalizzati alla salvaguardia della natura per il mantenimento di singoli ecosistemi; sono ordinate in categorie decrescenti per rigore del regime di tutela; i monumenti naturali, intesi come singoli elementi o piccole superfici dell’ambiente naturale. Sia i parchi, sia le riserve possono comprendere aree di rispetto e, inoltre, sono promossi interventi locali e interventi di interesse sovracomunale. Solo nel 1996 (LR n. 32) fu introdotta la riforma per adeguarsi alla normativa nazionale del 1991 (L 394). I parchi sono definiti regionali e sono distinti in: parchi fluviali, parchi montani, parchi agricoli, parchi forestali e parchi di cintura metropolitana ; inoltre, possono comprendere zone di parco naturale. Nello stesso ambito territoriale possono essere istituiti diversi regimi di tutela, come, ad esempio, il parco della valle del Ticino, che è stato classificato parco fluviale, parco forestale, parco agricolo e parco di cintura metropolitana. Sono in corso gli studi per la realizzazione di un sistema informativo specializzato per i parchi storici. 1.1.4. Un esempio di sistema informativo: il Centro regionale di elaborazione dati e coordinamento generale della rete di rilevamento dell’aria Dal 1977 è stata data facoltà alle Regioni di normare la tutela della qualità dell’aria e successivamente il controllo è stato delegato alle USSL (ora ASL) e ai PMP. Figura 1: Schema della struttura della rete di rilevamento dell’inquinamento atmosferico della Regione Lombardia La Regione Lombardia e la Regione Emilia Romagna hanno avviato il progetto comune NEBULA, per la raccolta ed il trattamento di dati ambientali, che è partito con una fase prototipale per il trattamento dei dati relativi alla qualità dell’aria. L’architettura delle reti di rilevamento della qualità dell’aria può essere schematizzata con tre livelli gerarchici con competenze diversificate: 1. livello di base, con i sistemi locali di raccolta dei dati; 2. livello intermedio, ove i Centri provinciali trattano l’acquisizione e la gestione di dati; 3. livello superiore del Centro regionale per elaborazioni per il coordinamento della Rete. Il Centro regionale mantiene una banca di dati “on line” dei valori medi orari e giornalieri degli inquinanti, nonché dei parametri meteorologici rilevati in alcune stazioni; fornisce, inoltre, una serie di servizi sia ai centri provinciali, sia agli Enti interessati o a quelli responsabili della tutela ambientale. All’interno di queste attività si inserisce il progetto NEBULA, finalizzato alla facile lettura ed utilizzo dei dati relativi allo stato dell’aria, con cui si intende rendere possibili elaborazioni a livello Regionale, Provinciale, Comunale oppure per singola stazione di rilevamento. 1.2. Le strutture per il governo dell’ambiente a livello regionale Con il quadro sintetico legislativo e delle competenze regionali in merito al controllo ambientale si è sottolineata la presa di coscienza delle problematiche, la messa in atto di politiche informative per gestire le relazioni tra enti e settori, la predisposizione di attività progettuali e attuative; nello stesso tempo a fronte dei diversi settori e ambiti di intervento è interessante istituire un confronto con l’organizzazione della Regione Lombardia per curare i rapporti interni ed esterni tra le strutture che si occupano di ambiente . L’organigramma regionale è articolato in quattro aree e in ciascuna operano le Direzioni Generali, delle quali si mettono in evidenza quelle più coinvolte nella questione ambientale e informativa: 1. Area Istituzionale, nella quale si svolgono le principali attività per l’informazione con la Direzione Generale della Presidenza e quella degli Enti locali; 2. Area Sociale, alla quale fa capo la Direzione Generale Cultura 3. Area Economica, alla quale fanno capo la Direzione Generale Agricoltura 4. Area Territoriale, alla quale fanno capo le Direzioni Generali Urbanistica, Tutela ambientale e Opere pubbliche e protezione civile. Per quanto riguarda i flussi informativi all’interno dell’ente regionale la Direzione Generale Presidenza assume, come prevedibile, un ruolo molto importante. Dopo una prima fase di forte accentramento delle attività, si sta attualmente arrivando alla gestione dei dati da parte delle singole Direzioni generali come sistemi informativi dedicati. La Direzione Generale Presidenza fornirà i dati di base, quali: topografia, foto aeree, immagini da satellite, dati elaborati da Corine Land Cover, carte Ersal, carte dell’uso del suolo per fotointerpretazione dal volo del 1994 ed il modello digitale del terreno. In diversi settori, inoltre, possono essere individuati i soggetti che mantengono legami tra la Regione Lombardia e gli altri enti e che coordinano il lavoro delle diverse direzioni. All’interno dell’area Territoriale si trovano le Direzioni Generali più direttamente attinenti ai problemi ambientali, tra queste la Direzione Generale Urbanistica, quella di Tutela Ambientale e quella delle Opere Pubbliche e Protezione Civile. Anche altre Direzioni Generali si occupano di questioni ambientali, come per esempio quella del Territorio ed Edilizia Residenziale, che opera anche per la prevenzione dei dissesti nelle zone a rischio idrogeologico e sismico. Tuttavia, non si ritiene di ampliare ulteriormente l’indagine, in quanto è sufficiente rammentare come già il Ministero dell’Ambiente fosse stato visto corresponsabile nella definizione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio: la necessità di operare per un uso appropriato del territorio al fine di prevenire i danni ambientali, aspetti quindi di politica territoriale generale che, comunque, richiedono una base informativa unitaria. 1.2.1. La Direzione Generale Presidenza della Regione Lombardia La struttura organizzativa della Direzione generale Presidenza si articola in otto servizi: affari generali; giuridico e legislativo; relazioni esterne; programmazione e sviluppo; sistema informativo regionale; attuazione programma; comunicazione e avvocatura regionale. Per quanto riguarda i rapporti con l’UE, la Direzione, attraverso l’ufficio del Direttore Generale, delegazione di Bruxelles, si occupa, tra l’altro, di tenere costantemente sotto osservazione la produzione normativa comunitaria e alimentare conseguentemente il sistema informativo anche con riferimento alle informazioni economico-finanziarie connesse ai programmi comunitari. I rapporti con l’esterno sono curati in particolare dal Servizio Relazioni Esterne, al cui interno un ufficio si occupa dei rapporti nazionali e regionali, svolgendo, tra le altre, l’attività di collaborare all'attuazione della L n. 142 del 1990 per la parte relazionale con il sistema degli enti locali. Dalla Direzione Generale Presidenza dipende il Servizio Sistema informativo regionale articolato in tre uffici: sviluppo sistema informativo regionale; statistica; tecnologie e strumenti per il controllo e la gestione del SIR. Il primo si occupa principalmente di: 1. predisporre i piani e i progetti per la programmazione dello sviluppo SIR e delle relative infrastrutture basate su tecnologie informatiche e di telecomunicazioni, nonché gli strumenti per il relativo monitoraggio; 2. predisporre i progetti operativi per gli sviluppi informativi/informatici sia settoriali che intersettoriali e curarne la conduzione e il monitoraggio, in collaborazione con le Direzioni Generali; 3. curare gli strumenti operativi finalizzati allo sviluppo, attraverso il ruolo guida della Regione Lombardia di servizi rivolti agli enti territoriali alle imprese e ai cittadini; 4. curare i raccordi con il mondo scientifico e con gli esperti del settore per garantire alla Regione Lombardia il costante aggiornamento del Sistema Informativo, assicurando in particolare il supporto ai lavori del Comitato Guida; 5. promuovere e sviluppare il Sistema Informativo Territoriale all'interno e all'esterno dell'Ente. L’Ufficio Statistica ha invece il compito di: 1. rappresentare la Regione Lombardia nell'ambito del Sistema Statistico Nazionale (Sistan); 2. mantenere i rapporti con l'ISTAT e con gli altri organi del Sistan a livello nazionale, regionale e subregionale, nell'ottica della costruzione del Sistema Statistico Regionale; 3. eseguire gli adempimenti richiesti del Programma Statistico Nazionale; in particolare effettuare le rilevazioni statistiche richieste dall'ISTAT; 4. effettuare rilevazioni autonome sistematiche o speciali a supporto del processo decisionale e programmatorio della Regione Lombardia; 5. elaborare i dati e le informazioni disponibili, curare la diffusione e la pubblicazione dei dati, delle analisi e degli studi effettuati dall'ufficio; 6. coordinare l'attività statistica delle strutture regionali, attraverso l'emanazione di disposizioni tecniche o metodologiche e con la predisposizione delle nomenclature e delle metodologie di base per la classificazione e la rilevazione dei diversi fenomeni, in conformità a quanto stabilito dall'ISTAT per il Sistema Statistico Nazionale. L’Ufficio Tecnologie e Strumenti per il Controllo e la Gestione del SIR espleta i seguenti compiti: 1. supervisionare le attuali banche dati centrali e distribuite del Sistema Informativo Regionale in collaborazione con le strutture responsabili dei dati stessi; 2. coordinare l'aderenza dei progetti delle nuove banche dati con il disegno generale del Sistema Informativo Regionale al fine di garantire l'integrazione, l'interoperabilità e la cooperazione delle stesse; 3. supportare gli utenti interni ed esterni nell'impiego del SIR, garantendo la disponibilità e la rispondenza funzionale dei servizi informativi e informatici; 4. collaborare alla definizione delle specifiche tecniche nello sviluppo del SIR per il soddisfacimento dei bisogni informatici delle strutture regionali; 5. definire gli standard informativi e informatici (hardware e software) per l'introduzione di nuove tecnologie dell'informazione; 6. sovrintendere al governo degli accessi e delle comunicazioni delle reti virtuali all'interno della Regione Lombardia; 7. presidiare la spesa della Regione Lombardia in campo informativo e informatico; 8. assicurare la gestione operativa del Sistema Informativo Territoriale. In ultimo all’interno della Direzione generale presidenza, all’interno del servizio comunicazione, si trova l’ufficio relazioni con il pubblico che si occupa, tra l’altro, di creare, implementare e gestire la banca dati dell'Ufficio Relazioni con il Pubblico “Spazio Regione”, connettendo e mettendo a disposizione del pubblico le diverse banche dati regionali, oltre che attivare e gestire un centro di documentazione regionale e facilitare l'accesso alla produzione editoriale della Regione Lombardia, anche mediante la sua commercializzazione. Come si vede all’interno della Direzione generale Presidenza si trovano molte delle competenze essenziali per l’interscambio informativo all’interno e all’esterno della Regione Lombardia. In particolare la costruzione ed il mantenimento del Sistema Informativo Territoriale, come già detto solo per quanto riguarda i dati che possono essere considerati di base ricopre un ruolo essenziale nel supporto alla costruzione dei sistemi dedicati delle altre direzioni ed uffici e degli altri enti territoriali all’esterno della Regione Lombardia. All’interno dell’Area Istituzionale, oltre alla Direzione generale Presidenza, alcuni settori di altre direzioni espletano un’attività interessante per quanto riguarda i flussi informativi relativi all’ambiente ed al territorio all’interno della Regione Lombardia: la direzione Affari Generali e la direzione Generale enti Locali. 