An edition of La società postpanottica (2008)

La società postpanottica

Controllo sociale e nuovi media

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April 28, 2010 | History
An edition of La società postpanottica (2008)

La società postpanottica

Controllo sociale e nuovi media

Al centro di questo lavoro c’è un’analisi del fenomeno del controllo sociale. Ma non è un libro sul controllo sociale. O meglio non solo. È anche un libro sulla postmodernità e sui nuovi scenari mediatici offerti dalle nuove tecnologie dell’informazione. O forse, molto più modestamente, prende in esame questi tre aspetti e li analizza in un crescente intreccio. L’emergere di questi articolati e complessi elementi quali l’avvento della postmodernità e l’evolversi su vasta scala del medium Internet, impongono un aggiornamento dello strumentario concettuale e teorico del fenomeno del controllo sociale. Non si tratta però solo di sua rilettura al tempo della rete o della postmodernità, ma anche di una riflessione sulla postmodernità al tempo della rete, e di internet in relazione alla postmodernità e al controllo sociale. In altri termini questi tre grossi topoi che hanno dato, e continuano a dare, luogo a profonde discussioni, analisi e dibattiti in campo sociologico e non, vengono riletti e analizzati in un continuo rimando che ha come comune denominatore il dinamico e perenne evolversi della società contemporanea. L’obiettivo è allora, pur con tutti i suoi limiti, che in alcuni passaggi risulteranno più che evidenti, quello di proporre, più che di dimostrare, alcune idee scaturite dalla mia “immaginazione sociologica” e dal modo di analizzare e valutare la mia esperienza sociale.

Sono partito da semplici considerazioni di fondo, banali e sotto gli occhi di tutti. D’altronde, come dice Maffesoli[1], il sociologo dovrebbe essere in grado di partire dal quotidiano, dal banale, per restare radicati, senza un a priori normativo o giudicativo, in ciò che è l’esistenza di tutti. Da qui partire per proporre una seria analisi. Questo è il mio obiettivo.

Il primo presupposto che ha guidato il mio lavoro è che il sistema di controllo sociale e dei modelli di riferimento che guidano ed influenzano il mio comportamento, sono profondamente diversi da quelli che guidano i miei genitori o gli “anziani del mio paese”. Avendo vissuto tra un piccolo paese (meno di 500 abitanti) e una grande metropoli (quasi dieci milioni di abitanti) il mio è stato un punto di osservazione privilegiato. La mia “immaginazione sociologica” ha avuto campo libero nel confrontare questi due mondi, così diversi ma in fondo così uguali, e nel pormi alcune domande di base: quali valori guidano la collettività in un piccolo paese e quali invece in un’immensa e caotica metropoli? Come si conferisce conformità d’azione al comportamento sociale degli individui nell’un caso o nell’altro? Quale il ruolo delle istituzioni educative e di socializzazione in queste diverse realtà? E in questi articolati meandri che la discussione che segue si infila.

Questi mondi così evidentemente diversi hanno però molti punti in comune, soprattutto per quello che concerne il controllo sociale. In primo luogo il sistema valoriale di riferimento che pur con delle differenze dovute al diverso Stato e alla diversa cultura, mostra però alcune analogie, soprattutto nelle fasce più giovani. È facile infatti notare come i sogni, le ambizioni, i desideri (ovvero quanto più caratterizza l’individuo e quanto più di privato dovrebbe esservi) non sono poi così diversi nei teenagers anglosassoni e negli adolescenti italiani, segno evidente di come esista un’agenzia socializzante e di controllo sociale, che tende a proporre e vendere gli stessi sogni. Stiamo evidentemente parlando dei mass media. La fondamentale differenza è costituita dal ruolo di filtro che la famiglia ha nei due diversi contesti. In Italia, ed in particolar modo nei piccoli paesi, il filtro valoriale offerto dalla famiglia, così come il sistema di controllo sociale famigliare, è decisamente più forte che nei paesi anglosassoni e soprattutto nelle metropoli. Per quanto possa essere forte il filtro, ovvero quella mediazione tra la famiglia e i valori offerti dai mass media, quest’ultimi tendono a passare ed arrivare, anche se depotenziati, agli individui, contribuendo così a formare il loro essere sociale.

Inoltre altri due elementi vengono presi in considerazione: da una parte il fatto che anche la famiglia, a sua volta, è influenzata dai mass media, cosa che, almeno in parte, inficia il suo ruolo di filtro. Il secondo fattore da non sottovalutare è legato al fatto che gli adolescenti di oggi saranno i capifamiglia e gli educatori del domani cosa che comporterà un continuo depotenziamento nel ruolo di filtro da parte dell’istituzione famiglia.

