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I segni che ciascuno di noi lascia, come quelli in cui ci imbattiamo nella vita quotidiana, sono “artefatti”. Parlano un po’ di noi e dei nostri linguaggi interiori. Chi si occupa di studi organizzativi conosce l’importanza degli artefatti come strumenti di diagnosi e comprensione del mondo. Per comprendere sia le dimensioni strutturali dell’agire, quelle che interessano i meccanismi formali di funzionamento di una sistema; sia le dinamiche relazionali. Quelle soft, nello spazio di libertà che ciascuno ha ed esprime, al di là delle prescrizioni pròprie delle nostre organizzazioni.
Lasciare un segno in punta di matita è – nella prospettiva artefattuale - un modo di “generare oggetti” (e rappresentazioni mentali) all’interno delle organizzazioni che abitiamo tutti i giorni. E che vivranno - poi - a prescindere da noi. Sia che si tratti di oggetti intenzionali, sia che si tratti di oggetti casuali. Oggetti (e rappresentazioni) che oggi possiamo percepire in questa piccola pubblicazione. Oggetti che assumono una vita pròpria. Perché sono in relazione con chi di noi se ne approprierà, attraverso l’uso articolato dei sensi.
Lasciare un segno è dunque un atto creativo, un processo di generazione: che sempre interessa non solo il gesto artistico, come è banalmente ovvio che sia. Ma anche l’azione socio-organizzativa, come quella della Politica, amministrativa e di intervento nella quotidianità delle piccole cose. Nel nostro cosìddetto sociale. Per trascendere e andare al di là (e aldilà) le specificità di un momento in cui quel segno è tracciato e lasciato.
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Feedback?December 21, 2011 | Edited by luigi maria sicca | Added new cover |
December 21, 2011 | Created by luigi maria sicca | Added new book. |