1.2.2. La Direzione Generale Enti Locali della Regione Lombardia La Direzione Generale Enti Locali si articola in tre servizi, che a loro volta raccolgono diversi uffici: 1. Servizio Rapporti con gli enti locali (Ufficio Montagna, Ufficio Polizia municipale, Ufficio Comunicazione); 2. Servizio Programmazione e affari generali (Ufficio Sistema informativo e controllo di gestione, Ufficio Coordinamento per l'attuazione della L n. 59 del 1997, n.59); 3. Servizio Organo regionale di controllo (Uffici Istruttoria) Tra i compiti di questa direzione vi è quello di garantire che la programmazione, il controllo di gestione e le attività di reporting (introdotte per ogni attività dei servizi e degli uffici della Direzione) contribuiscano alla attivazione, al funzionamento ed al controllo del Sistema Informativo per le Autonomie locali, fornendo tutti gli input necessari al raccordo tra il sistema informativo della Direzione (SIAL) ed il Sistema Informativo Regionale (SIR) e di attivare, controllare e aggiornare le presenze della Direzione in INTERNET. In particolare l’ufficio comunicazione del Servizio Rapporti con gli enti locali si occupa di curare la definizione e l'attivazione di un organico sistema di informazione per gli Enti locali in riferimento alle attività e alle scadenze amministrative di interesse degli stessi Enti locali derivanti da provvedimenti regionali. Anche l’ufficio Ufficio Sistema informativo e controllo di gestione si occupa dell’aggiornamento del sito INTERNET, oltre che di sovrintendere e coordinare la predisposizione di tutti gli input necessari al raccordo tra il sistema informativo della Direzione (SIAL) ed il Sistema Informativo Regionale (SIR). All’interno dell’area sociale la Direzione Generale Cultura ha competenze anche sull’ambiente, in quanto al suo interno si trova la gestione dei beni culturali regionali in accordo con le direttive del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. 1.2.3. La Direzione Generale Cultura della Regione Lombardia La Direzione Generale Cultura, attraverso la sua struttura organizzativa articolata in servizi e uffici, tutela i valori del patrimonio regionale storico, artistico e culturale. L’ufficio rete museale - catalogazione - cultura del mondo popolare ha il compito, tra gli altri di realizzare il Sistema Informativo dei Beni culturali regionali integrato in banche dati multimediali collegate in rete assicurandone la disponibilità nei programmi informativi regionali e di realizzare, gestire e aggiornare la Banca Dati sui Musei di competenza regionale assicurando tutti gli interventi atti ad aggiornare e a diffondere i dati. La parte che riguarda più direttamente l’ambiente è stata espressa con la rilevazione sperimentale dei beni urbanistici e territoriali, dei beni architettonici e dei parchi e giardini storici secondo le normative dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione. 1.2.4. La Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia La Direzione Generale Agricoltura, interna all’Area Economica, sostiene l’obiettivo di recupero e sviluppo dell’agricoltura come componente essenziale del sistema ambientale e territoriale, salvaguardando e valorizzando le risorse naturali (suolo, acqua) e il patrimonio boschivo quali fondamentali fattori di produzione, favorendo la diffusione di tecniche di coltivazione e allevamento a basso impatto ambientale. 1.2.5. La Direzione Generale Urbanistica della Regione Lombardia La Direzione Generale Urbanistica è così articolata: 1. Servizio Pianificazione strategica e ordinamento (Ufficio Pianificazione territoriale, Ufficio Indirizzo normativo, Ufficio Ordinamento) 2. Servizio Sviluppo sostenibile del territorio (Ufficio Valutazione impatto ambientale, Ufficio Pianificazione e Informazione Paesistica, Ufficio Autorizzazioni Paesistiche) 3. Servizio Urbanistica (Uffici Istruttorie Urbanistiche) 4. Struttura di progetto Urbanistica 2 Il Servizio Pianificazione Strategica e Ordinamento, tra gli altri compiti, ha anche quelli di assumere i provvedimenti sanzionatori in materia urbanistica e di tutela ambientale e svolgere l'attività amministrativa per la repressione di abusi edilizi. Inoltre svolge l'attività amministrativa di supporto all'esercizio di compiti sostitutivi degli organi degli Enti locali, nei casi previsti dalla legislazione vigente, in materia edilizia, urbanistica e paesistico - ambientale; L’Ufficio Pianificazione e Informazione Paesistica deve predisporre gli atti inerenti la pianificazione paesistica e i criteri per la gestione dei vincoli, anche a cura degli Enti locali, nonché i provvedimenti di vincolo paesistico – ambientale. A tale scopo deve curare la predisposizione dei vincoli di tutela paesistico – ambientale e fornire agli Enti locali il supporto tecnico, informativo e documentale utile per l'azione di tutela delle risorse ambientali e paesistiche, anche attraverso la predisposizione e gestione di una specifica componente del sistema informativo territorio. Di conseguenza deve anche esercitare le attività connesse all'indirizzo e al controllo dell'azione degli enti locali, in materia paesistica, nonché tutte quelle sostitutive conseguenti a ricorsi. 1.2.6. La Direzione Generale Tutela Ambientale della Regione Lombardia La Direzione Generale Tutela Ambientale riguarda il cosiddetto ambiente naturale, curandosi di temi quali l'energia, l'aria, l'acqua, i rifiuti, il suolo, i parchi e i processi industriali, con funzioni di coordinamento e indirizzo. Elabora piani di risanamento e di monitoraggio della qualità dell'aria e interviene in materia di inquinamento acustico. Nel campo dei rifiuti urbani coordina le Province per i piani di smaltimento, promuove la raccolta differenziata e cura lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, favorisce le strategie per il risparmio energetico e controlla e sorveglia le attività industriali, interviene per il risanamento delle acque urbane, lacustri e fluviali, sovrintende all'esercizio delle attività delle cave, opera in difesa dell'ambiente naturale e dei parchi con programmi di difesa delle specie e con l'istituzione di aree protette e promuove l'educazione ambientale nelle scuole della Lombardia. Figura 2: Organigramma della Direzione generale tutela ambientale (fonte: Capria 1997) La Direzione Generale Tutela Ambientale si articola in settori (affari generali e strategie ambientali integrate; risorse energetiche e ambientali e tutela dell’ambiente naturale e parchi; geologia e tutela delle acque; rifiuti e residui recuperabili; protezione ambientale e sicurezza ambientale), ciascuno suddiviso in sottosettori e con necessità di scambi informativi che, come è stato dichiarato a livello nazionale per la Protezione Civile, deve mirare alla gestione e alla prevenzione dei rischi più che all’emergenza e, quindi, deve essere alimentato di continuo con dati territoriali strettamente interconessi alla gestione ambientale. 2. L’informazione e la cartografia ambientale nell’analisi territoriale La complessità dell’ambiente comporta un insieme di competenze estremamente frammentato come risulta esplicitamente dall’esposizione della struttura regionale e dei collegamenti con gli altri livelli di governo e rafforza la convinzione che un sistema informativo territoriale “ufficiale” e effettivamente funzionante potrebbe aiutare ad evitare l’incoerenza tra azioni derivate dall’articolazione delle competenze. All’interno della Direzione Generale Presidenza si trova il servizio dedicato al SIR, che è finalizzato alla raccolta ed all’organizzazione dei dati di base e che lascia alle singole direzioni il compito di costruire i sistemi dedicati. Ma se, per esempio, si prende in considerazione la competenza della gestione del vincolo idrogeologico e geologico si trovano la Direzione Generale Affari Generali, la Direzione Generale Opere Pubbliche e Protezione Civile, la Direzione Generale Tutela Ambientale, che tra l’altro realizza la banca dati geologici idrogeologici e meteorologici, come sistema dedicato del SIR. Poiché questo non è un caso unico, l’obiettivo prioritario dovrebbe riguardare la realizzazione di un sistema informativo, che renda possibile una reale collaborazione tra servizi diversi. I rapporti della Regione con il mondo esterno, per esempio gli Enti Locali, sono tenuti dalla Direzione Generale Presidenza (aspetti generali) e dalle altre Direzioni Generali (aspetti settoriali). Anche in questo caso la strutturazione di un sistema informativo è essenziale per stabilire i livelli di accesso ai dati, la loro aggiornabilità e sicurezza e la possibilità di integrazione con basi di dati “esterne”. Il sistema informativo di base della Regione dovrebbe quindi, oltre a fornire sia i dati geografici di interesse comune, sia le informazioni necessarie alla realizzazione di sistemi dedicati o “individuali”, purché facciano realmente parte del sistema generale. Il problema della realizzazione di un sistema realmente integrato presuppone un grande sforzo di modellizzazione dei flussi informativi, ma permette come valore aggiunto, oltre alla maggiore facilità di consultazione e trattamento dei dati, la possibilità di lavorare in modo diverso e di integrare gli sforzi e le competenze. Dalla complessa organizzazione regionale emerge chiaramente la coscienza del problema dell’informazione e della raccolta dati. Questa è espressa in continuità e a tutti i livelli, dimostrando come la presa di coscienza del problema informativo sia un fatto innegabile, sul quale sono stati fatti molti investimenti una molteplicità di progetti avviati, purtroppo sembra anche emergere l’assenza di un’unica strategia. Anzi, poiché la progettazione di un sistema informativo geografico finalizzato a risolvere aspetti operativi a livello regionale in ambito ambientale richiede, dunque, la tempestività e la capacità di una visione allargata a tutte le relazioni e le modalità di implementazione del sistema, tali progetti “individuali” sono diventati essi stessi ostacolo a un’inversione di tendenza. L’analisi di alcuni casi permette di evidenziare procedure operative e di formalizzare raccomandazioni. In un primo approccio astratto derivato dall’esame dei compiti (boschi e foreste, piuttosto che acqua potabile) sembrerebbe di potere evidenziare un processo informativo chiaramente definibile e gestibile. Tuttavia, la linearità dell’impostazione nasce da un approccio verticale che parte dall’alto (top - down) nasconde la complessità che si può illustrare efficacemente con due esempi, che hanno relazione anche con i processi di pianificazione in esame. Si tratterà di verificare contemporaneamente l’acquisizione dei dati con la progettazione concettuale, cioè integrando l’approccio precedente con una verifica dal basso verso l’alto. Dall’esame si vuole dimostrare che la progettazione concettuale richiede non solo la conoscenza della legislazione citata e delle competenze, ma anche nella scelta “scientifica” della qualità dei dati e delle relative procedure di acquisizione: tali conoscenze comprendono anche il flusso informativo tra settori e tra livelli di governo. Tuttavia, per illustrare meglio i contenuti informativi e le relazioni tra diversi livelli di governo, si ritiene opportuno premettere l’analisi di due esempi di settore: l’anagrafe delle strade e il censimento del patrimonio architettonico e ambientale. Infatti, se l’anagrafe delle strade è utile alla gestione delle strade e al controllo dell’inquinamento atmosferico, il censimento del patrimonio architettonico e ambientale apre non solo la tematica della loro salvaguardia e valorizzazione, ma anche la questione di delimitazioni stabili e sistematiche del territorio. 