Si assiste ad un cambio d’epoca: la modernità, intesa come società delle istituzioni, muore (con ritmi e conseguenze diverse in relazione al contesto sociale) e subentra la postmodernità. Cambiano le interazioni sociali, sempre più mediate dalle nuove tecnologie mediatiche, cambia il controllo sociale, i suoi mezzi e le sue forme. Ed è dall’analisi di questo fenomeno che il presente lavoro prende corpo. I rischi, mi sia concesso dire, sono tanti. Affrontare questo tema, significa incontrarsi e scontrarsi con i classici della sociologia, ma anche con i “tuoi” maestri. Un rischio certo, ma anche una sfida. D’altronde questa è l’Università: incontro e scontro di idee, che come sostiene Whitehead non è un disastro, ma occasione di sviluppi positivi. Lo scontro di idee è dunque segno di civiltà e di progresso e soprattutto momento di crescita individuale e collettiva.

L’apparentemente semplice locuzione controllo sociale è divenuta, non solo in sociologia ma in buona parte delle scienze sociali, un concetto articolato e studiato a vari livelli e da diversi punti di osservazione. Il rischio però che questo ambito di studi corre è quello di essere relegato in un angolino, appannaggio di saperi specialistici e settoriali. Esso, per via della sua connotazione classica deve invece essere reinserito con forza all’interno di un nuovo dibattito, spogliato di alcuni suoi fardelli e reso più dinamico, perché dinamica è la società in cui esso si manifesta e agisce. Ecco perché si rende indispensabile focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti del controllo sociale e la relazione con il nuovo scenario di riferimento: la società postmoderna. Concetto quest’ultimo assai controverso in ambito sociologico ma qui ritenuto cruciale. Il cambiamento d’epoca, delle istituzioni di riferimento, delle norme che regolano la società e dei valori di riferimento a cui si assiste è troppo evidente, per chi scrive, per non parlare di cambiamento d’epoca. Per questo si rende necessaria, in relazione con il tramonto della modernità, di un’analisi della nuova società e dei nuovi mezzi impiegati per mantenere ed estendere il controllo sociale.

Si parte dunque dall’analisi del controllo sociale, da una sua attenta rilettura sulla base della cospicua letteratura presente, per intrecciarsi e scontrarsi sui e con i nuovi problemi che la società postmoderna e la rete delle reti fanno emergere. Questo settore particolare della sociologia è in qualche modo caratteristico dell’evolversi della sociologia del secolo passato, ovvero del XX secolo e ad esso è, nel bene e nel male, profondamente legato. Quello che qui ci si propone di fare non è un’analisi dell’evoluzione storica del fenomeno del controllo sociale, ma una sua riattualizzazione e riconcettualizzazione che tenga presente il preciso contesto storico, culturale e tecnologico in cui ci troviamo immersi. In questo lavoro di ricerca cerco di approfondire quei contributi che, come Melossi ha messo in evidenza, spostano «il fulcro del discorso sul controllo sociale dall’elemento politico-coercitivo verso quello della formazione del consenso, della formazione cioè di tutto un mondo ideologico che alla fine poi, in una società complessa come la nostra, è quello che fa sì che si abbia un efficace controllo sociale»[2].

Fenomeno che in una delle sue formulazioni più semplici, potrebbe essere definito come quell’insieme di attività che hanno come obiettivo quello di uniformare la condotta degli individui, facendo rispettare le aspettative del gruppo e le norme di cui la società di riferimento si è dotata. È importante sottolineare, sin da subito, la relazione esistente tra le regole e la società di riferimento poiché il controllo sociale differisce da una società ad un’altra e da un contesto storico ad un altro. Ogni società in ogni particolare momento storico si dota di norme che regolano la vita sociale della collettività. Allo Stato spetta il compito di vigilare sulla condotta degli individui. Lo Stato ha il monopolio della punizione e per esercitare al meglio questa sua funzione/prerogativa si è dotato, nel tempo, di un fondamentale strumento di controllo sociale: il diritto. Esso non dovrebbe essere visto solo come espressione del potere che impone un divieto, ma anche e soprattutto come partecipazione alla scelta normativa, come momento di democrazia; è altrettanto vero però che esiste tutto un insieme di meccanismi, che tendono a rendere normali alcuni comportamenti e anormali altri, dettando così al legislatore, direttamente o indirettamente, le linee guida nella codifica delle leggi. Questi meccanismi operano anche a livello dei singoli individui o utenti, spinti ad accettare volontariamente la sorveglianza e rinunciare volontariamente ad una parte della privacy e della libertà personale.