2.1. L’anagrafe delle strade, il traffico e l’inquinamento Il caso del monitoraggio e del controllo dell’inquinamento atmosferico dovuto alla circolazione degli autoveicoli presenta aspetti molto interessanti per indagare le difficoltà e le possibilità operative di costruzione di un sistema informativo geografico “ambientale”. In primo luogo, si osserva la difficoltà di definire il fenomeno, di definire le grandezze e le misure da rilevare e poi le politiche da intraprendere. A questi aspetti si aggiunge l’organizzazione della Pubblica Amministrazione, in cui sono presenti uffici, procedure e obiettivi, con situazioni di concorrenza e di incoerenza delle azioni, dei tempi e delle scelte, che possono provocare forti diseconomie. La stessa gestione dei dati presenta spesso molti aspetti controversi, non tutti riconducibili alla proprietà del dato. La scelta di operare con basi di dati comuni nel maggior numero delle attività significa mirare a ridurre e eliminare ogni ridondanza e le incomunicabilità dovute a dati disomogenei, riducendo la possibilità di basarsi su valutazioni prive di ogni logica di intercomunicazione. Il presupposto per potere disporre degli stessi dati per usi diversi risiede, pertanto, nel coordinamento delle strategie e nella certificazione dei dati e delle misure. A questo proposito nel caso specifico del sistema dei trasporti e delle reti della viabilità si può citare come esempio emblematico l’Archivio nazionale delle strade, soprannominato anche “catasto delle strade” . Il Codice della strada del 1992, profondamente integrato nel 1993, prevede che le informazioni relative alle strade siano strutturate in un archivio, ma non ne definisce più puntualmente i contenuti, definisce le competenze, ripartite essenzialmente tra Ministero dei Lavori Pubblici e Regioni. Tuttavia, l’Archivio nazionale delle strade non è ancora una realtà. La rete stradale, secondo il Codice della strada, è composta da un insieme di archi strutturati gerarchicamente. Alla base della definizione della struttura e del tracciato informatico dell’archivio deve essere posta la definizione delle qualità necessarie alla descrizione della strada, dove l’attributo “necessario” deriva dal processo di costruzione e di manutenzione delle strade (e forse anche delle infrastrutture sotterranee) e dal tipo di controllo sul traffico e sulla sicurezza che si intende svolgere. Nel Codice della strada si aggiunge sinteticamente il contenuto dell’archivio delle strade richiedendo: “dati relativi allo stato tecnico e giuridico della strada, al traffico veicolare, agli incidenti e allo stato di percorribilità, anche da parte dei veicoli classificati mezzi d’opera ai sensi dell’articolo 54 (…)”. In primo luogo, si noterà che l’avere ricordato la presenza delle reti tecnologiche interrate sotto la strada rimanda all’utilità che le informazioni siano aperte a altre competenze e alla necessità del coordinamento tra gli interventi sulla strada. In secondo luogo, le applicazioni di modelli richiedono molte informazioni, in parte non comprese nell’anagrafe: l’importanza sta nella correttezza, o certificazione, del dato, nel suo aggiornamento continuo e nell’omogeneità dei criteri di definizione della misura. In altri termini si afferma la possibilità di convivenza tra sistemi informativi “privati” o “individuali” e il sistema informativo “pubblico” o “ufficiale”. Purtroppo, la realtà delle strade italiane non corrisponde alla classifica funzionale e alla proposte di riattribuzione delle competenze previste dal Codice della strada. La realizzazione dell’anagrafe non è pertanto automatica, ma richiede un ulteriore intervento normativo dello Stato e delle Regioni. Figura 3: Interpretazione delle indicazioni del Codice della strada per strutturare una gerarchia nelle reti stradali La dimensione della larghezza di una strada in metri dà una certa informazione, ma diversa da quelle derivabili dal numero di carreggiate, di corsie, o dalla disciplina della circolazione: a queste esigenze conoscitive deve rispondere l’anagrafe delle strade per descrivere sia l’opera civile (materiali e caratteristiche costruttive), sia l’aspetto funzionale di supporto al traffico veicolare e alla vita urbana. Allo stesso tempo, una buona base di conoscenze costituisce la premessa per progetti esecutivi coerenti con le disposizioni legislativi, da corredare con previsioni economiche. A questo punto l’appaltabilità significa anche la sicurezza di giungere a buon fine, una condizione, seppure parziale, ma fondamentale per risanare e rafforzare la Pubblica Amministrazione. Il primo punto della personalizzazione è il riconoscimento dei gruppi di utenti, che devono intervenire sulla viabilità e sui sistemi di trasporto. Un primo elenco di settori di interessi (e quindi di utenti) permette di illustrare il significato di questo tipo di approccio: pianificazione della viabilità interurbana, pianificazione urbana del traffico, progettazione delle strade e delle opere civili per la sicurezza, pianificazione dei trasporti pubblici, gestione del traffico e degli impianti semaforici, aziende sanitarie locali e il controllo sull’inquinamento, logistica del trasporto delle merci, indirizzamento dei trasporti eccezionali o pericolosi, indirizzamento dei servizi di emergenza, indirizzamento del traffico automobilistico (sistemi di car navigation), gestione e manutenzione dei trasporti pubblici, manutenzione delle opere civili. L’elenco non è completo, ma è sufficiente per fornire una visione dell’ampiezza delle problematiche dei diversi utenti, i quali hanno bisogno di informazioni aggiornate, a volte in tempo reale. Si tratta di conoscere il livello di servizio di un’infrastruttura in un dato istante oppure solo la capacità, cioè il livello di servizio potenziale, o teorico, di un’infrastruttura. Il passaggio successivo consiste nel vedere la pluralità di utenti come insieme di interessi eterogenei per i quali i dati e le informazioni devono essere non solo resi disponibili come un servizio dal sistema informativo della Pubblica Amministrazione con grande facilità di accesso e di uso, ma anche basarsi su una continua georefenza a diversi livelli di dettaglio in funzione delle necessità. Il grafo di rete desunto dalla cartografia rappresenta sinteticamente l’intero sistema stradale, strutturato in nodi e archi, costruito in modo funzionale all’uso modellistico. La base di dati potrebbe essere l’anagrafe delle strade, le cui problematiche gestionali possono essere riassunte in tre tipologie: acquisizione del dato geometrico con la definizione della scala di dettaglio (interventi a livello nazionale o sovranazionale, a livello regionale o provinciale, a livello comunale) e il passaggio dalla cartografia di base al grafo acquisizione del dato alfanumerico descrittivo delle caratteristiche degli archi articolazione del grafo in sottoreti (grafo principale con gli itinerari di collegamento tra le zone e il grafo secondario, solo di uso locale per l’accesso e la distribuzione interna). Le informazioni contenute nella base cartografica disegnata su carta sono molto di più di quante servano per il disegno del grafo e per le applicazioni modellistiche, ma molte di meno di quante occorrano per descrivere la funzionalità di una strada o di un itinerario. Occorre, dunque, procedere ad una fase preliminare di studio delle informazioni necessarie alla realizzazione del progetto e successivamente alla scelta del metodo di organizzazione. Le informazioni sono di due livelli: quelle strettamente necessarie all’elaborazione e alle simulazioni, e quelle invece di supporto e inquadramento territoriale. A ciascun arco stradale sono stati associati gli attributi alfanumerici che ne descrivono sia le caratteristiche geometriche, sia le caratteristiche funzionali, per le strade urbane, per le intersezioni semaforizzate e per le intersezioni libere . Dal manuale Highway Capacity Manual si possono riportare tutti i campi adottati per individuare ogni singolo arco stradale nell’archivio e per descriverne le caratteristiche che influenzano la capacità teorica e determinano la capacità reale al fine di giungere a associare agli archi le specifiche curve di deflusso con cui si descrive il rapporto tra volume e velocità del traffico. Tuttavia, quest’elenco cela una questione fondamentale: la ragionevolezza dei parametri che definiscono il livello di servizio teorico della strada si scontra con il costo irragionevole della loro definizione e raccolta. Dunque, se teoricamente si possono definire i fattori di disturbo analizzabili strada per strada, una simile impostazione richiederebbe rilevazioni costosissime, ma poco utili stante la grossolanità con cui il traffico può essere ragionevolmente descritto e la rilevanza nel traffico del comportamento del guidatore. Dunque, è necessario definire in via sintetica e economica i fattori corretti per una manipolazione modellistica sufficientemente attendibile. Sia l’uso della cartografia numerica per ottenere il grafo, sia la predisposizione dell’anagrafe delle strade, indicano l’opportunità e l’utilità di integrazione di questi elementi nel contesto più ampio del sistema informativo distribuito nei diversi uffici e settori della Pubblica Amministrazione. Potenzialmente il sistema informativo legato alle strade costituisce uno strumento in grado di gestire un’ampia struttura di dati, con la possibilità di continuo inserimento di nuove tabelle e di nuove interrogazioni al fine di riuscire a controllare e gestire nel modo migliore possibile i diversi fenomeni legati al traffico urbano. Per concludere si osserva che il grafo delle strade costituisce un’informazione molto utile a più utenti, ma non direttamente disponibile da rilievi cartografici, ma da essi parzialmente derivabile, richiede informazioni tipiche di un sistema informativo individuale, potrebbe avere notevoli potenzialità aggiuntive se integrato a livelli di georeferenza anche semplificati la localizzazione dei numeri civici. In questo modo sarebbero possibili valutazioni sui tempi di percorrenza per la determinazione e allocazione delle risorse, come si può vedere nella ricerca del percorso ottimo (il percorso migliore nell’unità di tempo) per la raccolta dei rifiuti o di particolari rifiuti o per l’approvvigionamento delle farmacie, piuttosto la redazione di piani di emergenza per le industrie a rischio. Infine, si ricorda la possibilità di svolgere su queste basi di dati altri elaborazioni, quali i piani della viabilità , l’individuazione di itinerari di valore storico – paesistico e il controllo dell’inquinamento ambientale derivato dal traffico. Si tratta di temi rilevanti sia nella pianificazione territoriale paesistica, sia nel controllo dell’inquinamento, espresso nelle raccomandazioni internazionali e nelle normative nazionali, ma tutto questo rimanda sia alla recente legislazione in materia di controllo dell’inquinamento atmosferico e piani urbani del traffico, sia ai programmi comunitari e regionali in merito all’aria. Ancora una volta si pone la questione delle coerenze esterne ovvero, in altri termini, il processo di integrazione tra sistema informativo dell’Amministrazione Pubblica, sistemi informativi geografici e modellistica comporta una visione globale. 2.2. Il censimento del patrimonio ambientale per la salvaguardia e valorizzazione Il censimento del patrimonio culturale deve risolvere funzioni diverse, che dipendono dalle competenze istituzionali e dalle specificità degli organi competenti. Tuttavia, affinché diventi strumento di uso collettivo e abbia una validità accettabile da tutti gli operatori coinvolti, si devono garantire alcuni aspetti, legati all’integrità delle informazioni, all’aggiornamento costante e alla certificazione dei dati. L’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione dipende dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e come attività specifica ha predisposto i tracciati per redigere le schede di catalogo relative a molte tipologie di beni. In seguito ha fornito indicazioni per la compilazione delle schede anche per un primo livello informativo, detto di “inventario”. Tuttavia, le indicazioni fornite non costituiscono una normativa obbligatoria, anche se sono abbastanza stabilizzate, poiché risalgono al 1990. Nella realtà è capitato che poche Amministrazioni Pubbliche abbiano operato in maniera sistematica per la realizzazione di un inventario, tuttavia si può citare lo stesso un caso significativo per affrontare i problemi legati proprio alla progettazione di un sistema informativo “ufficiale”. L’Amministrazione Provinciale di Milano avviò nel 1983 un progetto di censimento realizzato in più fasi, adottando un sistema di schedatura che in qualche modo potrebbe approssimarsi alle indicazioni dell’Iccd per il livello di inventario. Dopo le analisi bibliografiche sulla consistenza del patrimonio e sulla sua distribuzione, dopo le prime campagne informative e la messa a punto delle schede, il censimento fu avviato nel 1987; alla fine del lungo processo di rilevazione si è giunti a constatare l’esistenza di una serie di questioni non indifferenti: la cartografia iniziale era la carta tecnica regionale (CTR 1980), messa a punto dalla Regione Lombardia, basata su voli fatti tra il 1979 e il 1983 e resa disponibile nel 1984. Il volo relativo al territorio milanese era del 1980; a supporto degli studi sulle trasformazioni territoriali sono state utilizzate le carte catastali attuali, quelle del “Catasto Cessato” e quelle dell’Istituto Geografico Militare. Ogni carta ha riferimenti e criteri propri di rappresentazione; a supporto della compilazione delle schede per l’individuazione delle aree e degli edifici sono state usate le cartografie locali (aerofotogrammetrie, catasto, Prg); i criteri di perimetrazione delle aree e di selezione delle architetture esprimono intenzionalità diverse e non confrontabili nel corso di analisi specialistiche o nella individuazione di vincoli urbanistici; i criteri di perimetrazione delle aree dipendevano non solo dai rilevatori, ma spesso dagli Enti che operavano su oggetti con lo stesso nome (centro storico, parco, giardino storico, complesso rurale), ma con contenuti e definizioni diverse elaborate con criteri disomogenei. Ogni piano regolatore adotta criteri particolare per la perimetrazione delle aree e l’individuazione di vincoli, nonostante l’uso di terminologie analoghe. Si prenda, per esempio, in esame il concetto di bene ambientale nelle diverse accezioni possibili, che corrispondono nella pratica a una pluralità di consulenti possibili nelle definizioni dei piani; nella fase conclusiva del censimento era stato rilasciato dalla Regione Lombardia l’aggiornamento alla carta tecnica regionale (CTR 1994), anche in versione informatizzata, in cui si integravano aspetti raster e aspetti vettoriali. La fase più importante e delicata risulta quindi non tanto la compilazione di grandi quantità di schede, quanto l’accordo operativo sulla tipologia e sul tracciato della scheda, per non parlare dei criteri di compilazione dei campi. L’attività progettuale esula dalla ricerca di un ottimo assoluto, come potrebbe risultare evidente dall’esame dello stato attuale dei confini amministrativi, spesso fortemente conflittuali con gli sviluppi insediativi e la morfologia territoriale. La questione non è certo nuova e riguarda la diversità tra aspetti amministrativi e realtà territoriale, di cui un esempio sotto gli occhi di tutti, ma spesso ignorato, riguarda la pratica del governo del territorio. Per operare in termini realistici e non conflittuali si deve giungere a accordi, utilizzando strumenti opportuni come conferenze di servizio o accordi di programma. L’aspetto importante per ottenere risultati operativi consiste nell’individuazione di situazioni equilibrate e di interessi comuni. Similmente, la questione della certificazione del censimento non consiste in una sua immissione brutale in un sistema informativo, quanto nella necessità di ricostruire una fase progettuale legata a definizioni istituzionali e culturali (o scientifiche, se si preferisce) per giungere a accordi operativi. La perimetrazione di aree o l’identificazione di architetture e di complessi urbani da volorizzare tramite vincoli, norme e progetti non è definibile con criteri fisici di misura se non dopo avere raggiunto un accordo sull’oggetto, cioè sulla “grandezza” da conservare e tutelare. Questo spiega le difficoltà di costruire a posteriori una classe di oggetti, quando, nonostante il nome simile, ciascuno risponde a punti di vista diversi: nella maggior parte dei casi la diversità non si spiega con l’invocazione di errori di misura. I limiti del censimento di beni architettonici e ambientali trova una soluzione esaustiva nel momento in cui o si giunge al censimento completo di tutti i beni oppure si accetta di seguire una strada diversa di sintesi tramite il censimento dei beni urbanistici e territoriali. Figura 4: La struttura gerarchica delle schede urbanistico-territoriali messe a punto dall’Iccd. La loro applicazione permetterebbe di raccordare le suddivisioni amministrative e i le sezioni di censimento con la perimetrazione di ambiti territoriali omogenei. Le diverse schede corrispondono a un quadro di unione di suddivisione sistematica del territorio comunale Il progetto del sistema informativo per i beni culturali deve affrontare tre tematiche progettuali. La prima tematica riguarda la costruzione di un sistema unitario di georeferenze, il cui dettaglio può variare in funzione delle necessità, mantenendo però l’unità dei riferimenti geometrici. Ne consegue la necessità di operare agendo con realismo all’interno dello stato attuale della “cartografia”, cioè a partire dalle fonti esistenti. Analoghi punti di vista furono espressi negli anni settanta nei progetti di catasto integrato polivalente . L’importanza di quelle esperienze consiste nel riferire un insieme di informazioni alla particella catastale, che può essere vista come principio di georeferenza di informazioni utili non solo per il regime di proprietà, ma anche per molte altre analisi territoriali. La particella catastale diviene l’identificativo territoriale, che permette l’accesso a informazioni eterogenee (dalla proprietà, alla superficie, dalla destinazione d’uso attuale a quella futura, dal valore al sottosuolo e altro). Alla stessa stregua potrebbe funzionare la sezione di censimento o, meglio ancora, sarebbe da trovare una corrispondenza biunivoca tra particelle e sezioni. La seconda tematica progettuale fa riferimento alla possibilità di utilizzare reti esistenti per distribuire informazioni di qualsiasi natura, alfanumerica, geometrica e iconografica, associando sia basi di dati distribuite geograficamente, sia diversi livelli di accesso con grande flessibilità di interrogazioni. Il riferimento è la realtà attuale e funzionante di Internet o di Intranet, ove esistono siti che funzionano come accessi a altri siti tramite parole calde. Se con il primo riferimento si suggerisce di agganciare al censimento altre informazioni e di passare in questo modo all’ampliamento delle informazioni e al loro continuo aggiornamento, con il secondo si delinea come debba funzionare il censimento, tramite non solo la definizione di tracciati e di normative, vocabolari e dizionari, ma anche la costruzione di un sistema distribuito geograficamente, cioè che non risiede fisicamente in un unico ufficio, ma che è interrelato e che si gestisce tramite un’amministrazione unitaria. Il censimento assume la funzione di spina dorsale dell’amministratore centrale nell’architettura di rete. Nello stesso tempo, rispetto agli utenti il censimento ha funzione di indice di ricerca e permette l’accesso alle informazioni tramite sistemi aperti (tipo Internet) e chiusi (tipo Intranet) secondo della riservatezza necessaria. Tutto questo presuppone l’omogeneità delle azioni per ottenere nei fatti un sistema valido a livello nazionale (esempio della cartografia) La terza tematica progettuale implica la fattibilità, intesa come risorse umane, risorse economiche e risorse informative. Le risorse umane richiedono addestramento e specializzazione, ma anche necessitano di strumenti utili nello svolgimento delle loro attività. Le risorse economiche richiedono uno studio dettagliato del progetto al fine di calibrare finanziamenti, implementazione e priorità; inoltre, si possono combinare prescrizioni tramite capitolati e finanziamenti agli enti locali, che accettano tali normative, possibilmente promuovendo implementazioni graduali, basate su priorità. Per le risorse informative è condizione necessaria l’adeguamento a norme di qualità dei dati, pena l’inutilità di qualsiasi investimento. Questo richiede la verifica dei dati esistenti e la loro trasformazione prima di qualsiasi immissione nel sistema. In realtà, il passo iniziale consiste, dunque, proprio nella qualità del progetto e nella sua traduzione in capitolati dettagliati e praticabili. L’analisi dei dati e la loro certificazione sono essenziali quanto gli aspetti informatici e le relative modalità di memorizzazione e di gestione. Come da una parte si riconosce che il patrimonio urbanistico territoriale, il patrimonio architettonico e ambientale assieme a quelli storici e culturali richiedono una progettazione complessiva e unitaria per la realizzazione di un sistema informativo, così dall’altra parte si deve riconoscere l’importanza basilare che il progetto del sistema permetta la connessione reciproca dei beni non solo per la loro natura (oggetti che sono contenitori e opere dello stesso autore o con caratteristiche simili), ma anche per la loro ubicazione territoriale originaria e attuale (oggetti prodotti in un’area, oggetti conservati in una raccolta, musei di una regione). 