Nell’analizzare questo fenomeno in una prospettiva originale si tiene conto di alcune importanti considerazioni a cui ho già fatto cenno ovvero la postmodernità e lo svilupparsi delle nuove tecnologie informatiche. In particolar modo ci si riferisce alla rete delle reti, che cambia radicalmente lo scenario non soltanto mediatico, ma della vita pubblica e privata della moltitudine dei cittadini. In questa analisi si parte da una prospettiva foucaultiana, nonostante il filosofo francese non abbia scritto tantissimo sulle nuove tecnologie dell’informazione. Alcuni suoi studi però, in particolar modo l’immagine del panopticon, sono stati ripresi e rielaborati in diversi campi: si pensi agli studi di Lyon[3] sulle tecnologie informatiche, o quelli di Poster[4] sull’uso del database. Si pensi inoltre ai lavori di Zuboff[5] prima e Webster[6] dopo, sulla disciplina, l’uso delle informazioni e le tecnologie nei luoghi di lavoro.

Un altro fondamentale concetto che sorregge tutto questo lavoro è la superata dicotomia libertà/controllo sociale. Il nuovo controllo sociale infatti, si muove di pari passo con la libertà. Anzi in alcuni casi ne è uno dei presupposti di base affinché essa si realizzi. Questa superata dicotomia non è l’unico elemento che permette di analizzare questi tre grossi temi in un’unica e nuova prospettiva. Ad essa si aggiungono, sempre sulla stessa scia, la nuova sorveglianza, che da luogo a quella che qui viene chiamata “rivoluzione cognitiva”, e le nuove dinamiche di potere. Il primo elemento ci spinge a prendere in considerazione le nuove tecnologie della comunicazione mentre il secondo ci spinge ad un’approfondita analisi del cambiamento d’epoca, nelle dinamiche del potere. Se un tempo, qua con una forzatura terminologica definito premodernità, il potere era centrato sul ruolo del capofamiglia o del capotribù, nella modernità il potere di controllo sociale si sposta su quella istituzione nata come punto di mediazione tra interessi particolaristici diversi, nota come lo Stato-nazione, sino a giungere alla postmodernità dove il potere è situato in un punto indefinito: il mercato. Ci si trova dinanzi ad un cambio d’epoca di cui non è possibile non prendere atto. All’interno di questo scenario ci si chiede quale sia il ruolo delle nuove tecnologie della comunicazione, il ruolo di internet, della sorveglianza nella rete. Sempre più vita si trasferisce in rete, nel virtuale, ragion per cui è in questo mondo che bisogna ricercare i nuovi meccanismi del controllo sociale.

È inevitabile aggiornare lo strumentario teorico e concettuale per definire e capire le nuove forme e i nuovi strumenti del controllo sociale, la società postmoderna e il legame tra questi fenomeni e le nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione.

Si è convinti, come Morcellini ha giustamente ricordato, che portare avanti un’analisi sui nuovi mezzi di comunicazione, disancorandoci dal contesto sociologico generale, sarebbe un grave errore[7]. Internet, come tutti i mezzi di comunicazione, non dovrebbe essere analizzato come medium avulso dalla teoria sociologica generale, pena il fornire un’analisi tecnica (se non tecnicista) distaccata dalla ricerca sociologica. È necessario allora inserirlo all’interno di un quadro teorico ben più ampio, tenendolo come bussola e punto di riferimento.

[1] Direttore del CEAQ, ovvero il Centro di Studi sull’Attuale e il Quotidiano, dell’Università Paris V.

[2] D. MELOSSI, Lezioni di sociologia del controllo sociale, Clueb, Bologna, 1996, p. 101.

[3] D. LYON, La società sorvegliata. Tecnologie di controllo della vita quotidiana, Feltrinelli, Milano, 2002.

[4] M. POSTER, The Mode of Information. Poststructuralism and Social Context, Polity Press, Cambridge, 1990.

[5] S. ZUBOFF, In the age of the smart machine: The future of work and power, Basic Books New York, 1998.

[6] F. WEBSTER, Theories of the information society, Routledge, London, 2005.

[7] Relazione tenuta in occasione del Congresso nazionale dell’AIS, Urbino 13-16 settembre 2007.

Publish Date
Publisher
Aracne Editrice
Language
Italian

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