3. L’informazione e la cartografia ambientale nella pianificazione Dalla legislazione e dall’organigramma regionale si traggono indicazioni sulle modalità operative e sulle relazioni tra settori e tra enti. Risulta chiaramente espresso l’impegno alla progettazione e realizzazione di sistemi informativi tramite dichiarazioni e impegni di spesa, ma altrettanto chiaramente si percepisce l’esistenza di centri per la produzione di informazioni intersettoriali. Dalla normale prassi amministrativa, mentre si richiedono dati per alimentare i processi operativi, si producono aggiornamenti e si arricchisce l’informazione di nuovi dati, si prende coscienza anche dei nodi da risolvere per raggiungere gli obiettivi strategici espressi nelle dichiarazioni programmatiche. Per delineare meglio la fase di progettazione concettuale della cartografia ambientale (o meglio del sistema informativo ambientale) è necessario, quindi, affrontare un ulteriore passo e cioè l’analisi dell’informazione ambientale nei processi di pianificazione, con particolare riferimento alle possibili relazioni tra pianificazione locale, pianificazione provinciale e pianificazione regionale, sempre ricordando quanto si dovrebbero legare reciprocamente. I piani in esame sono il Piano territoriale paesistico regionale e il Piano territoriale di coordinamento provinciale e il piano di bacino in corso di redazione dall’Autorità di bacino del fiume Po. Con i tre livelli di piano si illustrano le problematiche di controllo ambientale per aree vaste e la necessità di coerenza e sinergia. La pianificazione e la programmazione non sono processi estranei alla gestione: questo principio era stato affermato dal Ministero dell’Ambiente con sequenze di piani triennali “scorrevoli” ed è stato nuovamente affermato dalla cosiddetta Merloni ter che integra la legge per le opere pubbliche, la cui programmazione triennale deve essere predisposta come un processo in continuo avanzamento nel tempo. Il fatto che la pianificazione e la programmazione costituiscano le fasi logiche di una strategia della Pubblica Amministrazione, dovrebbe ritrovarsi esplicitato negli scambi di relazioni e di informazioni tra le Direzioni Generali “Urbanistica” e “Opere Pubbliche” o le diverse aree (Istituzionale, Sociale, Economica e Territoriale). In questo senso non esisterà un prodotto informativo di “base”, definito sommando i desideri di tutti, ma esisteranno i singoli archivi, opportunamente strutturati, da cui si potranno selezionare le “coperture” necessarie per fornire la base conoscitiva di un settore. La condizione necessaria è la conservazione del principio di coerenza tra gli archivi e l’eliminazione di asimmetrie incongruenti, tali da impedire l’identificazione univoca di un oggetto nei diversi livelli di dettaglio. L’elaborazione di piani costituisce la fase essenziale di guida della programmazione a breve e medio termine, come espressa per esempio nel concetto di “programma triennale scorrevole”. Ma se questo è vero, ne consegue che l’attività di pianificazione non solo non dovrebbe costituire un momento eccezionale legato al consenso politico, ma anche che in tale processo si debba trovare implicita la coerenza tra i diversi livelli di governo territoriale. Lo stesso contenuto dei siti Web dei tre enti di governo territoriale mostra, invece grosse differenze concettuali, in quanto solo il sito dell’Autorità di bacino del fiume Po pone l’attenzione sulla pianificazione, sui documenti ufficiali prodotti e sulle problematiche dell’informazione, spiegando con precisione metodologie applicate, limiti del prodotto ottenuto e sua significatività. A questo proposito è opportuno notare la discrepanza tra potenzialità delle tecnologie applicate alla cartografia e al telerilevamento e condizioni reali di utilizzazione di questi strumenti nelle cartografia di piano, spesso usate in modo simbolico o solo come appoggio di normative, raramente come fonti di analisi territoriale. 3.1. Il Piano Territoriale Paesistico Regionale Il livello informativo del Piano Territoriale Paesistico Regionale può essere sufficientemente definito in prima approssimazione dal dettaglio della cartografia allegata a supporto : le analisi delle trasformazioni sono state condotte sulla base della cartografia IGM, cioè delle tavolette 1:25.000 e sulla CTR 1:10.000, mentre il piano, a parte alcuni stralci esemplificativi, è basato su due tipi di allegati cartografici, di cui il primo a due colori sulle trasformazioni territoriali è una riduzione della CTR, e il secondo è invece una rappresentazione in scala 1:300.000, ma con un contenuto fortemente simbolico. Si osserva nel corso del piano lo sforzo di individuare i criteri di definizione o di formazione dei valori paesistici. In particolare, nell’abaco delle principali informazioni paesistico – ambientali sono citati i NOP “nuclei operativi provinciali” operanti in diversi settori: geologia, agricoltura, fauna, elementi storico artistici, vegetazione, previsioni urbanistiche, vincoli vigenti, grandi progetti. Se ne deduce, al di là che debba essere esistita o che debba esistere non solo una relazione con l’azione provinciale, ma anche una relazione di flussi informativi tra diversi uffici e livelli di governo così come enunciato nella parte istituzionale, ma soprattutto l’importanza che il dato sia unico e certo e che l’aggregazione di dati permetta di elaborare gli opportuni livelli di dettaglio. Per esempio, sia la strada individuata per la sua valenza di itinerario o di paesaggio deve trovare una sua identità nell’Archivio nazionale delle strade costruito omogeneamente e in modo coordinato dai diversi enti competenti, sia il centro storico di un comune deve avere le stesse perimetrazioni e gli stessi valori alle diverse scale di analisi e di vincolo. La questione che con il Ptpr si pone all’attenzione riguarda un aspetto di fondo essenziale e cioè che il processo stesso di formazione del piano deriva dall’insieme di atti compiuti all’interno delle attività ordinarie. Le azioni dei NOP non sono azioni isolate, ma richiedono il coordinamento orizzontale e verticale. Per coordinamento orizzontale si intende che tutti i NOP all’interno di ogni settore di analisi devono utilizzare gli stessi parametri di lettura. Ma questo non è sufficiente, poiché occorre ancora che tra i diversi settori si usino criteri comparabili. La comparabilità tra settori così disomogenei come “geologia, agricoltura, fauna, elementi storici e artistici, vegetazione, previsioni urbanistiche, vincoli vigenti, grandi progetti” non può che dipendere da una strategia forte dell’ente di governo coordinata con tutti gli altri Enti Territoriali. Pertanto, per quanto riguarda il coordinamento orizzontale si richiede in altre parole che tutte le province accolgano criteri omogenei di analisi e di intervento. Con questo si apre chiaramente il discorso del coordinamento verticale, poiché ovviamente risulta fondamentale che i criteri di analisi utilizzati a livello provinciale corrispondano non solo tra loro, ma anche a quanto adottato dalla Regione e dai Comuni. Per esemplificare se un piano regolatore generale identifica un centro storico, quest’identificazione, al di là dei dettagli e delle scale di rappresentazione, deve comparire anche a livello di identificazione provinciale e regionale. A ben guardare si comprende che l’approccio alle questioni informative del Ptpr comporta un ulteriore passo avanti. Infatti, il Ptpr raccoglie dati e informazioni provenienti dai livelli provinciali (NOP) e li combina con altri, che sono prodotti da altri uffici regionali, quali la cartografia, i paesaggi in relazione alle attività legate a agricoltura boschi e foreste, la presenza di beni ambientali e beni architettonici, la viabilità di rilevanza paesistica e quella panoramica. La cartografia ambientale è, dunque, il prodotto ottenuto per sintesi da informazioni esterne, in gran parte che dovrebbero essere contenute già in altri uffici regionali. Il valore aggiunto delle informazioni dovrebbe consistere non nelle modalità di raccolta, ma nelle metodologie di elaborazione dei dati utilizzate per individuare gli elementi territoriali rilevanti a livello di pianificazione regionale. Il piano è composto dai seguenti elaborati: Quadro provinciale dei riferimenti conoscitivi, Volume 1: Relazione generale, Allegato 1 La pianificazione paesistica della Regione Lombardia, prima fase 1985-1990, Allegato 2 La carta delle trasformazioni, Allegato 3 Documentazione di riferimento; Volume 2: I Paesaggi della Lombardia (L'immagine della Lombardia; Repertori); Volume 3: Analisi delle trasformazioni recenti; Volume 4: Cartografia di piano (scala 1:300.000; tematismi: ambiti geografici e unità tipologiche di paesaggio; elementi identificativi e percorsi panoramici; istituzioni per la tutela della natura; quadro di riferimento degli indirizzi di tutela e operatività immediata; viabilità di rilevanza paesistica); Volume 5: Abaco delle principali informazioni di carattere paesistico ambientale articolato per comuni (parte I: Appartenenza ad ambiti di rilevanza regionale; parte II: Presenza di elementi connotativi rilevanti); Volume 6: Norme di attuazione Indirizzi di tutela; Volume 7: Piani di sistema (parte I: infrastrutture a rete; parte II: Tracciati base paesistici) 3.2. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale Se il Piano territoriale paesistico regionale si fonda sul primo impianto di piano regionale promosso con la collaborazione delle Province, il Piano Territoriale di Coordinamento segna una seconda fase legata alle possibilità offerte dalla L n. 142 del 1990, nonostante siano mancate le indicazioni regionali per l’attuazione della legge . Quasi contemporaneamente, dunque, all’elaborazione del Piano Territoriale Paesistico Regionale era stata avviata la redazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale; in ogni caso è un’importante occasione per analizzare il contenuto informativo dei piani, per quanto sarebbe del tutto improprio in questa sede discutere circa i contenuti politici dei piani o i conflitti tra livelli di governo territoriale. In questa sede si vuole limitare l’attenzione sulla verifica di un’ipotesi secondo cui buona parte dei conflitti nascano da diverse definizioni e conseguentemente da diversi contenuti informativi. Nel caso del Ptc il supporto cartografico è ancora quello offerto dalla CTR, ridotta alla scala 1:40.000, mentre nessun riferimento ha potuto essere fatto alla cartografia locale, nonostante la ricchezza informativa, probabilmente proprio a causa della disomogeneità. In dettaglio l’apparato cartografico è articolato nei seguenti tematismi: 1. Sistema ambientale. Acque superficiali e sotterranee, metrica e simbolica su un impianto cartografico in scala 1:80.000 2. Sistema ambientale. Reti ecologiche, simbolica su un impianto cartografico in scala 1:75.000; 3. Sistema ambientale. Carta degli usi del suolo e delle unità ecosistemiche, scala 1:40.000 4. Sistema ambientale. Classificazione del suolo, scala 1:40.000 5. Vincoli di legge e beni di valore storico architettonico, scala 1:40.000 6. Sistema infrastrutturale, sistema insediativo e confini amministrativi, scala 1:40.000 7. Aree dismesse: valutazione di idoneità comparata per diversi tipi di riuso, scala 1:40.000. Appare evidente, nonostante la somiglianza “istituzionale” dei due piani, la diversità di contenuto, un aspetto che si era già presentato nel precedente sforzo di applicazione della legge Galasso, quando la regione Lombardia aveva cercato di ottenere un piano dalle indicazioni delle Province, ma senza avere promosso preventivamente un coordinamento approfondito sui contenuti. Le esperienze dei NOP provinciali avevano proprio dimostrato la difficoltà di integrazione delle informazioni. In questo caso sono soprattutto la cartografia provinciale sulle reti ecologiche e il quarto volume regionale sulla cartografia di piano a risultare disomogenei, dimostrando una netta divaricazione di pianificazione, i cui primi segnali erano proprio nella diversità informativa. 3.3. Il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali sui corsi d'acqua principali del bacino idrografico del fiume Po L’Autorità di Bacino del fiume Po si presenta come un livello superiore di governo territoriale, in quanto interessa sei Regioni e una Provincia autonoma. In risposta alla missione istituzionale di predisposizione di un piano territoriale ha finora approvato il Piano Stralcio PS 45 dedicato al ripristino dell’assetto idraulico e all’eliminazione delle situazioni di dissesto idrogeologico, a cui è seguito il Piano stralcio delle fasce fluviali, mentre è ancora in corso la redazione del Progetto di piano stralcio per la difesa idrogeologica e della rete idrografica. Tra le altre attività ha collaborato con il Ministero dei beni Culturali e Ambientali per predisporre direttive di valorizzazione del patrimonio (1993), proseguite con approfondimenti tematici. Nella relazione al Piano stralcio delle fasce fluviali se ne descrivono gli scopi. Il piano “è strumento per la delimitazione della regione fluviale, funzionale a consentire, attraverso la programmazione di azioni (opere, vincoli, direttive), il conseguimento di un assetto fisico del corso d'acqua compatibile con la sicurezza idraulica, l'uso della risorsa idrica, l'uso del suolo (a fini insediativi, agricoli e industriali) e la salvaguardia delle componenti naturali e ambientali.” Figura 5: Nello schema di sintesi della cartografia utilizzata per la redazione del piano di bacino sono messi in evidenza gli aspetti problematici derivati dall’eterogeneità delle informazioni cartografiche e le necessità operative di ordinare in ogni caso una base unitaria di riferimento Inoltre, nella relazione si mettono in evidenza le relazioni sia istituzionali con la “Tutela paesistica e ambientale” e la “Pianificazione territoriale”, sia operative con i riferimenti allo “Stato della pianificazione ambientale e paesistica inerente le fasce fluviali” . In particolare, è opportuno riportare un altro passo della relazione dove si sottolineano le interazioni dei livelli di pianificazione: “La pianificazione territoriale e paesistica regionale e provinciale ruota intorno ai meccanismi delle leggi 431/85, 394/91, 142/90. In ognuno di questi strumenti sono presenti elementi di integrazione e correlazione tra pianificazione territoriale e paesistico-ambientale. La L n. 431 del 1985, per esempio, equipara i piani paesistici ai piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, demandandone la redazione alle Regioni al fine di sottoporre a specifica normativa d'uso e valorizzazione ambientale il territorio di competenza (art. 1-bis). La legge quadro sulle aree protette (L n. 394 del 1991) riconosce al piano del parco il valore di piano paesistico e di piano urbanistico. La legge di riforma delle autonomie locali (L n. 142 del 1990), infine, demanda alle Province la redazione del piano territoriale di coordinamento, con particolare riferimento alla materia economica, ambientale e urbanistica.” Figura 6: Con maggior dettaglio l’esame dello schema di sintesi della cartografia 1:250.000 illustra tutto il processo seguito per la predisposizione del quadro di insieme. Ogni livello cartografico ha richiesto specifiche elaborazioni Anche in questo caso, risulta interessante analizzare i settori informativi di intersezione con gli altri livelli di piano, utilizzando gli aspetti specifici del confronto in modo da affrontare una metodologia generale. Le competenze istituzionali, le finalità operative e l’estensione territoriale rendono particolarmente significative le esperienze relative alla cartografia di base e alle modalità di realizzazione di un sistema informativo geografico per zone e elementi di interesse paesistico ambientale soggetti a tutela. Figura 7: Sintesi delle tecniche di acquisizione e trattamento dei dati Per quanto riguarda il primo aspetto l’Autorità di bacino ha scelto due scale (1:250.000 e 1:25.000), mentre la scala intermedia (1:50.000) ha dovuto essere scartata per la mancanza di una copertura omogenea del bacino e in quanto la riduzione dalla scala 1:10.000 avrebbe comportato scadimenti qualitativi inaccettabili. Inoltre, l’Autorità di bacino ha avviato un’esperienza di Gis per le zone e per gli elementi di interesse paesistico ambientale soggetti a tutela e ha individuato “nelle basi censuarie dell’Istat la fonte di acquisizione e di manutenzione dei temi relativi ai diversi livelli di delimitazione amministrativa” . In conclusione, a causa della disomogeneità delle informazioni geografiche l’esperienza dell’Autorità di bacino ha dimostrato i passaggi necessari per costruire una “cartografia di base unitaria” e la relativa perdita di qualità. Per rimediare a questi costi generali non si vede altra strada che ripercorrere un processo di unificazione e standardizzazione dei processi di produzione di informazioni tramite capitolati e finanziamenti consistenti, allo scopo di operare con modelli geometrici coerenti a qualsiasi a scala. Inoltre, la scelta di ricorrere ai confini amministrativi e alle sezioni di censimenti indica un'altra modalità a basso costo per costruire georeferenze significative e in continuo aggiornamento. L’utilità di disporre di una suddivisione sistematica con confini stabili rimanda a sua volta all’importanza che avrebbe l’adozione sistematica dei quadri di unione previsti dall’Iccd a proposito dei beni urbanistici e territoriali. In questo modo tutto il territorio italiano potrebbe essere suddiviso con confini amministrativi, urbanistico-ambientali e statistici congruenti e stabili. 4. Le caratteristiche del progetto concettuale di un sistema informativo ambientale per la Pubblica Amministrazione La cartografia ambientale o, come si è detto, il sistema informativo ambientale potrebbe essere visto come lo sviluppo di un sistema informativo “privato” o “individuale”. Tuttavia, questa visione progettuale potrebbe comportare molti rischi se non fosse sostenuta e inquadrata in una visione strategica mirata alla costruzione di un sistema informativo “ufficiale” o “pubblico”. Questi elementi ripresi dalla letteratura sui sistemi informativi aziendali sono del tutto pertinenti alla progettazione anche in ambito della pubblica amministrazione, fatti salvi due principi fondamentali. Il primo principio riguarda la necessità che il sistema informativo della Pubblica Amministrazione sia un sistema informativo aperto e capace di collegare tutti i livelli di governo. Il secondo principio riguarda la necessità della Pubblica Amministrazione di riferire geograficamente i suoi dati, in quanto istituzionalmente preposta proprio al governo territoriale (Figura 8). Figura 8: Il progetto concettuale della cartografia ambientale o del sistema informativo ambientale nasce dalla conoscenza dei gruppi di utenti e delle normative che disciplinano le deleghe. Poiché lo stesso oggetto territoriale può essere di competenza di più enti, il progetto di sistema informativo deve essere comune e, quindi, deve risultare dalla collaborazione e cooperazione 4.1. La progettazione concettuale del sistema informativo ambientale regionale Il progetto concettuale di un sistema informativo toccherà i seguenti punti: 1. la certificazione della qualità dei dati e la distribuzione delle informazioni. 2. Il livello necessario di georeferenza con lo studio del livello di dettaglio idoneo alle diverse decisioni e del tipo di programmi Gis (sistemi informativi geografici); 3. il supporto alle pratiche degli uffici; 4. il supporto alle decisioni. La fase iniziale della progettazione consiste nell’analisi dei gruppi di utenti e delle normative che regolano competenze e procedure. Poiché lo scopo del sistema informativo riguarda il controllo ambientale attuato da diversi enti, è evidentemente necessario sia uniformare la loro azione, sia permettere gli opportuni scambi di informazioni. In effetti, vi sono due ordini di problemi, che derivano dalla complessità amministrativa e da quella ambientale. Per quanto riguarda la prima, è noto che si opera su realtà amministrative consolidate con notevoli complessità di procedure e con una continua esigenza e produzione di informazioni, per la seconda bisogna ricordare che l’ambiente è composto da un insieme intricato e sfumato di sottoinsiemi che interagiscono, la cui conoscenza teorica e disciplinare è per molti versi in corso di definizione e di approfondimento o non universalmente accettata. A questi si unisce un terzo ordine di problemi che deriva dalle priorità attribuite alla costruzione di una base di dati comuni. Quest’ultimo ordine di problemi ha in un certo senso un’analogia con quanto fu discusso nel mondo cartografico a proposito della cartografia di base e della cartografia tematica. In particolare, a proposito della cartografia di base, si ricorda il dibattito teorico e poi le discussioni presso le Regioni in cui, mentre si richiedeva la definizione di un livello informativo comune per tutti, ci si trovava in difficoltà nel fare accettare tale “base” come “base comune unitaria”. I due aspetti non sono uguali e comportano due momenti separati di discussione tra più livelli di governo: nella prima si ampliano gli strati informativi considerati indispensabili secondo una pluralità di decisori e questo influisce su tempi e costi; nella seconda si avvia una diaspora, che vede separarsi i progetti, in funzione di definizioni locali di “cartografia di base”. Un simile dibattito con la maturazione di soluzioni disomogenee è stato vissuto nella produzione cartografica regionale italiana. La stessa predisposizione delle normative risente non solo di queste problematiche, ma anche di livelli di “compromesso politico”, che hanno invaso la stessa fase definitoria delle grandezze da analizzare e la definizione delle misure. Figura 9: I bisogni informativi non sono definiti in astratto, ma in funzione delle procedure reali, nello stesso tempo devono rispondere a esigenze di univocità e di correttezza disciplinare. In funzione dei livelli di governo si definiscono le scale di dettaglio e le unità di misura per descrivere dove, come e quando intervenire La costruzione di una base dati è, dunque, uno dei punti critici da superare tramite una fase progettuale molto articolata e dettagliata con cui si definiscono i dati e tutte le procedure di produzione della conoscenza (cfr. Figura 9). Alla definizione dei bisogni informativi seguirà una fase interdisciplinare su quali grandezze misurare, in modo da raccordare le procedure amministrative alla produzione delle informazioni necessarie a supportare il processo decisionale. Risulta chiaro che nel processo di discretizzazione dell’ambiente e nella definizione di priorità operative emergerà un fabbisogno molto eterogeneo di dati e di dettaglio, ma questo non dovrebbe preoccupare, quanto misurare le analisi con l’economia di produzione della conoscenza: pochi dati, ma significativi. In un certo senso si ripercorre il lungo processo intellettuale che ha portato alla cartografia moderna e lo si trasferisce nei sistemi informativi, recuperando i concetti di dettaglio e precisione, di significatività, di certificazione e di collaudo. Ne risulta che lo scopo principale non consiste nel disporre di una rappresentazione esatta della realtà, che potrebbe essere una delle false interpretazioni di cartografia di base o di basi di dati generali per i sistemi informativi, quanto di disporre di un modello operativo utile per trasformare la realtà. Figura 10: Vi sono molti modi di misurare un oggetto, ma non tutti sono significativi. Per risolvere ogni questione controversa, è necessario che tutti gli utenti scelgano le stesse modalità di definizione dell’oggetto, le stesse unità di misura e che si accordino sulla precisione necessaria per le singole scale In questo senso esiste uno stretto legame a livello sia di sviluppo nel tempo del sistema dalla fase iniziale d’implementazione a quella continuativa di aggiornamento, sia di accordo sulle definizioni operative e legenda delle rappresentazioni geografiche, sia tra gli strati informativi e le basi di dati distribuite e gestite da uffici e enti diversi (cfr. Figura 10). La possibilità di elaborare i dati in senso statistico e modellistico comporta difficoltà soprattutto quando si è in presenza di un sistema composto da un insieme eterogeneo di utenti, in cui ciascuno seleziona le grandezze da misurare, utilizza unità arbitrarie, dove magari l’arbitrarietà consiste in modalità di taratura delle apparecchiature o in particolari medie delle misure, e di archivi (basi di dati) realizzati in assenza di direttive e sulla base di esigenze individuali o locali (cfr. Figura 11). Figura 11: La stessa legenda esprime una conoscenza operativa; la legenda è legata alle coperture e alle soglie significative di lettura dei fenomeni ambientali e territoriali. Le interrogazioni ricorrenti, le ricerche non prevedibili e le elaborazioni statistiche o modellistiche rispondono alle esigenze dei processi decisionali La fattibilità nasce dal realismo e dalla correttezza scientifica dell’impostazione a partire dalle necessità operative e da questo dipende il dettaglio informativo, che, tra l’altro, incide proprio per il suo contenuto economico sulla stessa fattibilità. Molto probabilmente sarebbe utile predisporre un’azione combinata di capitolati e di finanziamenti parziali al fine di uniformare e stimolare i vari uffici e enti a scegliere modelli e procedure omogenee. Nello stesso tempo si suggerisce di promuovere analisi sulle informazioni preesistenti, affinché sia possibile valutare la possibilità e le modalità di un loro recupero (cfr. Figura 12). Il recupero delle fonti esistenti costituisce senz’altro un passaggio molto delicato. Probabilmente è importante sapere chi ha prodotto informazioni, la qualità intrinseca dell’archivio e le modalità di accesso; inoltre, è importante capire se si tratta di dati prodotti in continuità o ottenuti da inchieste specifiche o sperimentali, ma non continuative. Tuttavia, sarà altrettanto probabile che il costo di recupero delle informazioni storiche allo stato attuale sia tale da non giustificare alcuna priorità in questo senso, mentre la priorità dovrà essere messa nel normare la produzione futura di dati secondo una coerenza generale di sistema informativo. In questo senso non si trova alcuna giustificazione teorica e pratica a eventuali conflitti tra centro e periferia sull’identificazione di criteri omogenei di produzione di dati. Figura 12: L’analisi del fabbisogno informativo e la scelta degli ambienti operativi ed elaborativi servono per dimensionare l’architettura hardware, software e di rete. Le strategie aziendali unitamente a quelle informatiche, la velocità di acquisizione di dati e le priorità operative determinano sia l’entità degli investimenti, sia la loro gradualità nel tempo. Tuttavia, si osserva come nel progetto concettuale confluiscano valutazioni realistiche sullo stato operativo degli enti, in base alle quali si stabiliscono i criteri dell’implementazione Il progetto di sistema informativo geografico, o georefenziato se si preferisce, secondo quanto finora descritto non corrisponde affatto a un particolare programma installato su un calcolatore, ma è, prima di tutto, un modello mentale di organizzazione dei dati e del lavoro della Pubblica Amministrazione. Si tratta di modello mentale elaborato in base a conoscenze operative e che serve sia per aspetti di determinazione quantitativa, sia per strutturare l’organizzazione operativa, sia per sostenere la definizione delle strategie, delle tattiche attuative fino alle operazioni più strutturate appartenenti alle attività continue dell’Amministrazione. Nella progettazione di un sistema informativo vi sono due assiomi, banali, ma essenziali e ineludibili. Con il primo assioma si afferma che un sistema informativo, progettato per un utente e utilizzato da un solo utente, non è un sistema informativo. Quest'affermazione esprime la convinzione che il sistema debba rispondere, prima di tutto, alla logica di gestione e di distribuzione delle informazioni tra più utenti e non al loro ordinamento ad uso e consumo di un singolo. Questo non significa impedire lo sviluppo di sistemi informativi privati, quanto di promuove con priorità lo sviluppo di un sistema informativo pubblico e georeferenziato. Con il secondo assioma si afferma che il sistema informativo è parte essenziale e integrante dell’organizzazione del lavoro. Una finalità primaria del progetto consiste nel realizzare supporti e aiuti ai processi produttivi nella Pubblica Amministrazione e nelle aziende private. La conseguenza dei due assiomi di socializzazione delle informazioni si combina con i criteri di scelta dei dati e di strutturazione degli archivi in funzione dei processi produttivi. 4.2. La visione strategica e l’interdisciplinarietà nella formulazione dei principi progettuali In base a queste osservazioni si possono indicare alcuni principi progettuali e alcune raccomandazioni operative al fine di impostare le fasi della progettazione concettuale di un sistema informativo ambientale regionale. A queste fasi seguiranno altre fasi essenziali per portare a buon fine gli obiettivi di disporre di informazioni ambientali: si tratta non solo della definizione dei programmi di elaborazione e delle macchine da utilizzare, ma anche delle elaborazioni possibili sia come recupero di informazioni (data retrieval) e di analisi dei dati (data analysis) e poi anche i criteri di rappresentazione e di modellistica . Tali principi e raccomandazioni operative non sono tutto sommato novità, in quanto in parte si rifanno ai principi della teoria generale dei sistemi e in parte agli studi sui sistemi informativi aziendali. L’aspetto innovativo consiste semmai nell’inquadrare i sistemi informativi geografici all’interno di un progetto ufficiale di sistema informativo aziendale e georeferenziato. È per questa convinzione che si afferma che il progetto ufficiale deve rispondere al concetto di utilità del sistema informativo, all’individuazione corretta dei gruppi di lavoro per la progettazione del sistema, all’implementazione contestuale dei meccanismi di aggiornamento e certificazione dei dati, all’integrabilità tra fonti eterogenee, tramite la normalizzazione delle basi di dati, alla definizione di capitolati e incentivi finanziari per orientare gli enti verso unna strategia unitaria fino a giungere, infine, a raggiungere obiettivi di coordinamento tra gli Enti Locali, le Regioni e lo Stato. 4.2.1. L’utilità del sistema informativo e della cartografia In primo luogo si deve progettare un oggetto basato sul principio dell’utilità del sistema informativo: deve essere condiviso, cioè rivolto a più utenti, poiché se avesse un solo utente non sarebbe un sistema informativo; deve contenere un sistema di guida “orientata” alle informazioni, cioè deve indirizzare verso dove sono raccolte quelle informazioni utili a un dato specialista; deve supportare il processo decisionale: il sistema informativo deve rispondere ai compiti istituzionali dell’ente e dell’ufficio e deve essere mantenuto aggiornato; deve essere economico e la sua implementazione deve agevolare i compiti degli uffici, sia per quanto riguarda la scelta dei dati, sia la sua organizzazione e utilizzazione tramite ricerche guidate oppure tramite la possibilità di facile uso per fare ricerche non strutturate. In questo modo si afferma che il sistema deve rispondere a principi di efficacia e di efficienza. 4.2.2. La cooperazione tra gruppi di lavoro e le viste del sistema informativo In secondo luogo, alla progettazione deve partecipare un gruppo rappresentante sia dei bisogni degli uffici, sia degli aspetti disciplinari coinvolti. A tal fine è necessario che la progettazione e la gestione del sistema trovino concordi più operatori o, in altri termini, che si formino, più o meno spontaneamente, almeno tre gruppi: un primo gruppo per analizzare i diversi punti di vista dell’insieme degli utenti, il fabbisogno informativo, le procedure amministrative e le modalità operative; un secondo gruppo per garantire il rapporto tra specialisti, studiosi dello stesso oggetto per le definizioni delle grandezze e delle misure che lo descrivono; un terzo gruppo per garantire il rapporto tra specialisti e informatici per la progettazione della struttura della base dati. La definizione dei punti di vista dei singoli utenti comporta l’articolazione del progetto architetturale in modo da rispondere a un ragionevole rapporto tra prezzo e prestazioni nella strumentazione hardware e software in modo da rispondere alle esigenze del principio generale di efficienza del sistema. L’obiettivo della cooperazione è la coerenza interna e esterna del sistema, come può apparire chiaramente riprendendo gli esempi delle strade e dei beni architettonici e ambientali. Nell’esempio delle strade e del traffico si mostra la necessità di una strategia informativa che scaturisce da problemi ambientali, igienici e di rischio. Infatti, in questo caso ci si trova di fronte al problema di inquinamento (aria e rumore) con implicazioni sulla salute, per il quale si può pensare anche a un monitoraggio, ma la cui risoluzione dipende da un sistema lontano. L’azione di controllo e tutela ambientale si esercita con il controllo del traffico, con la costruzione di infrastrutture per il trasporto pubblico e privato e con particolari tipi di gestione dei diversi sistemi. Tuttavia, il sistema informativo deve integrare dati e informazioni o, in altri termini, la struttura dei dati deve essere pensata rispetto alle azioni di governo possibili. Negli studi regionali sulle applicazioni modellistiche e di sistemi informativi geografici si citano come base informativi i posti offerti dal trasporto pubblico e i biglietti venduti, ma questo dato, mancando il tasso di occupazione e quindi non essendo significativo dei rapporti tra domanda e offerta, non permette di valutare l’utilità dell’attuale offerta. Per quanto riguarda i beni architettonici, ci si accorge poi che la delimitazione di centro storici (in termini di storia dell’architettura), di centro abitato (ai sensi del Codice della strada), di zona A (ai sensi del DM del 1 aprile 1968) sono simili, ma non equivalenti. Sempre negli studi citati e sviluppati all’interno della Regione Lombardia si presentano altri criteri per la delimitazione dee centri abitati (ai sensi del Codice della strada). È chiaro che la perimetrazione di un’area comprende anche aspetti qualitativi e discrezionali: ma a questo punto si hanno una miriade di oggetti con normativi differente e spesso conflittuali, non confrontabili, ma con effetti territoriali tutt’altro che prevedibili. Anche in questo senso l’applicazione di delimitazioni d’area deve rispondere non a principi astratti e complessi, quanto a ragioni oggettive di gestione e amministrazione del territorio. A tutte le scale, le perimetrazioni di ambiti territoriali devono coincidere. In questo senso, il sistema informativo deve garantire la possibilità di integrazione tra diverse basi di dati, secondo il principio delle analisi incrociate, evitando non solo ridondanze di dati, ma anche situazioni di squilibrio con componenti sofisticati affiancati, per esempio, da situazioni deboli per informazioni non certificate o non significative o con dettaglio diverso. Questo potrebbe accadere, per esempio, quando per rappresentare un’area vasta per carenze cartografiche si operasse, affiancando fogli a grande scala e fogli a piccola scala a seconda della disponibilità: il risultato sarebbe comunque pericolosamente squilibrato, oltre che inutilmente costoso. Tuttavia, questi obiettivi saranno perseguibili solo se si indurrà una situazione di equilibrio dinamico tra sistema centrale e utenti: se da una parte il sistema centrale eroga servizi informativi, questi devono rispondere alle esigenze delle competenze e delle procedure degli utenti, così come dall’altra parte tutti i componenti che accedono al sistema devono partecipare allo stesso modello concettuale. Il sistema informativo ufficiale assieme ai sistemi informativi individuali devono rispondere al principio di coerenza interna, cioè tra i diversi componenti portando al massimo le sinergie, e al principio di coerenza esterna, ai fini dei rapporti con gli altri Enti. Il sistema informativo nella Pubblica Amministrazione è principalmente un sistema aperto e pertanto oltre alla coerenza è essenziale che risponda anche al principio di efficacia, cioè che il prodotto del sistema deve rispondere al meglio e con la minor fatica (o costo generale) alle aspettative dei suoi utenti. 4.2.3. La vitalità del sistema informativo tra aggiornamento e diffusione In terzo luogo, il prodotto realizzato deve garantire la vitalità del sistema. Questa è realizzabile solo se: le diversità tra i software, funzionali a compiti diversi, non devono comportare scelte di struttura delle basi dati vincolanti: dunque, è necessario potere effettuare transazioni con sistemi diversi, esportare e importare dati, senza perdere informazioni e quindi aggiornare da più fonti; l’esistenza di basi di dati distribuite non deve in alcun modo giustificare dati non certificati, ma, inoltre, richiede l’esplicitazione di criteri controllo per la loro sicurezza e integrità; il lavoro ordinario della Pubblica Amministrazione deve costruire l’aggiornamento continuo del sistema, poiché questo significa abbassare il costo dei dati e, nello stesso tempo, mantenere vivo e sempre aggiornato il sistema. L’amministratore centrale dei dati fornisce il sistema informativo pubblico. I singoli settori possono sviluppare sistemi informativi individuali, che possono fornire aggiornamenti solo attraverso procedure di certificazione dei dati. L’implementazione del sistema informativo e della cartografia si basa sia sulla disponibilità di risorse economiche e risorse umane, sia sulla predisposizione di idonee capitolati generali, con cui si stabiliscono le linee guida operative. Queste linee guida precedono un progetto preliminare e ne guidano la correttezza dell’impostazione, in quanto contengono, a nostro parere, le norme per la sua redazione e per la successiva impostazione del progetto fino al suo naturale completamento, che è rappresentato dal capitolato. Il capitolato dovrà contenere non solo le prescrizioni dell’architettura hardware e software, ma anche gli elementi di garanzia, di manutenzione e di aggiornabilità: in questo senso il progetto dovrà mantenere le caratteristiche interdisciplinari dell’impostazione. Ai principi generali seguono anche delle condizioni operative specifiche per la questione della cartografia ambientale regionale. I punti da trattare sono il concetto di sistema dei dati; la coerenza tra sistema di dati e di informazione e struttura del processo decisionale, i rapporti tra settori di uno stesso ente di governo territoriale e quelli tra diversi enti di governo territoriale. Il sistema dei dati secondo quanto finora descritto deve essere comprensivo di definizione delle grandezze, scelta delle unità di misura, criteri di raccolta e criteri di archiviazione, criteri di restituzione, oltre agli aspetti di certificazione, collaudo e di aggiornamento. La coerenza tra sistema dei dati e di informazioni e strategia del processo decisionale vuole significare la necessità che il processo di gestione amministrativa non può essere disgiunto dal processo di pianificazione. Il piano scaturisce dalla conoscenza derivata dal processo ordinario di gestione della Pubblica Amministrazione e serve per organizzare il lavoro accordando su obiettivi ragionevoli operatori pubblici, operatori privati e cittadini. I rapporti tra settori e tra livelli di governo territoriale implica rendere pubblica una strategia comune, da mettere in discussione fino a giungere tempestivamente alla sua adozione. Essa definisce lo stato di diritto entro cui muovere le trasformazioni territoriali e pone vincoli reciproci tra autonomie locali e strategie centrali. 4.2.4. Per un progetto unitario e nazionale di sistema informativo e di cartografia Un ultimo discorso riguarda il concetto primitivo di cartografia di base. Allo stato attuale delle cose si ritiene doveroso richiamare l’attenzione sulle metodiche operative dei singoli settori. La cartografia di base, o per traslato il sistema informativo ambientale di base, non può essere definita come quell’insieme di informazioni di cui tutti vorrebbero disporre e che, stanti i limiti derivanti dal costo dei dati e dalla loro riservatezza, si ritiene comunque utile avere. Il problema deve essere posto in un’altra prospettiva. Per primo si afferma la necessità di divulgazione dei dati, in quanto prodotti dalla Pubblica Amministrazione con risorse pubbliche essi costituiscono una ricchezza pubblica. Successivamente sarà all’interno di ogni disciplina (o in termini di Pubblica Amministrazione di settore operativo, in accordo con le conoscenze scientifiche) che si definisce la grandezza e la misura. In fine ciascuno si potrà comporre la base informativa necessaria prelevando da ciascun sistema, purché qualcun altro abbia stabilito modalità di archiviazione, processi di estrazione e di generalizzazione, capisaldi e quant’altro serva per appoggiare (per permettere di certificare e di collaudare) le misure. Infine, per concludere con un’osservazione disciplinare si rimarca come molti dati territoriali riguardino specificamente l’urbanistica, cui spesso e purtroppo non sono state date metodiche “scientifiche” nella definizione delle grandezze e delle misure. È indiscutibile che quanto detto debba valere anche e specialmente per la pianificazione ambientale e per l’urbanistica, le definizioni di base e i concetti operativi si devono consolidare nell’uso diffuso secondo modalità omogenee con risultati comparabili. 5. Fonti 5.1. Libri Alberti, M., Bagini, L., Marescotti, L. e Puppo, M., 1995, I sistemi informativi ambientali per l’urbanistica, Il Rostro, Milano Bellini, A. Canevari, A., Marescotti L. (a cura di Giambruno M. C., Mascione, M.), 1995, Territorio, beni culturali, piano. Un esperimento in Lombardia, Alinea, Firenze Berrini, M., Campeol A., Felloni F., Magoni M., (a cura di), 1993, Aspetti ecologici nella pianificazione del territorio, Grafo, Brescia Betrò, V., 1992, Normativa in materia di tutela ambientale, Provincia di Milano, Milano Betrò, V., 1994, Normativa per la tutela di parchi, riserve e foreste, Provincia di Milano, Milano Camussone, P. F., 1998, Il sistema informativo aziendale, ETASLIBRI, Milano Canevari, A., Marescotti, L. (a cura di), 1985, La cartografia per l'urbanistica e l'architettura, Clup, Milano Capria, A.(a cura di), 1997, Annuario dell’Ambiente, Lombardia 1997 Milano Cometti, E., Ratti, L., 1997, Gis e modelli per i trasporti e la mobilità in Regione Lombardia, Mondogis, anno II, n. 7, novembre, pp. 17/20 Curti, V. M., Marescotti, L., Mussone, L., 1999, Pianificazione gestione del traffico urbano, Il Rostro, Milano Mauceri, V., Pasqualini Salsa, C., 1997, Tutela dell’ambiente, Maggioli Editore, Rimini Mazzarelli, M., 1996, Codice di urbanistica e tutela del territorio - Lombardia, Pirola Editore, Milano Ministero dell’Ambiente, 1992, Relazione sullo stato dell’ambiente, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma Ministero dell’Ambiente, 1997, Relazione sullo stato dell’ambiente, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma Postiglione, A. (a cura di), 1996, Codice dell’ambiente, Maggioli Editore, Rimini 5.2. Siti Internet Autorità di bacino del fiume Po, (in aggiornamento continuo): http://www.adbpo.it Provincia di Milano, (in aggiornamento continuo): http://www.provincia.milano.it Regione Lombardia, (in aggiornamento continuo): http://www.regione.lombardia.it 5.3. Piani e documenti di enti di governo territoriale Autorità di bacino del fiume Po, 1996, Piano Stralcio delle Fasce Fluviali sui corsi d'acqua principali del bacino idrografico del fiume Po, Parma (in: http://www.adbpo.it) Autorità di bacino del fiume Po, 1998, La cartografia di base per la redazione del Piano di bacino del fiume Po, Parma (in: http://www.adbpo.it) Autorità di bacino del fiume Po, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Istituto centrale per il catalogo e la Documentazione, 1998, Censimento, conservazione e valorizzazione dei beni culturali lungo l’asta del Po, (rapporto) gennaio, Parma Provincia di Milano, Centro Studi Pim, 1998, Piano provinciale della viabilità. Bozza per la verifica e la discussione con i Comuni, Provincia di Milano, Milano, maggio Provincia di Milano, 1998, Piano territoriale di coordinamento, Provincia di Milano, Milano, dicembre Regione Lombardia, 1998, Piano territoriale paesistico regionale, Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n.20, edizione speciale del 21 maggio 1998, anno XXVIII, n.120 bis, Milano"
Community Reviews (0)
Feedback?History
- Created April 16, 2009
- 13 revisions
Wikipedia citation
×CloseCopy and paste this code into your Wikipedia page. Need help?
November 17, 2011 | Edited by | Edited without comment. |
November 11, 2011 | Edited by | merge authors |
April 13, 2010 | Edited by Open Library Bot | Linked existing covers to the edition. |
December 15, 2009 | Edited by WorkBot | link works |
April 16, 2009 | Created by | Edited without comment. |